lunedì 19 giugno 2017

Serie televisive

       Un amico mi chiede una personale valutazione su alcune serie televisive che ho visto. La formulo volentieri, tralasciando ovviamente quelle che ha già visto anche lui:

The Young Pope, di Paolo Sorrentino. Voto da 1 a 10 = 15. Nella valutazione entrano ovviamente componenti di carattere personale. Mi piace molto Sorrentino come regista, ma di The Young Pope, a parte l'ottimo livello della serie in sé, adoro il protagonista, Pio XIII, non per la pur ottima interpretazione di Jude Law, ma perché quel papa ha il mio stesso carattere e la mia stessa concezione della comunicazione e del potere. E' probabilmente preda di desideri di rivalsa per problemi sofferti sul piano umano (nel suo caso, l'abbandono da parte dei genitori), ma non è solo questo che condivido con lui. E' semmai l'estremo radicalismo delle sue idee; la concezione che il potere vada sacralizzato, non banalizzato; il carattere aggressivo; l'alterigia; il distacco; la voglia di ingaggiare battaglia, sempre e comunque. Adoro anche l'utilizzo di musica pop e rock frammista a musica più "alta". Di norma, a vari livelli amo le contaminazioni, perché abituano alla flessibilità e poi - e qui ovviamente mi "condanno" da solo - pop e rock mi piacciono più di qualsiasi altra forma di musica...

Twin Peaks, di David Lynch. Voto = 9. Amo molto la tecnica lynchiana della continua e costante autocitazione, per cui lui fa un serial o un film di fatto citandosi. Amo molto anche la costante e continua ricerca del surreale all'interno del reale e il fatto che ciò che regola i rapporti umani sia soprattutto il paradosso. E' principalmente lungo queste direttrici estreme che le persone tendono a incontrarsi ed a comunicare, ciò che ovviamente impedisce qualsiasi altro tipo di comunicazione e rende il dialogo umano un dialogo tra sordi. Lynch mette alla gogna tutto questo e mostra come la vita sia essenzialmente piatta autoreferenzialità. Lui la rende evidente, a chi la sa vedere.

Californication, protagonista David Duchovny. Voto = 7,5. Hank Moody, il protagonista di questa serie, è probabilmente l'uomo che avrei voluto essere: scrittore di discreto talento, è ossessionato dalle donne e dal sesso, e solo a questi concede attenzione. La serie è sostanzialmente superficiale, ma molto meno di quanto possa apparire. Il sesso ne è la componente fondamentale, così come lo è nella vita. Non tutti se ne rendono conto e molti sono inclini a negarlo. A me pare invece evidentissimo.
Gran parte della serie vive di sovrarappresentazioni e di situazioni off limits, che ne tradiscono un intollerabile moralismo di fondo, che si è accentuato man mano che si è avvicinata alla sua conclusione. A me è piaciuta la parte non morale, quella dove Hank Moody esercita la sua volontà di potenza, cerca sesso sempre e dovunque, lo trova, lo celebra (scrivere "consuma" è triste) e scrive un libro con un titolo con cui mi sarebbe piaciuto intitolare un libro mio: "God hates us all". Di questo sono certissimo...

House of Cards, protagonisti Kevin Spacey e Robin Wright. Voto = 8. Per casi fortuiti della vita, ho conosciuto un po' di arcana imperii e di vita politica USA, e posso dire che questa serie è estremamente precisa. Il mondo politico è anche peggio di come viene rappresentato qui ed è forse molto più ipocrita. A me è piaciuta questa serie, insegna molto su certi meccanismi del potere e andrebbe guardata facendo solo attenzione ai medesimi, non all'evoluzione della storia in sé. Ottima la recitazione dei due protagonisti, davvero molto bravi.

The Americans, serie su spie sovietiche perfettamente integrate nella società statunitense, ma che continuano constantemente ad operare per conto del KGB, pur spacciandosi per americani "medi". Scritta da un ex-membro della CIA, descrive molto bene il funzionamento di certi meccanismi, lasciando spazio alla banalità e all'ordinarietà dei medesimi, che sono quanto di più lontano ci possa essere dai film di James Bond e sono invece molto più prossimi all'attività spionistica realmente tale. Questo coté da ordinary people - con piccole trasgressioni, amorazzi, prestazioni sessuali "per amor di patria" - è forse il lato più interessante della serie, perché evidenzia i notevoli problemi che solleva a livello psicologico e comportamentale nei protagonisti. Che sono degli psychologically displaced molto più di quanto non siano degli expats (per quanto in segreto...).

