sabato 5 settembre 2015

"L'incantata terra dei Draghi" - Recensione

       Non è facile recensire un volume, come quello di Ada Cattaneo (L'incantata Terra dei Draghi. Leggende e tradizioni lombarde, Giacomo Morandi Editore, Varese, 2014), specialmente quando - come il sottoscritto - si è alquanto digiuni della materia. Tuttavia, quando un'autrice e ricercatrice prestigiosa, con un solido retroterra accademico e numerose pubblicazioni al suo attivo, si definisce "Depositaria dei nostri Valori e Tradizioni", scatta inevitabilmente in me l'interesse culturale nei riguardi di una persona che ha il coraggio - perché oggi propriamente di coraggio si tratta - di andare controcorrente rispetto a un mainstream fatto di mondializzazione, riduzionismo, rifiuto di ogni valore, tradizione e specificità.
       Non ho una cultura specifica sufficiente per dibattere con competenza le numerose problematiche affrontate dall'Autrice in un volume che raccoglie ben 45 leggende e tradizioni sui draghi, ma ho apprezzato molto quanto ella scrive nell'introduzione, dove deplora con forza la vuota (in)cultura dell'hic et nunc che ci viene continuamente instillata da manipolatori tutt'altro che disinteressati, e punta invece decisa in direzione della riscoperta delle nostre radici, oggi così assurdamente disprezzate.
       Se sapessimo guardare un po' di più la Natura che ci circonda, alzando per qualche attimo la testa dai congegni elettronici che condizionano le nostre vite, non avremmo difficoltà a riconoscere che qualsiasi albero, privato delle proprie radici, inaridisce rapidamente e muore.
       Ecco, la nostra civiltà è del tutto simile a quell'albero e, non a caso, sta inaridendo e morendo, sommersa da una "filosofia dell'infinito presente" che non ci stimola tanto al carpe diem, quanto soprattutto all'ignore diem, a una forma di straniamento da tutto e tutti, a cominciare da noi stessi. Una civiltà che ci stimola ad Avere, non ad Essere, e che è ancor più attenta a farci ignorare che l'Essere ha un senso se è un Esserci, vale a dire essere in un determinato luogo con un suo passato, un suo presente, un suo futuro. Dunque essere soggetti non sradicati, ma dotati di un'identità che è frutto della cultura che abbiamo respirato e assorbito là dove siamo nati.
       Se una delle maggiori aspirazioni del capitalismo, così come si è storicamente incarnato, è stata quella della creazione della figura del "consumatore indifferenziato", l'attuale ideologia della "democrazia plebiscitaria e unanimistica, e del 'pensiero unico'", aspira a creare individui totalmente deracinés, soggetti indifferenziati, intercambiabili per assoluta carenza di valori e radici, semplici pedine (anzi sacrificabilissimi "pedoni" di scacchiere assai più vaste...) di giochi sporchi che passano tutti sopra le loro teste e che mirano a farli sentire "liberi", quando tali assolutamente non sono.
      Scopo - felicemente raggiunto - di questo bel libro di Ada Cattaneo è invece quello di dimostrare che un altro uomo, che altri valori sono possibili, e di non limitarsi a un'affermazione fine a se stessa, ma di indicare tutte le modalità con cui un obiettivo così ambizioso può essere raggiunto. Da qui l'illustrazione dell'importanza, per le nostre radici di individui e popoli, tradizioni, miti, leggende.
       Un lavoro certosino, quello cui l'Autrice si è sottoposta, testimoniato dalle oltre 300 pagine del volume. Un lavoro che le ha consentito di realizzare uno strumento efficace e potente contro il ruolo distruttivo della armi di distrazione di massa dell'universo mediatico, oggi tanto diffuse.
       La riscoperta e la difesa delle tradizioni, del resto, sono un potentissimo strumento di riscoperta e valorizzazione dell'identità, ed è fin troppo noto che chi non ha un passato, forse può avere un modesto presente, ma non avrà mai un futuro. Di qui l'importanza di un libro come questo, che ci insegna come - una volta di più - la Storia, le Tradizioni e i Miti siamo noi. E, se non vogliamo dimenticare per primi noi stessi, dobbiamo necessariamente conoscerli.

                               Piero Visani