giovedì 22 giugno 2017

L'egosintonia

        Credo che, in ultima analisi, sia la peculiarità caratteriale che mi ha salvato. Non sarei passato indenne attraverso qualche tempesta esistenziale di troppo e un nutrito numero di ostracismi se non avessi sempre fatto riferimento a me stesso, alla mia capacità di andare perfettamente d'accordo con me. Di fronte ai problemi, alle abiure, ai rifiuti, alle cacciate, ho preso la mia valigetta e mi sono detto: "Va bene, ricomincerò altrove". Ciò mi è valso in ogni campo, compreso ovviamente quello professionale.
       Ho sempre pensato che, là dove dovevo fare le valigie, era meglio farle, onde evitare il rischio di risultare persona non grata. Inoltre, grazie alla mia debordante egosintonia, ero sempre convinto che avrei lasciato un grande vuoto dietro di me, difficile da riempire, e questo mi dava pure una voglia sadica di andare: era ed è il mio modo di colpire, un fantastico modo a mia disposizione per lanciare una classica "freccia del Parto", vale a dire la freccia che - con grande destrezza - i combattenti della Partia lanciavano nell'antichità, quando i loro nemici, ad esempio le legioni romane, già pensavano di averli messi in fuga.
     L'egosintonia è quella che mi ha fatto scrivere due romanzi su storie autobiografiche che mi sono piaciute; storie di vita dalle quali sono stato espulso manu militari, ma che io avevo voglia di ricordare, perché erano piaciute a me.
       L'egosintonia è quella che mi ha fatto fare un lavoro che mi piaceva, non quello che mi si voleva imporre. Ho avuto momenti professionalmente molto buoni ed altri decisamente meno, ma sono sempre qui a combattere per rovesciare le situazioni negative, sempre animato da speranze di vittoria, perché combatterò fin oltre la mia fine.
     Sono un uomo molto particolare. In genere non piaccio, tanto meno alle donne. Ma piaccio a me e, se non basta, vedo di farmelo bastare.

                        Piero Visani



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