martedì 25 ottobre 2016

L'importanza di chiamarsi... Giorgio

      Un mio caro amico, giornalista di un noto quotidiano torinese, scrive un breve trafiletto, sul suo profilo, per stigmatizzare le dichiarazioni altamente infelici del prefetto Morcone sulla questione delle manifestazioni di ostilità popolare contro alcuni profughi da trasferire d'autorità a Goro e dintorni.
       Apriti cielo! Le considerazioni del mio amico erano a carico delle inopportune dichiarazioni del prefetto. Per contro, si accende una canea sul razzismo a carico di 12 donne e 8 bambini, che non c'entrava nulla, perché si stava parlando delle dichiarazioni del prefetto, non dell'atteggiamento della popolazione. E il prefetto Morcone, se giustamente ha diritto di deplorare tale atteggiamento, deve farlo parlando da prefetto, non da bullo di periferia.
       Siamo di fronte a una situazione altamente esilarante: lo scrivente A deplora le parole del prefetto; l'interlocutore B non ne tiene minimamente conto e parte in una tirata antirazzista che è sicuramente apprezzabile, ma che nulla c'entra con la reazione improvvida del prefetto.
       Mi pare di dover dolorosamente constatare che una pratica assolutamente apprezzabile, quella dell'esegesi del testo, sia andata tragicamente perduta. Così facendo, la perdita di senso è totale.
         Continuiamo così, facciamoci del male!

                                       Piero Visani