mercoledì 23 gennaio 2013

Look away, Dixieland

      Ho avuto la fortuna di conoscere personalmente, in anni ormai lontani, uno dei più grandi storici della Guerra Civile americana, il professor Raimondo Luraghi, all'epoca docente all'Università di Genova, autore di alcuni libri fondamentali sull'epico scontro fra Nord e Sud degli Stati Uniti.
      Sotto la sua guida, ho appreso che nulla, nella storia come nelle cose, è mai come appare, e che quello che viene presentato come il "Sud schiavista" era sì un mondo pieno di storture e di situazioni deplorevoli, ma anche di uomini liberi, fieri, indipendenti, orgogliosi della loro identità e del loro modo di essere, amanti della libertà degli Stati, dei singoli Stati dell'Unione, non dell'Unione in quanto tale. Ben consapevoli del fatto che la modernità si stava facendo largo, sulla loro pelle, utilizzando uno degli strumenti principali della democrazia, la manipolazione: manipolazione dell'informazione, delle anime, delle menti e dei cuori.
      Grazie a Luraghi ho appreso il "grido di libertà" del Sud; ho capito che spostare i neri a fare gli operai nelle fabbriche del Nord, trattati come schiavi (se non peggio), non aveva alcunché di diverso dal tenerli nelle piantagioni in condizione servile, anzi la "qualità della vita" che veniva loro offerta era fatta di reboanti affermazioni di principio, accompagnata però da una realtà miserrima, dove la schiavitù, negata in teoria, risultava pienamente affermata nella pratica.
      Da allora, amo alla follia il Sud degli Stati Uniti, le sue canzoni, la sua bandiera, il suo orgoglio, capace di andare al di là della sconfitta e di entrare nel mito. Perché, nella mitopoietica, la Confederazione ha vinto. E' viva e vitale ancora oggi, infinitamente di più di quanto non lo sia l'Unione. E questa vitalità è figlia di un sogno. I sudisti corsero dietro al sogno di salvaguardare la loro libertà, l'indipendenza, il loro modello di vita dal totalitarismo della modernità (perché già negli anni Sessanta dell'Ottocento la modernità era puro e semplice totalitarismo).  Non avrebbero mai potuto vincere; al massimo avrebbero potuto pareggiare, imporre cioè al Nord una pace di compromesso, che salvaguardasse il loro modello economico e sociale. Non ce la fecero, ma dovevano provarci, perché un imperativo etico lo richiedeva loro. Questo è lo stupendo e sempiterno insegnamento che scaturisce dalla storia del Sud: non pensare mai ai propri interessi, pensare sempre ai propri principi, e andare fino in fondo, sempre e comunque.
      Look away, look away, Dixieland. Sei una delle non moltissime ragioni per cui un uomo può stare al mondo: la dignità, il senso dell'onore, il coraggio, la capacità di difenderli, a qualsiasi costo, anche quello della vita. Se muori nella realtà, vivrai nel mito. Vi sembra debole il Sud, nel mito?



P.S.: ogni volta che mi sento triste o depresso, ascolto Dixieland, l'inno confederato; oppure The Soldier's song, l'inno della Repubblica d'Irlanda, oppure altri inni e canzoni ancora più politicamente scorretti. Funziona, il morale lievita...

                    Piero Visani


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