martedì 28 febbraio 2017

Compagni di scuola, compagni di niente...

       Settembre 2011. In un celebre circolo di Torino viene organizzato un pranzo tra compagni di scuola di circa 45 anni prima. La nostra classe di IV e V Ginnasio presso il liceo classico "Massimo d'Azeglio" di Torino festeggia il centesimo genetliaco della sua professoressa di lettere. Siamo presenti quasi tutti.
       L'atmosfera, nelle eleganti sale di quel circolo, è assai affine a quella descritta da Carlo Verdone nel suo celebre film del 1988, Compagni di scuola. L'unico problema è che sulle nostre compagne di allora la scure del tempo ha falcidiato assai più che su noi maschi. La cosa mi diverte. Quella assurda compagnia di "Non te la do nemmeno se mi paghi" ridotta a pietire un po' di attenzione da noi che potremmo ancora "rimorchiare" bene senza troppo sforzo. Come sempre, la vendetta è un piatto che si consuma freddo...
       Niente di tutto questo, però, mi interessa. La compagna che ho amato non è venuta e quella che mi piaceva fisicamente è una specie di barile a due zampe, che cerca di destare attenzione e non vi riesce davvero più. Fa la simpatica, ma ci riusciva solo quando era una silfide, un'altezzosissima silfide.
      Sorrido: il mio vecchio compagno di banco, un noto avvocato del foro torinese, ed io sembriamo i fratelli minori dell'eletta schiera. Ce lo diciamo quasi subito, visto che a tavola siamo seduti vicini, con non poca, perfida soddisfazione.
      La mia attenzione, tuttavia, è puntata su altro, sulla comparsa, per la prima volta in penose celebrazioni come codeste, di un ex-compagno (compagno nel senso di sinistroide, oltre che di scuola), al quale devo un vecchio favore, nel senso che non sono mai riuscito a vendicarmi di un suo antico sopruso nei miei riguardi.
       Com'è conforme alla mia natura, quello diventa allora il mio pensiero dominante: la vendetta, il regolamento di conti. Ne parlo all'amico avvocato e anche lui ricorda il fatterello, anche se di natura è molto più bonario di me. Gli chiedo se potrebbe garantirmi una copertura tattica e lui - dopo avermi chiesto: "Ma davvero vuoi vendicartene adesso?" - si dice disponibile a darmela.
       La giornata di inizio settembre è molto calda e i saloni del circolo mal areati e mal climatizzati. Tutti i maschi si tolgono la giacca; io no, perché non lo faccio mai, detesto i comportamenti cheap. Le conversazioni si infittiscono, arrivano doni per la nostra docente e lei ricambia con i suoi; c'è una specie di appello scolastico, per lo svolgimento di questo rito e, quando arriva il turno di questo ex-compagno (che in ordine alfabetico stava prima di me), parte l'attacco: ben mirato, preciso, chirurgico e dunque privo di danni collaterali. Il noto avvocato mi copre il lato destro, a quello sinistro penso direttamente io. Quello che ho fatto preferisco non ancora dirlo pubblicamente: è presto. Ma l'ho fatto e il godimento che provo per la vendetta riuscita è pari ad almeno due orgasmi. E cammino un metro sopra il selciato per non meno di una settimana. 
       Il pomeriggio, al tennis (era un sabato), fornisco un'ottima prestazione. I conti sono in pari, che cosa posso pretendere di più dalla vita? Certo, ho aspettato quasi mezzo secolo, ma ne valeva la pena.

                        Piero Visani