lunedì 25 febbraio 2013

Serenità

       Stamane, sul far del giorno, mentre attendevo di alzarmi, la mia mente si è soffermata su un dato particolare: quante persone, dal 2008 a oggi, si sono preoccupate che io fossi "sereno". L'elenco si è fatto in breve talmente lungo che un forte malessere mi ha investito.
        Non mi ha mai interessato e/o preoccupato essere "sereno". Non so che cosa sia la serenità, sono perennemente in crisi, nel senso positivo del termine, e chiunque si preoccupi per la mia serenità o non mi conosce, o non mi vuole conoscere o non ha mai capito niente di me.
        E' una parola nei riguardi della quale sono sempre in allarme. Quando la sento pronunciare, riferita a me, da parte di qualche persona che mi conosce, capisco che siamo giunti all'ultimo atto: all'ultimo atto di un rapporto, di una relazione, di un'amicizia, di un'intesa, di una confidenza. Si tratta infatti, per me, dell'evidenziarsi della totale incapacità di comprendermi, del palesarsi nei miei confronti di una delle peggiori forme di omologazione.
        Perché dovrei essere sereno? Per essere come gli altri? E allora relazionatevi con gli altri, perché con me? Suggerimento, sia detto fra parentesi, che viene spesso accolto, ma che non mi crea problemi: se sono percepito come uguale agli altri è assolutamente corretto che io venga buttato via, anche rapidamente. Approvo.
         In questi ultimi quattro o cinque anni, un po' troppe persone si sono preoccupate della mia serenità. Non so bene perché. Fossi stato in loro, mi sarei preoccupato, semmai, della mia felicità. Per contro, costoro volevano che fossi sereno. Non potendo o non volendo darmi la felicità, mi offrivano quello che appariva loro come il migliore surrogato della medesima. Il fatto è che io vedo tutti i bicchieri riempiti a metà come mezzi vuoti, non come mezzi pieni. Dunque della serenità non me ne faccio alcunché. Io voglio tutto, sempre e comunque. E, se non arrivo ad averlo, sarò sempre infelice, altro che sereno. Più correttamente, sarò sempre impegnato nello sforzo di cercare di ottenerlo.
       Se non ho tutto, non sto li a contare, a speculare sul fatto che, avendo ottenuto l'80%, sono a 20% di distanza dal tutto. Non mi interessa proprio. Per me l'80% è pari a zero. Punto.
       Ho subito critiche di ogni genere per tale mio atteggiamento. Mi sono sentito dare, nella migliore delle ipotesi, dell'infante. Ma non sono mai cambiato, né ho inteso cambiare. Perché un surrogato di felicità, di fatto lasciato cadere dall'alto con una certa degnazione, avrebbe dovuto farmi contento? Perché andava bene a chi lo lasciava cadere, perché era quello che intendeva concedermi? E se io dichiaravo la mia indisponibilità alla transazione, non ritenendola non dico vantaggiosa per me, ma neppure di un qualche interesse, perché dovevo vedermi addossare tutte le colpe del fallimento della stessa?
       Sono un soggetto prometeico. Amo sfidare gli dei. Dunque figuratevi se ho paura di sfidare gli uomini, o le donne? Se mi viene offerta una transazione che non mi va, non la accetto. Posso avanzare una controproposta, se ne ho voglia; oppure, se non ne ho voglia, mi limito a distruggere scientemente tutto. Detesto i ruoli residuali, e detesto finire in qualche casella o in qualche agenda, come persona cui attingere quando serve. Colui che "è buono per..." Ma scherziamo?!?!
       Niente di tutto questo fa per me. Me ne vado per la mia strada. Ringrazio per il fatto che, al posto della felicità, mi sia stata offerta un po' di serenità, rifiuto cortesemente e passo oltre. Non me ne faccio nulla, delle elemosine, io. Non me ne faccio nulla delle sovranità limitate, dei confini, dei ruoli, delle funzioni. Sono un soggetto totalizzante, totalitario e totalizzante. Non vado bene, pazienza. Gettatemi pure via. Continuerò a cercare il meglio, l'assoluto, la pienezza. So già che mi si dirà che non si può avere tutto. E io continuerò a cercarlo, anche perché non sarete voi a dirmi quel che devo fare. Starò senza di voi? Certo, e voi starete senza di me... Ognuno faccia bene i propri conti, in piena libertà. Io i miei li faccio sempre, e non ho mai rimpianti. Se non posso avere tutto, mi accontento di niente, anche perché prima o poi il tutto arriva... E, se mai non arrivasse, potrò sempre dire di averlo cercato con il massimo impegno. E voi?

                                                                              Piero Visani

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