venerdì 10 febbraio 2017

Essere o parere

     Mi affacciai alla seconda fase della mia esistenza sui verdissimi prati della Merry Old England: volevo partecipare, fare, osare. Vedevo gioventù allegra come quella che compare nel finale di Blow Up, di Michelangelo Antonioni. Provai a partecipare, pensando che in qualche misura potesse giovarmi, ma ben presto mi accorsi che quella che per loro era una finzione che poteva diventare realtà, per me era realtà che tendeva a diventare finzione (o addirittura finzione destinata a rimanere tale) e che, tanto più fingevo, quanto più mi osservavo da fuori, con sovrano distacco, e non mi sentivo partecipe di nulla.
       Ancora oggi, mentre gioco realmente a tennis, quel mio giocare mi appare una finzione, al punto che talvolta la palla potrebbe esserci o non esserci, che per me sarebbe uguale, eseguirei i medesimi movimenti...
       In fondo, la mia vita è stata così: una gigantesca finzione che io non ho mai finto di interpretare come realtà, ma che anzi ai miei occhi è rimasta sempre finzione. Certo, ho visto migliaia di persone accettare quella finzione come realtà e addirittura identificarvicisi, ma io non ci sono mai riuscito.
       Credo che sia questo che mi ha spinto in un forte isolamento: non ho mai accettato la finzione, non ho mai dato prova di pensare, nemmeno per un attimo, che quella che mi veniva presentata - anche con molta seriosità - come una realtà, fosse qualcosa di diverso da una pessima finzione. E così mi sono ritrovato solo (o quasi) in quei prati di un verde abbacinante, a fare finta di vivere ed a guardarmi vivere, perché - per mia natura - "io vivo dentro, io vivo fuori" e so ancora guardarmi con distacco, tanto quando sono immerso nella mia realtà quanto quando me ne distacco.
       Tutto questo è stato un viatico di infelicità forte, ma anche di comprensione acuta: ho smesso di confondere - come mi sarebbe stato richiesto dalla Matrice - funzione e finzione, e mi sono rifugiato in una dimensione mia, dove sia giocare davvero a tennis, sia fingere di farlo con tanta partecipazione da trasformarlo in realtà, non mi hanno mai ingannato sulla reale natura del loro significato: zero. Per questa ragione amo molto il finale di "Blow Up", perché in meno di cinque minuti spiega - se lo si vuole capire - come sia davvero la nostra vita.

                                                  Piero Visani