mercoledì 8 gennaio 2014

Psicologia

       Non amo i rapporti superficiali, le conoscenze fuggevoli, gli incontri epidermici. Se conosco qualcuno, e quel qualcuno mi interessa, mi piace approfondire la conoscenza, indagare le psicologie, sviluppare empatie, comprendere i punti di convergenza e quelli - eventuali - di divergenza.
       Questa mia abitudine mi è costata molto cara, nel corso della mia vita. Anche in passato, quando i rapporti umani erano meno superficiali e fuggevoli degli attuali, la cosa peggiore che si potesse fare era cercare di accostare chi non voleva essere accostato, oppure non amava le relazioni profonde, gli incontri esistenziali veri e non fuggevoli.
       Il mio amore per la ricerca e l'introspezione non è mai sazio, per cui non è raro che io sottoponga chi si relaziona con me ad analisi molto approfondite, ad un'indagine talmente minuziosa che può sicuramente infastidire caratteri chiusi, o poco disponibili ad aprirsi o poco interessati all'interazione.
       Ho distrutto reali o potenziali amicizie, con questa mia condotta, ne sono consapevole, ma non cerco scuse e non dico che avrei potuto comportarmi diversamente. Di natura sono totalizzante e olistico, e cerco rapporti che si configurino come tali. Quando non li trovo, o mi sento tenuto a distanza o respinto, tendo in genere a troncare, perché preferisco perdersi che NON trovarsi.
       La cosa ha suscitato, nella mia storia personale, furiose incomprensioni, di cui mi assumo tutta la responsabilità, ma alle quali guardo con serena consapevolezza, perché, se è vero che certe incomprensioni bruciano sul momento e aprono ferite di difficile cicatrizzazione, con il tempo comunque si leniscono e lasciano ricordi di ciò che avrebbe potuto essere e non è stato. C'è tristezza, ma non pentimento per non aver adottato altri comportamenti e tanto meno rimpianto di occasioni perdute. Al contrario, l'occasione c'è stata e ho cercato di viverla fino in fondo, come piace a me. Là dove mi è stato chiesto di viverla a metà, o solo in parte o seguendo regole non mie, mi sono sentito omologato ad altri e ho preferito, sia pure con rincrescimento, lasciare perdere.
       Sono state occasioni perdute, questo sì, ma sono anche storie chiuse, le quali invece, se mantenute aperte, per me si sarebbero trasformate in un interminabile martirio, in una piaga aperta, su cui il dito avrebbe potuto essere quotidianamente - e dolorosamente - posto.
       Oggi guardo a certe date, a certi luoghi, a certi incontri con serenità: avrebbero potuto essere molto e sono stati NIENTE. Ma niente è molto meglio di qualcosa, quando si è animati da forte desiderio di assoluto, come sono io. Alle mie compagne di una sera, di mesi, di anni, il mio riconoscente saluto e la spiegazione che probabilmente conoscono già: meglio essere un ricordo che sfuma e si perde nelle nebbie del passato, come memoria talvolta gioiosa, che un presente costantemente sfumato, da "figurante esistenziale", da patetico "call (old) boy" a comando.
       Ciascuno fa le proprie scelte. Io ho fatto le mie.
                         Piero Visani

Nessun commento:

Posta un commento