mercoledì 8 febbraio 2017

Piazza Maria Teresa

       Fabrizio aveva parcheggiato l'auto vicino al monumento a Guglielmo Pepe. Saranno state le 19 di una serata di fine inverno. Cadeva una pioggerella fine, che tendeva ad intensificarsi.
       Piazza Maria Teresa era deserta, come mai Fabrizio l'aveva vista. Spirava un vento freddo che, unito all'umidità, forse aveva indotto molti a rimanere in casa.
       Aveva appena finito una riunione di lavoro con un amico molto gioviale, ma l'animo di Fabrizio era incline alla tristezza, quella sera. Forse lo era incline sempre, ma quella sera più che mai.
       Tuttavia, per un amante della pioggia come lui, pochi passi nella piazza, sotto la copertura amichevole di un piccolo ombrello, gli trasmisero un senso di felicità: pioggia, silenzio, nessuna presenza di "umani". Non poteva chiedere di più.
       Si fermò qualche attimo a chiedersi come dovesse essere quella piazza nella Torino del Risorgimento e degli ultimi anni prima dell'Unità, e si sorprese a pensare che, eliminata la fastidiosa presenza delle auto, probabilmente sarebbe stata uguale, comprese le luci fioche che provenivano dai lampioni.
       Fu allora che la vide. Uscì dal portone di un elegante palazzo, una ventina di metri davanti a lui, e girò immediatamente della direzione opposta a quella da cui stava provenendo Fabrizio, dunque verso via Giolitti e Piazza Vittorio.
       Fabrizio la guardò; anzi - come era solito fare - la squadrò in ogni minimo dettaglio. Età indefinibile, dato che non l'aveva vista in faccia; andatura decisa, quasi veloce, da buona se non ottima camminatrice; statura media; capelli di colore indefinibile, stante l'oscurità.
       Due fattori lo colpirono subito: il portamento e soprattutto la camminata. Con qualche passata esperienza professionale nel campo della moda, Fabrizio non poté fare a meno di notare che l'incedere di quella donna per lui misteriosa era estremamente simile ad un catwalk (l'andatura da passerella delle modelle). Sorrise tra sé e sé: dopo tutto, una modella era sempre stata, per lui, quanto di più prossimo potesse esistere al suo archetipo femminile. Tuttavia, la donna non era abbastanza alta, visto che certamente non arrivava al metro e settanta, per essere od essere stata una modella, e la valutazione sulla di lei statura era facilitata dal fatto che portava ai piedi delle sneakers, comode e ovviamente senza tacco.
       Quella camminata, tuttavia, esercitava su di lui una fascinazione profonda. Era come se uno dei dettagli, ai quali era sempre interessatissimo ed ai quali era sempre corso dietro (a volte trascurando perfino chi li incarnasse e pagandone a carissimo prezzo il fio), avesse trovato una sua leggiadra e al tempo stesso perfetta interprete.
        Così seguì la donna lungo via Plana, riducendo la distanza da lei a non più di una decina di metri e beandosi nella visione di quella camminata perfetta, in straordinario ma misurato equilibrio tra lieve ondeggiamento dei fianchi, ponderato slancio delle gambe e posizione molto bilanciata di schiena, spalle e collo.
       Furono dieci minuti di assoluta beatitudine, trascorsi nell'ammirazione del sublime: la donna arrivò in piazza Vittorio, svoltò a destra sotto i portici, li percorse per un breve tratto e poi girò nuovamente a destra in via della Rocca, la via che nel Risorgimento era la sede delle principali legazioni diplomatiche presso il regno sabaudo, di fatto ritornando verso la piazza da cui era partita.
       L'amore per il dettaglio, la sua assoluta nevrosi per il medesimo, per una volta lo tradirono, facendogli perdere di vista il quadro tattico complessivo, errore imperdonabile per un cultore di questioni militari come Fabrizio. Così non si accorse - o forse, se se ne accorse, non solo non se ne preoccupò, ma ne gioì - di aver ridotto la sua distanza dalla donna a non più di 3-4 metri.
       Poco dopo aver superato un celebre bar situato in Piazza Maria Teresa, la donna si girò di novanta gradi e si accinse ad entrare in un palazzo che stava esattamente di fronte, dall'altro lato della piazza, a quello da cui era uscita una ventina di minuti prima. Nel farlo, si voltò e lo squadrò attentamente, con uno sguardo ironico, tipico di una bella quarantacinquenne (quella la sua età, pensò Fabrizio, osservandola rapidamente) alquanto abituata a prendersi gioco degli uomini e certamente ben conscia di essere stata seguita. Abbozzò un mezzo sorriso - una via di mezzo tra una potenziale promessa e una reale presa in giro - aprì il portone e sparì nell'androne del palazzo di via della Rocca.
       Fabrizio si sentì alquanto sciocco, ma solo per pochi attimi; poi si sentì come Johann Winckelmann al cospetto del "Sublime". In vita sua, in fondo, non aveva fatto altro che inseguire sensazioni del genere e, quando le trovava, le assaporava fino in fondo. E ora, poi, aveva due indirizzi...

                               Piero Visani