mercoledì 18 novembre 2015

Martire, cioè testimone...


       Nei quasi venti anni in cui sono stato consulente dell'istituzione militare, ho cercato con le mie scarse forze di impedire una deriva che vedeva anno dopo anno proseguire la discesa verso la liquidazione fallimentare della medesima.
        Ho trovato pochissimi alleati, molti sorrisi davanti e molte pugnalate dietro.
       Ho trovato un ambiente dove chi mostrava maggiore servilismo verso il pacifismo cattocomunista dominante faceva più rapidamente carriera. Ho trovato molti militari pacifisti (non pacifici, proprio pacifisti) e un ambiente in genere privo di qualsiasi tensione morale.
       Ho trovato un ambiente che evitava accuratamente di parlare dell'8 settembre 1943 e, di conseguenza, si precludeva da sé qualsiasi possibile soluzione del proprio ruolo subalterno.
       Quando è venuto il mio turno, sono stato "tagliato" con simpatica determinazione e - ovviamente - con la motivazione che i tagli colpivano tutti, dall'altro in basso.
       Ho scoperto che, ad onta della presunta natura militare dell'ambiente, quasi nessuno aveva letto von Clausewitz e nessuno pensava (o sapeva...) che la guerra fosse uno "scontro di volontà". Ricordo solo molte facce smarrite la notte dell'abbattimento di Bellini e Cocciolone (febbraio 1991).
       E' stato in quel periodo che è maturato in me il convincimento - oggi vera e propria mia teoria interpretativa della realtà italiana - che FUNZIONE militare e FINZIONE militare potessero integrarsi alla perfezione, tanto che ho visto salire ai vertici alcuni tra i maggiori interpreti della linea "allineati e coperti", i militari manager, quelli degli eserciti come aziende e degli stipendi - per i pluristellati - appunto da manager...
        Da quel giorno ho ammirato ancora di più quelli che combattono per un'idea o una religione, giusta o sbagliata che sia.

                           Piero Visani