sabato 13 febbraio 2016

Un sabato di ordinaria follia

     Una camiceria del centro di Torino. Il proprietario non mi conosce, ma mi parla. Non è arrabbiato né rassegnato. Come gran parte di noi italiani, è già morto. A differenza di molti connazionali, lo sa e ha un sussulto di vitalità. E' lucidamente gelido: "chiudo tutto e me ne vado a vivere all'estero, fin che ancora si può uscire dai confini dell'Unione Europea".
       La sua considerazione mi colpisce: spesso si parla di erigere muri in ingresso, dimenticando che potrebbero essere fatti valere soprattutto in uscita...
       La sua disperazione è grande, è la bella disperazione che precede le decisioni fatali, quali che siano. Per ora la fuga, poi si vedrà... Da entomologo umano, prendo atto con tristezza ma anche con soddisfazione: un povero suddito in meno da vessare, per i percettori e i loro istigatori politici e burocratici. E' bello vedere le tempeste che si addensano, molto prima che le vedano gli altri. Compito del polemologo non è scatenare le guerre, ma vederle man mano che si addensano. Qui si tocca con mano quanto la totaldemocrazia sia "il migliore dei sistemi possibili". Sogghigno, l'orrore sale e tende a gonfiarsi. Che cosa ci può essere di meglio, per sancire il collasso definitivo di un sistema folle e iniquo?

       Esco e mi avvio a ritirare l'auto al parcheggio. Mi si accosta una coppia ancora giovane, diciamo sui quarant'anni. Vestiti dimessamente, lo sguardo carico di disperazione e di lacrime. Ciascuno tiene per mano un bambino, uno di cinque-sei anni, l'altro più piccolo. Lo sguardo dei bambini vale mille foto, e non siamo in Siria. Se hanno conosciuto un'infanzia e le sue gioie, le hanno dimenticate da tempo.
      I genitori sono timidi, quasi reticenti, mi si accostano con vergogna. Sono sicuramente italiani, forse torinesi, stante l'accento. Mi dicono che sono stati appena sfrattati e che non sanno come dare un tetto e un po' di cibo ai loro due bambini. So che si potrebbe trattare di qualche membro della "corte dei miracoli" che, gestita da organizzazioni criminali con forti addentellati politici, "rallegra" le nostre città. Ma tutto mi dice che non è così: questi sono disperati veri. E allora, anche ripensando alle parole di una persona che mi ha insegnato a non chiudere le porte, do loro quel che mi è possibile dare e cerco di rincuorarli. Forse non se lo aspettavano, sta di fatto che un timido, pur se spento sorriso si affaccia sui loro volti di soggetti precocemente invecchiati dalla vita.
       Non posso fare di più; o meglio, non so fare di più. Potrei fare loro un corso di odio politico e sociale, ma non credo che apprezzerebbero. Ed è un vero peccato, perché oggi è l'unica cosa che può giovare, è l'unica cosa che ci serve. Ora, subito, perché ormai è già molto, troppo tardi.

                                 Piero Visani