mercoledì 20 maggio 2015

Jukebox personale

       Le canzoni mi traversano la testa (e talvolta l'anima), in rapida successione. Ricordo che, nel 1988, la prima volta che misi piede negli USA, la prima canzone che sentii in una delle salette dell'aeroporto Kennedy (ero esentato dalle code, in quanto partecipante all'"International Visitor Program") fu "Finché la barca va", di Orietta Berti. Nessuno ci crederà, ma è così.
       Qualche anno dopo (novembre 1993), appena sbarcato all'aeroporto di Mosca, mentre la mia escort (maschio) mi portava in centro, la radio della sua auto trasmetteva "My sweet Lord", di George Harrison, a dimostrazione che il comunismo era davvero finito.
       Mi accorsi subito che il testo, ovviamente facendo violenza alla metrica, era facilmente adattabile alla mia situazione del momento, bastava sostituire la parola "Moscow" a "Lord":

I really want to see you
Really want to be with you
Really want to see you Moscow
But it takes so long, my Moscow.


       In realtà, il viaggio non era stato affatto lungo, da Torino, ma la mia mente è contorta.
       Così, stasera, mi rimbalza nella mente una vecchia canzone di Joan Osborne, "One of us". Il testo è lungi dalla mia visione del mondo, ma la musica, non so perché, mi è cara.

                                               Piero Visani