venerdì 28 giugno 2013

Italia - Spagna

       Serata tra amici, per seguire insieme la semifinale della Confederations Cup di calcio, tra Italia e Spagna. Nell'intervallo tra il primo e il secondo tempo, la conversazione decolla:
       "Piero, devi dirci una volta per tutte che cos'hai", esordisce A [non voglio usare nomi di comodo, dunque uso lettere].
       "Nulla", rispondo con finta disinvoltura.
       "Balle, non me la racconti giusta!" - insiste A.
      "Che cosa dovrei dirti?"
      "La verità" - incalza.
       "Ma non c'è una verità. C'è il mio disagio. Temo di aver subito un terribile inganno e un po' mi dispiace, perché non è bello subirli alla mia età, e molto soffro per aver buttato via tonnellate di me per niente".
       "Cosa ti rimproveri?" - mi chiede B, soggetto assai più riflessivo di A, intervenendo nella conversazione.
        "Mi rimprovero di essere stato sincero e di essermi impegnato come un pazzo in un rapporto che credevo vero, per quanto singolare, e che invece era niente".
        "Ma è passato un anno, è ora di smetterla", mi incalza ancora B.
        "Ho smesso, ho smesso, ma non riesco a capire e io non smetto mai di tormentarmi sulle cose che non riesco a capire".
        "Che cosa vuoi dire?" - interviene nuovamente A.
        "Che niente di tutta questa vicenda ha un senso, e questo mi tormenta. Meglio ancora: tutto ha un senso solo se io lo considero un colossale fake. Ma non ci riesco. Tutto mi dice che non è così, che non può essere stato così, che non posso aver sognato".
        "E' quello che ti impedisce di darti pace?" - chiede B, sempre attento alle sfumature.
        "Sì, è quello. Io ero pronto a qualsiasi esito e già sentivo che l'esito sarebbe stato pessimo. Dunque non mi facevo illusioni. Mi sarebbe piaciuto parlarne, chiudere dialogando, se proprio era necessario chiudere. Invece ho dovuto prendere atto che non si voleva chiudere, mi si voleva solo silente, utile e silente".
         "E così è venuto fuori il vecchio Piero antiutilitarista, il seguace di Alain de Benoist e della Nouvelle Droite" - sghignazza A.
         "Sì, è venuto fuori. Mi sono suicidato metaforicamente per senso della dignità e dell'onore, per dare prova del mio totale disinteresse, per essere coerente con l'immagine che ho di me".
         "Non avresti voluto farlo, immagino?" - mi chiede B.
         "Ho dovuto farlo".
         "Sei pentito?"
         "Non potevo fare altro, non avevo scelta".
         "Che cosa ti resta?"
         "Credo di aver sognato. Se riesco a convincermi di aver sognato persone, luoghi, parole, scritti, sguardi, situazioni, allora forse per me sarà tutto più facile".
          "E ci sei vicino?" - chiede B. amaro.
          "Per ora no. E non so neppure se voglio arrivarci. Resterò nel sogno, per quanto doloroso".
 
                        Piero Visani
 
                           

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