lunedì 13 maggio 2013

Ride with the Devil

     Ride with the Devil (Cavalcando col diavolo, nella versione italiana), film del 1999 del regista taiwanese Ang Lee, è uno dei miei cult movies. Racconta delle asprezze della Guerra civile americana (1861-1865) ai confini tra Kansas, Arkansas e Missouri.
      E' una pellicola intensa, dura, che ben riproduce lo scontro tra due mondi: il Sud acculturato, manierato, cavalleresco, e il Nord moderno, industriale, plebeo. La dominante è l'odio e il film ne è pervaso. Colpisce come uno straniero sia riuscito a cogliere così alla perfezione quello che è stato un autentico scontro di civiltà all'interno degli Stati Uniti.
 
 
 
        Anche se in sé e per sé non è un gran film, ho sempre amato come Ang Lee abbia colto l'anima della Storia (con la S maiuscola), raccontando una vicenda intrisa di passione e di passioni. Tutto è sopra le righe, tutto è nudo e crudo, come dev'essere là dove il Tragico non è anestetizzato da una "società dell'infinito presente", come quella attuale, ma emerge con il suo carico di tragedie, di lutti, di sangue, ma anche di senso dell'onore, di fedeltà alla parola data, di necessità di morire per vivere, affinché, anche se cadi tu, le tue idee si tramandino, diventino Storia e Memoria.
       Il film gronda di personaggi memorabili, tra cui si staglia sopra tutti quello di Pitt Mackeson, giovane guerrigliero confederato interpretato magistralmente da Jonathan Rhys-Meyers. Efebico, effemminato, bello, autentico "Angelo della Morte", Pitt Mackeson combatte una guerra personale contro i fantasmi che lo perseguitano in vita e nella morte, e uccide sia per riparare i torti subiti, sia per difendere il Sud, sia per il semplice gusto di farlo, perché la Morte attiene al suo ideale di vita.
       Jonathan Rhys-Meyers, grande attore in sé, fornisce qui una delle sue interpretazioni più convincenti, estrinseca alla perfezione un'estetica della guerra che si fa etica, etica crudele, ma legittima e legittimata. Non vuol cedere e non cederà. Combatterà fino alla morte e oltre la morte, perché, anche se lui è destinato fisicamente a cadere, la sua idea vivrà e riempirà gli animi di tanti uomini e donne dopo di lui. Autentico "angelo ribelle" che sa bene di essere già caduto, ma non intende cedere alla modernità, ai suoi cascami, ai tradimenti, agli spergiuri, alle neutralizzazioni, e si immola per diventare martire di un mondo "vecchio" che tutti, in quanto sconfitto, diranno peggiore, mentre è eticamente molto migliore del mondo "nuovo" che avanza e che ha, come unico desiderio di innovazione, quello di trasportare gli schiavi dalle piantagioni di cotone alle fabbriche di Chicago e Detroit, dove li vincolerà alle catene di montaggio e dirà loro, tanto per dargli un contentino, che ora sono più "eguali" e "liberi". Potenza della persuasione!
       Di fronte a questo atto di sodomia di massa, Pitt Mackeson oppone la sua bellezza efebica, la sua ambiguità umana e forse anche sessuale. Sa che dovrà morire e lo vuol fare bene, con estetica assoluta, portandosene molti con sé.
 
 
 
      Di fronte a un mondo "nuovo" che non comprende e non intende comprendere, Pitt Mackeson si comporta, fin che è possibile, da angelo vendicatore. Poi, piuttosto che arrendersi, sceglie di morire. La memoria della sua bella morte lo farà vivere, in eterno.
       Ho visto Ride with the Devil in età adulta, alla soglia dei cinquant'anni, e già allora "cavalcavo con il Diavolo". Dopo averlo visto, mi sono sentito infinitamente più saldo in sella, e l'ho rivisto molte altre volte. Che la sorte che mi attende sia del tutto analoga a quella di Pitt Mackeson mi riempie di una gioia estrema, orgiastica e orgasmica. Ecco la vita che volevo vivere! Ecco la vita che ho cercato e avuto! Se non la dovesse capire nessuno, l'avrò capita e goduta io: i percorsi degli "angeli ribelli" sono solitari, per definizione.
 
                        Piero Visani

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