venerdì 14 luglio 2017

"Une photo, vieille photo"...

       La fotografia scivola sullo schermo del computer, senza che nemmeno mi sia preoccupato di cercarla. Emerge inevitabilmente qualche ricordo, più agro che dolce, ma sono passati talmente tanti anni che l'effetto della memoria è estremamente circoscritto e si lega semmai - molto sorprendentemente - ad alcune esigenze di oggi che mi hanno costretto, in qualche maniera, ad evocarlo.
       Senza nemmeno aver bisogno di chiedermelo, comprendo perché cerco di non farmi fotografare mai: per non espormi a questo tipo di ludibrio. Intendiamoci, la persona in questione ha superato brillantemente la sfida del tempo, e sono trascorsi davvero parecchi anni, ma non è quella presente nel mio ricordo e il vederla, in una certa misura, mi ferisce. E' giusto che lei faccia vedere agli amici il suo ottimale stato di forma, ma per me è diverso: è come un ricordo invecchiato. Non sfumato, svanito, impallidito; no, proprio invecchiato.
       Così, cerco di farmi fotografare il meno possibile. Ovvio che io invecchi, meno ovvio che io mi esponga alle valutazioni degli altri e tanto meno alle considerazioni di quante possono aver avuto delle relazioni con me. Che si ricordino "com'ero ieri" e - meglio ancora - che mi seppelliscano sotto un profluvio di guano, che è sempre la exit strategy più efficace, nonché la più indolore, con me.

                         Piero Visani



       

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