Outlander. Incentrata sulla ribellionegiacobita del 1745-46. Voto = 7,5. Qui è sopratutto una mia "questione di cuore": Scozia, giacobiti, etc., tutte mie personalissime passioni. Le prime due stagioni della serie sono buone, anche come ricostruzione d'ambiente, ma è chiaro che si parla della mia seconda Patria. Però la vicenda nasce da uno spunto narrativo notevole ed è ben raccontata. E' una serie parecchio violenta, ma a me questo piace, perché la vita è violentissima e crudelissima.

Revenge. Una vita passata alla ricerca di una vendetta. Voto = 6. Ci sono tutti i motivi perché una serie del genere mi possa piacere. In realtà è stiracchiata e ripetitiva. Però si svolge negli Hamptons, New York State, e mi porta alla mente ricordi di altre vite, meno misere e miserabili di quella attuale. Dove almeno si poteva ancora fingere di essere "liberi"...

Game of Thrones. Una saga molto ben orchestrata, ma complessa e anch'essa tendente al ripetitivo. Voto = 6,5. Può essere piacevole vederla, non si perde alcunché a non vederla. Direi puro intrattenimento, se piace il genere, ma poco o nulla - a mio parere - dal punto di vista filmico e meno ancora da quello contenutistico.

Luther. Voto = 7. Una serie complessa, apparentemente "gialla", ma in realtà giocata sulla contrapposizione - che ben presto si rivela perfetta identità - tra principio del Bene (che così buono non è mai) e principio del Male (che così cattivo non è mai). L'alterità che ne scaturisce è assai godibile, per lo spettatore attento ai particolari. Le vicende sono prevedibili, ma è troppo bella la continua inserzione tra un Bene che non è proprio tale e un Male che lo è ancora di meno. E' la chiave interpretativa della serie.

Dexter. Voto = 7. Una serie sorprendente per la produzione televisiva americana, dove ciò che appare "Bene" è in realtà un cospicuo "Male", seppure esercitato a fin di "bene". Dalla dicotomia nasce un personaggio complesso, emotivamente e mentalmente disturbato, che ha il pregio non secondario di accompagnarsi spesso a belle donne, con le quali nutre rapporti tormentati, come tormentate sono la sua esistenza e la sua figura, perché si tratta di un personaggio assolutamente on the borderline. Non manca la ripetitività, ma neppure gli spunti per una lettura "trasversale".

Lost. Voto = 7. Una serie partita benissimo, cresciuta per un certo periodo di tempo, poi persasi progressivamente per strada, fino a un finale assolutamente grottesco, ma con ottimi momenti narrativi, comunque.

True Detective, prima e seconda stagione. Voto complessivo = 8,5 
La prima stagione è illuminata dalla straordinaria interpretazione dei due protagonisti - Matthew McConaughey e Woody Harrelson - e soprattutto del primo. La vicenda - assolutamente thriller - si svolge in uno Stato del Sud come la Louisiana e, per chi conosca quella parte degli Stati Uniti, la riproduce alla perfezione. Ottima evoluzione della narrazione, fino a un finale che sembra imposto dalla produzione, tanto è reazionario e banale.
La seconda stagione ha avuto critiche molto negative, ma credo che chi l'ha vista in realtà non l'abbia analizzata a dovere. Illustrata dalle splendide interpretazioni di Colin Farrel e Vince Vaughn, è molto nera, direi atrabiliare, ma - come tale - incredibilmente realistica. In fondo a tutto, come nella vita, c'è la morte, ma pochi hanno il coraggio di dirlo e meno ancora di andarlo a vedere, magari con un non dovuto anticipo...

       Questo un sinteticissimo elenco di ciò che ho visto e che più mi ha colpito. I miei giudizi sono ovviamente del tutto soggettivi e non oggettivi. Preciso solo che non guardo quasi mai le vicende, ma come vengono sviluppate, avendo in mente chi e che cosa. Non mi interessano le narrazioni, in genere, ma molto di più le metanarrazioni e le costruzioni di contorno (a cominciare dalle colonne sonore).

             Piero Visani



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