sabato 19 marzo 2016

Dellamorte dellamore

       Lo stillicidio dei suicidi da disperazione è ormai più che quotidiano; le statistiche ci dicono che il numero dei morti è cresciuto massicciamente nel 2015; il Mediterraneo è una tomba a cielo aperto, mentre ovunque si scatena la più assurda delle aggressività, che può trasformare un modesto tamponamento stradale in un viatico di morte. Rampolli di ricchi annoiati uccidono coetanei "per vedere com'è e quali sensazioni si provino".
       Mentre si sviluppa questo crescendo di orrore e di morte, pessimi registi scrivono sceneggiature politico-culturali fatte di geremiadi buoniste e pacifiste, mentre maldestri realizzatori di colonne sonore le condiscono con le note furbette di Imagine o di All you need is love.
       Se solo si possiede un minimo di capacità analitiche residue, ci si interroga inevitabilmente sull'enorme distanza che intercorre tra le affermazioni di principio, tutte nobilissime, e una realtà fatta di orrore e disgusto, di soprusi legittimati e di diabolici tentativi di ridurci in miseria e in schiavitù.
       Non sono semplici indizi. Sono prove di una situazione che sta degenerando vieppiù, di una "ascensione agli estremi" di clausewitziana memoria. E cosa faceva il grande pensatore prussiano? Rifletteva sulla guerra.
       Ora, è quasi da escludere che un prossimo conflitto possa essere tra Stati; più facilmente, sarà una guerra per bande su scala globale, una "guerra di tutti contro tutti", secondo l'insegnamento hobbesiano, in cui tutte le repressioni e i soprusi cui ci hanno costretti i falsissimi difensori della democrazia e dei diritti umani verranno finalmente a maturazione, all'unica maturazione possibile: il bellum omnium contra omnes.
       Del resto, è un approdo assolutamente normale: se il mio vivere associato è solo una forma, neppure troppo occulta, di schiavitù; se la politica parla di "diritti dell'Uomo", ma del diritto di ogni singolo individuo se ne batte allegramente e anzi si preoccupa solo di conculcarlo, prima o poi, ma sempre più prima che poi, mi attrezzerò per farlo rispettare individualmente, con mezzi leciti e anche con altri reputati erroneamente illeciti, ma in realtà ispirati al legittimo diritto alla sopravvivenza individuale.
       Stiamo correndo a velocità sempre più accelerata verso tale approdo e, se anche le "armi di distrazione di massa" cercano di nasconderlo, ad alcuni la cosa è chiarissima; ad altri non è altrettanto chiara a livello razionale, ma lo è invece a livello irrazionale, perché non si limitano a "pensare la violenza o la guerra", la praticano tout court, senza pensarci non dico due volte, ma nemmeno una.
       Non è la prima volta che il ricorso alle utopie buoniste, utilizzato non perché le si condivida, ma come semplici strumenti di potere, è fonte di enormi scoppi di violenza e di immani massacri. Questi ultimi si determinano quando anche il più ingenuo e credulone degli uomini si accorge di essere stato oggetto di una gigantesca presa in giro, una presa in giro che lo sta portando alla morte per soffocamento.
      Da entomologo, guardo a tutto questo con naturale distacco. Non posso farci niente e neppure mi interessa farlo. Al massimo, mi piacerebbe accelerare questa mostruosa deriva, nella speranza di favorire la fine di questi tempi osceni, dove la menzogna, lo sfruttamento, la servitù sono legge. E' a fini di emancipazione che auspico la più terribile delle accelerazioni, cioè la necessaria espiazione dall'aver dato credito, per decenni, a tante menzogne.
       "Guerra, sola igiene del mondo" - ebbe a scrivere Filippo Tommaso Marinetti nel celebre "Manifesto del Futurismo" (1909). Ovviamente non è così, ma resta l'unica soluzione possibile, e praticabile, e auspicabile, nel momento in cui ogni legge, ogni diritto, ogni verità, ogni libertà sono andati perduti di fronte al potere del dio Denaro e dei suoi sacerdoti. Non c'è autocompiacimento, nello scrivere tutto questo. C'è la serena consapevolezza che è l'unico rimedio che ci è rimasto per evitare la schiavitù: una grande "guerra servile" che ancora deve trovare il proprio Spartaco, ma che dovrà essere civile, globale, per bande e condotta senza alcun tipo di pietà. Mai come oggi vale il celebre memento di Louis-Antoine de Saint-Just: "La guerre de la liberté doit être faite avec colère". Non ci resta altro, purtroppo.

                                                              Piero Visani