venerdì 17 maggio 2013

Orgoglio paterno

      Mio figlio, a seguito di un mio giudizio sulla grande prossimità che esiste nelle nostre due modalità di scrittura, ne prende volentieri atto e mi segnala un articolo da cui emerge - con estrema chiarezza - anche la nostra assoluta affinità ideologico-valoriale. Non che ne dubitassi, ma dall'articolo in questione emerge ancor meglio.
       Posso ormai pensare, visto che Umberto sta per varcare la soglia dei trent'anni, di essere stato un bravo padre. La mia maggiore ambizione, quando nacque e man mano che cresceva, è stata quella di farlo naturalmente identificare nell'universo di valori e nel patrimonio ideale in cui mi sono sempre mosso io. Di conseguenza, non gli ho mai prescritto niente, ma gli ho mostrato una via, la mia. E ho cercato di mostrargli come quella via fosse credibile perché non era né teorica né retorica, ma vissuta giorno dopo giorno. Un classico esempio di leadership by doing, se volete.
       Umberto ha così potuto rendersi conto che suo padre le idee non le ha mai esposte, semplicemente, ma vissute. Ha potuto anche vedere - ahinoi! - i costi che suo padre ha dovuto pagare per questo, ma credo che quello non gli abbia fatto diminuire la stima per me, anzi. Ha visto che alla fedeltà alle mie idee io ho sacrificato freddamente e scientemente tutto. Ha visto che essere un uomo verticale non è poi così difficile, se solo si vuole esserlo.
        Gli ho sempre cantato le lodi di una concezione antimercantilistica, antieconomicistica, antiutilitaristica, antispeculativa dell'esistenza, e l'ho vissuta giorno dopo giorno, insieme a lui, perché gli sono sempre stato tremendamente vicino, fin da bambino. Sono stato il suo compagno di giochi, oltre che suo padre.
        Scrivo queste cose trattenendo a stento qualche lacrima, ma sono cose mie, sono frutti della mia passione. E lui, da tempo, è un altro grandioso frutto di questa passione. E' la gioia e l'orgoglio di un padre. E' l'alfiere che, da qui in avanti, porterà con onore la nostra bandiera. per poi consegnarla, a suo tempo, a qualcun altro che lui avrà contribuito a formare. E così fino alla fine dei tempi.
       Non so se diventerò nonno. Non so che cosa farà Umberto nella vita. Vedo che con le donne incontra molte difficoltà che sono state e sono mie, dal momento che anche lui - per sua suprema fortuna - è un "uomo inutile": è colto, geniale, ricco di sentimenti e di passioni, educato, sensibile, profondo; dunque è pronto a tutti i cassonetti e le spazzature che questa umanità schifosa saprà riservargli. Ma è pronto, ferrato, ansioso di combattimento, privo di paure di alcun genere.
       Posso dirmi una cosa che mi riempie di orgoglio enorme: senza alcuna forzatura, lasciandolo libero di leggere e di fare tutto ciò che voleva, ho costruito il giovane guerriero che avrei voluto lui fosse. E' il capolavoro della mia vita, della mia vita sbagliata, della mia vita inutile, della mia vita di incompreso e di "mostro bastardo". Umberto è la dimostrazione vivente che i miti possono vivere, se solo si ha la volontà e la pazienza di costruirli. E io, che ai miti ho sempre creduto, che ritengo che l'unica ragione di una vita è che si tratti di una vita mitopoietica, so che lui li continuerà. E, se non lo farà con figli suoi, lo farà crescendo e formando giovani virtuosi, di cui è pieno il mondo, basta saperli scovare, crescere, coltivare.
       Posso avere fallito tutto, nella mia esistenza di "mostro", ma non ho fallito il compito principale che mi ero dato: quello che mio figlio fosse memoria vivente delle mie idee e di me, di una "lunga linea grigia" che parte da dove sono nati la dignità e l'onore, e l'odio per i valori mercantili. Ora so che ci sono riuscito.
 
                                Piero Visani

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