giovedì 11 luglio 2013

Il tramonto di una civiltà

       A volte, non è necessario fare riferimento ad esempi particolarmente elevati per sottolineare come una civiltà stia morendo. Prendiamo ad esempio Facebook [non voglio fare il censore o il moralista: io stesso ho un profilo, ma non lo uso; volevo solo salvaguardare la mia identità da eventuali "incursioni" estranee]. La lettura degli scambi comunicativi che vi avvengono è sconfortante. Salvo rare eccezioni, il linguaggio è poverissimo e i "concetti" espressi, di più. Ma non sono queste piccolezze che intendo evidenziare.
       Quello che preoccupa, a mio avviso, è il clima da perenne ricreazione scolastica che domina il tutto, come se il "popolo della Rete" fosse formato, oltre che da cerebrolesi, da soggetti che hanno solo voglia di vacanza, o di mangiarsi qualche leccornia, o di consigliare un itinerario, o un ristorante a degli amici idioti esattamente come loro (genere "Dio li fa e poi li accoppia").
       Ci sarebbe da chiedersi se sia questa la vita, per loro, tanto più che di alcuni appare altresì che in teoria sarebbe acculturati, laureati, "masterizzati" (nel senso di provvisti di master accademico). Se così fosse, allora la vita di costoro è uno stupidario organizzato, una sorta di cazzeggiamento su scala globale, da deficienti (talora ricchi, talatra poveri), da gente senza senso del tragico e senso della Storia. Quando - raramente - si ricordano di NON stare vivendo nel "migliore dei mondi possibili", allora non manca mai qualche accenno al "politicamente corretto", che - a quanto pare - è l'unico rapporto che nutrono con la dimensione pubblica dell'esistenza e con la morale: "salvate quella specie rara dell'Amazzonia meridionale"! "Proteggiamo i piccoli kiwi del nord della Nuova Zelanda"! E via vaneggiando sui "veri problemi" che affliggono il mondo postmoderno. Il frutto di cattive letture fatte essenzialmente per posa, tra un party e l'altro.
       Come sempre, quos perdere vult, Deus dementat. E qui, di dementi, ce ne sono in abbondanza. Dementi con boria e cultura da autobus, la cui vita sembra un'unica vacanza, sospesa tra "i monti" d'inverno e la barca d'estate. Il resto, un accidente della Storia...
        Si tocca dunque con mano, vagabondando tra i social network, come siano completamente andati perduti, nel mondo occidentale, il senso della realtà e quello del tragico che ad ogni realtà è inestricabilmente connesso, sostituiti da una dimensione vacanziera e di gioco. Non scrivo "ludica" perché il ludus è una cosa da persone intelligenti e qui - palesemente - non ve ne sono proprio.
        Perché tutto questo è grave? Perché chi si chiama fuori dalla Storia per interessarsi solo alla vacanza (cioè, etimologicamente, all'assenza), è ovviamente assente da tutto e da tutti. Ma la natura e la realtà umana hanno orrore del vuoto, horror vacui, e lo riempiono, che tu ami andare in vacanza o meno, che tu ci voglia rimanere per sempre o meno.
        Non a caso, i popoli che non hanno senso del tragico non hanno (più) Storia. Guardate, solo all'interno del mondo occidentale, l'enorme differenza che esiste tra gli Stati Uniti, votati a Marte dal solo fatto di possedere un impero e voler continuare a mantenerlo, con le buone o le meno buone, e gli imbelli europei, votati a Venere (o, più correttamente, a San Welfare e a "San chi rompe non paga e i cocci non sono suoi") e ormai ridotti a una casa di riposo a cielo aperto, dove le generazioni invecchiano, prive di figli, di futuro, di prospettive, di speranza, di progetti. Solo vacanze, divertimento, "assenza"...
         Quando il buon Francis Fukuyama, alla fine della Guerra Fredda, scrisse che la vittoria del blocco occidentale su quello sovietico implicava la "fine della Storia", oltre a scrivere una sciocchezza di dimensioni macroscopiche, omise un particolare che uno scienziato della politica non dovrebbe dimenticare mai: la Storia non finisce, perché, se finisce la Storia umana, è perché è finita la vita, in quanto vita e Storia, Storia e vita sono profondamente compenetrate.
        Se finisce la Storia, non c'è più vita, c'è la morte. E allora io vi chiedo, cari piccoli europei che vi volete chiamare fuori da tutto e da tutti, per godervi una (im)meritata pensione: siete sicuri di essere superiori a tutti, di coltivare una migliore qualità della vita? O semplicemente avete sviluppato una migliore qualità della morte? Io vi chiedo: il Vecchio Continente (e già il nome dice tutto, o no?) a voi pare vivo...?
 
                                     Piero Visani

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