lunedì 17 agosto 2015

"War Films" - Recensione

       Il Quaderno 2015 della Società Italiana di Storia Militare (Acies Edizioni, Milano), a cura di Stefano Pisu, è dedicato al tema dei War Films. Interpretazioni storiche del cinema di guerra.
       Si tratta di un volume di quasi 700 pagine, che mi sono letteralmente divorato, perché ci sono pochi temi che mi interessino di più del rapporto fra guerra e rappresentazione della medesima, con tutte le conseguenze e le interazioni che si sviluppano reciprocamente.
       Cominciai a interessarmi a queste problematiche nella seconda metà degli anni Novanta, a seguito di una serie di incarichi istituzionali, e ne tradussi alcune conclusioni in un libro intitolato Lo stratega mediatico (Edizioni della Rivista Militare - Cemiss, Roma 1998). Da allora - com'è ovvio - la ricerca e l'analisi sul tema sono andate molto avanti e, sotto questo profilo, War Films rappresenta un utile tentativo di sistematizzazione dello "stato dell'arte".
       L'opera si propone di mettere a fuoco lo studio del binomio guerra-cinema con i più aggiornati strumenti della ricerca scientifica, mantenendosi nel contempo pienamente aperta al fatto che la dialettica "guerra - narrazione della medesima per immagini" ha subito un'evoluzione radicale e molto rapida a partire dalla guerra del Vietnam e, in termini decisamente più significativi, dopo il conflitto del Golfo del 1990-91, per poi accelerare costantemente in seguito, anche in conseguenza dell'apporto di sempre nuovi mezzi di comunicazione.
       Questo denso volume è diviso in varie sezioni, tutte impegnate in un opportuno sforzo di sistematizzazione di una tematica complessa e articolata, che appare comprensibilmente difficile ricondurre a un'impostazione unitaria.
       Per cominciare, la sezione Studiare i war films comprende contributi che si propongono di stabilire le coordinate di fondo per un approccio scientifico al cinema di guerra. Ad essa fa seguito la sezione Tempi di guerra, che si propone di affrontare il ruolo del cinema quale strumento per la mobilitazione tanto nei regimi totalitari quanto nelle democrazie del Novecento.
       Viene poi la sezione L'arma più forte, incentrata sul ruolo propagandistico del cinema durante il regime fascista, mentre la sezione Autori e sottogeneri è dedicata a una analisi specifica di entrambi.
       Molto interessante mi è parsa la sezione Cinema Impero, che evidenzia come la produzione cinematografica sia una fonte privilegiata per una storia culturale del colonialismo e dei processi di elaborazione del proprio passato imperiale in alcuni grandi Paesi europei, mentre la sezione che probabilmente ha destato il mio maggiore interesse è quella denominata Altri schermi, dove l'interesse non rimane circoscritto soltanto al cinema, ma di fatto - come scrive il curatore - "potrebbe essere un'anticipazione su come proseguire una ricerca ad ampio spettro sul ruolo dei media audiovisivi nel (ri)costruire le guerre". In effetti - come nota lo stesso curatore - essa costituisce una fonte essenziale per interpretare l'odierna complessità dei fenomeni bellici e delle società che in essi sono coinvolte, in modo da dare il più possibile il senso della natura totale (...e totalitaria?) della guerra moderna, avviata verso complessità, stratificazioni e obiettivi di cui riesce difficile cogliere, se non la si segue con estrema attenzione, l'intima essenza.
        Nel complesso, un'opera di grande interesse, dove il gradimento dei singoli contributi è certamente legato ai gusti e agli interessi dei singoli lettori, ma dove il livello dei contributi stessi è sempre elevato e dove si possono trovare costantemente spunti assai stimolanti. Prosegue quindi, sotto l'illuminata guida di un grande storico come Virgilio Ilari, la benemerita opera di studio e approfondimento della Società Italiana di Storia Militare, alla quale mi onoro di appartenere.

                               Piero Visani