venerdì 17 maggio 2013

JFK e lo "zio Adolf"

       Sta per uscire, in Germania, un libro relativo alle esperienze di viaggio del giovane John Fitzgerald Kennedy nell'Europa a cavallo della Seconda guerra mondiale, in particolare in Germania. Da ricco esponente dell'aristocrazia del denaro dell'East Coast, e di Boston in particolare, Kennedy venne inviato dal padre a compiere un classico "Grand Tour" in Europa, al fine di completare la propria formazione.
        Dal libro emergono ammirazione soprattutto per il nazionalsocialismo, e ammirazione, mista a timore, per i tedeschi. Ma la cosa più interessante che ne scaturisce è una riflessione datata 1° agosto 1945, dunque a guerra finita da alcuni mesi in Europa e a Germania annientata. Scrive infatti il futuro presidente USA, in margine ad una visita all'Obersalzberg di Berchtesgaden, in Baviera, per anni residenza estiva di Adolf Hitler: "Chi ha visitato questi luoghi può immaginare come Hitler emergerà dall'odio che ora lo circonda come una delle più importanti personalità mai vissute. La sua sconfinata ambizione per il suo Paese lo ha reso una minaccia per la pace nel mondo, ma aveva qualcosa di misterioso, nel suo modo di vivere e di morire, che sopravviverà a lui e crescerà ancora. Era della stoffa di cui sono fatte le leggende".
         Se si pensa che tale giudizio è stato scritto pochi mesi dopo la fine di un conflitto sanguinoso, in cui anche gli Stati Uniti avevano dovuto pagare un prezzo umano e materiale ingentissimo, esso sorprende per capacità di distacco, di volare alto sopra le contingenze del momento e guardare lontano, alle cose che veramente contano. Ovviamente gli sciocchi di turno lanceranno i loro anatemi, frutto di conformismi di comodo, ma - se si leggono con attenzione le righe testé citate - si vede chiaramente come esse non siano in alcun modo apologetiche, ma cerchino semmai di essere il più possibile oggettive. E' proprio tale oggettività che merita ammirazione, perché emerge in un momento in cui le ferite della guerra erano ancora aperte, apertissime. Pure, ad onta di esse, Kennedy riesce a volare alto, verso i cieli della Storia, lontano dalle miserie della cronaca.
         Naturalmente, qualche sciocco prezzolato scriverà che si tratta di un giudizio positivo e che Kennedy era "filofascista" (ottima idea, nell'agosto 1945...!). E molti gli daranno ascolto. Mentre invece occorrerebbe solo elogiare la sua capacità di guardare lontano, senza alcun intento di rivalutazione, ma con un'apprezzabilissima volontà di contestualizzazione. Il Male assoluto non esiste, così come non esiste il Bene assoluto. Chissà se un giorno i troppi manichei nazionali e internazionali riusciranno a capirlo e a comprendere che, per rappresentare il Bene, non è sufficiente autodefinirsi tali. Magari fosse così semplice...!

                                                                  Piero Visani
        

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