mercoledì 8 febbraio 2017

Una piccola, grande Vasto


       Per il momento, siamo alla fase dell'"incidente". Che cosa accadrà poi, è nelle nostre mani e "lo scopriremo solo vivendo". Ma sarà proprio quello il problema, riuscire ancora a vivere in un regime criminale come questo:

LETTERA DI ADDIO SCRITTA DA UN GIOVANE TRENTENNE DISOCCUPATO FRIULANO CHE SI E TOLTO LA VITA OTTO GIORNI FA : "Ho cercato di essere una brava persona, ho commesso molti errori, ho fatto molti tentativi, ho cercato di darmi un senso e uno scopo usando le mie risorse, di fare del malessere un’arte,Ma le domande non finiscono mai, e io di sentirne sono stufo. E sono stufo anche di pormene. Sono stufo di fare sforzi senza ottenere risultati, stufo di critiche, stufo di colloqui di lavoro come grafico inutili, stufo di sprecare sentimenti e desideri per l’altro genere (che evidentemente non ha bisogno di me), stufo di invidiare, stufo di chiedermi cosa si prova a vincere, di dover giustificare la mia esistenza senza averla determinata, stufo di dover rispondere alle aspettative di tutti senza aver mai visto soddisfatte le mie, stufo di fare buon viso a pessima sorte, di fingere interesse, di illudermi, di essere preso in giro, di essere messo da parte e di sentirmi dire che la sensibilità è una grande qualità.
Tutte balle. Se la sensibilità fosse davvero una grande qualità, sarebbe oggetto di ricerca. Non lo è mai stata e mai lo sarà, perché questa è la realtà sbagliata, è una dimensione dove conta la praticità che non premia i talenti, le alternative, sbeffeggia le ambizioni, insulta i sogni e qualunque cosa non si possa inquadrare nella cosiddetta normalità. Non la posso riconoscere come mia.
Da questa realtà non si può pretendere niente. Non si può pretendere un lavoro, non si può pretendere di essere amati, non si possono pretendere riconoscimenti, non si può pretendere di pretendere la sicurezza, non si può pretendere un ambiente stabile.
A quest’ultimo proposito, le cose per voi si metteranno talmente male che tra un po’ non potrete pretendere nemmeno cibo, elettricità o acqua corrente, ma ovviamente non è più un mio problema. Il futuro sarà un disastro a cui non voglio assistere, e nemmeno partecipare. Buona fortuna a chi se la sente di affrontarlo.
Non è assolutamente questo il mondo che mi doveva essere consegnato, e nessuno mi può costringere a continuare a farne parte. È un incubo di problemi, privo di identità, privo di garanzie, privo di punti di riferimento, e privo ormai anche di prospettive.
Non ci sono le condizioni per impormi, e io non ho i poteri o i mezzi per crearle. Non sono rappresentato da niente di ciò che vedo e non gli attribuisco nessun senso: io non c’entro nulla con tutto questo. Non posso passare la vita a combattere solo per sopravvivere, per avere lo spazio che sarebbe dovuto, o quello che spetta di diritto, cercando di cavare il meglio dal peggio che si sia mai visto per avere il minimo possibile. Io non me ne faccio niente del minimo, volevo il massimo, ma il massimo non è a mia disposizione.
Di no come risposta non si vive, di no si muore, e non c’è mai stato posto qui per ciò che volevo, quindi in realtà, non sono mai esistito. Io non ho tradito, io mi sento tradito, da un’epoca che si permette di accantonarmi, invece di accogliermi come sarebbe suo dovere fare.
Lo stato generale delle cose per me è inaccettabile, non intendo più farmene carico e penso che sia giusto che ogni tanto qualcuno ricordi a tutti che siamo liberi, che esiste l’alternativa al soffrire: smettere. Se vivere non può essere un piacere, allora non può nemmeno diventare un obbligo, e io l’ho dimostrato. Mi rendo conto di fare del male e di darvi un enorme dolore, ma la mia rabbia ormai è tale che se non faccio questo, finirà ancora peggio, e di altro odio non c’è davvero bisogno.
Sono entrato in questo mondo da persona libera, e da persona libera ne sono uscito, perché non mi piaceva nemmeno un po’. Basta con le ipocrisie.
Non mi faccio ricattare dal fatto che è l’unico possibile, io modello unico non funziona. Siete voi che fate i conti con me, non io con voi. Io sono un anticonformista, da sempre, e ho il diritto di dire ciò che penso, di fare la mia scelta, a qualsiasi costo. Non esiste niente che non si possa separare, la morte è solo lo strumento. Il libero arbitrio obbedisce all’individuo, non ai comodi degli altri.
Io lo so che questa cosa vi sembra una follia, ma non lo è. È solo delusione. Mi è passata la voglia: non qui e non ora. Non posso imporre la mia essenza, ma la mia assenza si, e il nulla assoluto è sempre meglio di un tutto dove non puoi essere felice facendo il tuo destino.
Perdonatemi, mamma e papà, se potete, ma ora sono di nuovo a casa. Sto bene.
Dentro di me non c’era caos. Dentro di me c’era ordine. Questa generazione si vendica di un furto, il furto della felicità. Chiedo scusa a tutti i miei amici. Non odiatemi. Grazie per i bei momenti insieme, siete tutti migliori di me. Questo non è un insulto alle mie origini, ma un’accusa di alto tradimento.
P.S. Complimenti al ministro Poletti. Lui sì che ci valorizza a noi stronzi.
Ho resistito finché ho potuto".


       Sono parole fantastiche, da incidere nella pietra, di un giovane non superficiale, che aveva capito tutto. Certo questo giovane era cresciuto nell'Europa imbelle e pacifista, dove gli è stato deliberatamente insegnato - da governi e classi dirigenti al di sotto di qualsiasi giudizio - che di fronte al disastro totale ci si suicida, perché i valori guerrieri sono un orrore assoluto. Gliel'hanno insegnato non a caso, ma perché assolutamente consapevoli del fatto che, diffondendo una cultura imbelle e masochistica, sarebbero sopravvissuti qualche decennio di più.
       Sono divertito dal fatto che non uno straccio di psicologo, sociologo o tuttologo senta la necessità di spendere due parole su fenomeni come questi, sempre più frequenti: un'intera generazione spazzata via da una casta di criminali. Poi penso che - ovviamente - "uscire fuori dal coro" è pericoloso, si rischia lo stipendio (di norma non da disoccupato cronico), e allora è preferibile tacere o scrivere qualche geremiade a buon mercato.
       Tuttavia, sono fermamente convinto che nessuna classe dirigente possa seminare tonnellate di dolore - come sta facendo l'attuale classe dirigente nazionale ed europea - senza che prima o poi tale dolore non le si ritorca contro.
       Come ho scritto, siamo alla prima parte dell'"incidente di Vasto". Cosa succederà poi, sarà una nostra scelta: individuale, ancor prima che collettiva.

                                                             Piero Visani


P.S.: ho vissuto 66 anni provando gli stessi sentimenti e molte delle sensazioni di quel giovane. Se non mi sono suicidato, è solo perché il mio senso della storia mi ha fatto pensare che, se anche io avessi passato tutta la vita con in mano la lama (e non il manico) di un coltello, non sarebbe stato sempre così. Ho cercato di insegnare a mio figlio, e a chi per lui, che quel tipo di impugnatura è intercambiabile. Loro lo insegneranno ad altri. I conti si fanno sempre alla fine. Mai interrompere il percorso prima. Niente regali al NEMICO.