venerdì 9 maggio 2014

Dress Code

       E' una cosa cui credo molto, anche perché sono dell'idea che l'abito faccia il monaco, e parecchio... Di conseguenza, in ogni circostanza mi attengo a un mio personale dress code, che è ispirato a stile ed eleganza, ovviamente configurati alle diverse situazioni, dal momento che un impegno lavorativo formale è ovviamente diverso da un weekend in una città d'arte.
       Oggi a livello di abbigliamento predomina una deplorevole volgarità, di marca essenzialmente statunitense, che è frutto di imbarbarimento e che si accentua - e molto - d'estate, quando la pratica del "vestire comodo" (versione "politicamente corretta" del "vestire squallido") si afferma nelle nostre città e le trasforma in patetiche (e povere...) "spiagge libere", dove trionfano l'esibizione di adipe, cellulite e cattivo gusto. Senza che nessuno paia rendersi conto che vestirsi in quel modo è l'equivalente di presentarsi in spiaggia in giacca e cravatta...
       "La classe non è acqua" - è vero - ma un  po' di rispetto in più per se stessi e per gli altri non guasterebbe, in un mondo dove, a livello estetico, predomina essenzialmente l'orrore.
       Se gli europei fossero ancora capaci di esprimere una cultura collettiva, una parte non indifferente di essa dovrebbe passare dal rifiuto netto del vestire "easy" di marca statunitense, concentrato di volgarità, sciatteria e barbarie. Per contro, si tende ad imitarli, con risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
       Nel mio piccolo, cerco di sottrarmi a tale deplorevole deriva, puntando su un'eleganza ovviamente sobria, priva di una cifra comunicativa specifica, che non sia quella frutto della mia personalità, che naturalmente non sta a me definire, ma di cui cerco di curare molto la componente assertiva e carismatica.

                      Piero Visani


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