giovedì 30 gennaio 2020

Wellingtoniana e... Salviniana

       Dal momento che mi pare di capire - da certi comportamenti - che non solo si intende insistere in strategie comunicative totalmente errate, ma si vuole pure accentuarle, ricorrerò all'aneddotica, soluzione immaginifica adatta a penetrare (forse...) nelle menti più semplici e meno provvedute...

       Notte fra sabato 17 e domenica 18 giugno 1815. Piana di Waterloo. La giornata è stata afosa e il calare delle tenebre non ha portato refrigerio. Qualche tuono annuncia che presto potrebbe scoppiare un temporale anche di forte intensità, ma per il momento ancora si fa attendere.
       Nel quartier generale britannico, nei pressi di Mont Saint-Jean, gli aiutanti di campo (molti dei quali giovani e giovanissimi rampolli della nobiltà inglese) e gli ufficiali subalterni si affollano intorno al loro comandante, il duca di Wellington, certamente per trarre conforto e sicurezza dalla sua calma glaciale. Per alcuni, che per ragioni anagrafiche non avevano potuto prendere parte alla Guerra Peninsulare in Spagna e Portogallo (1808-1814) contro i francesi, quella che si annunciava per l'indomani era la prima grande battaglia della loro vita (e per non pochi di essi sarebbe stata anche l'ultima...)
       Il desiderio di avere indicazioni su cosa sarebbe potuto accadere il giorno dopo era troppo forte, per cui i più audaci azzardarono a chiederlo al loro comandante: "Vostra Grazia, che cosa accadrà domani?".
       Con il suo consueto, nobiliare distacco, il "Duca di ferro" [così era soprannominato] li guardò con l'aria serena di un comandante che di battaglie ne aveva vinte molte, contro i francesi, e rispose: "Verranno su alla solita vecchia maniera [si riferiva al fatto che i francesi erano soliti attaccare in colonne di battaglione, invece che in linea] e noi li batteremo alla solita vecchia maniera" [vale a dire con i reparti schierati in linea, che potevano sviluppare un volume di fuoco nettamente superiore a quello dei francesi, come era accaduto a partire dalla battaglia di Maida, in Calabria, nel 1806, ed era continuato per tutta la Guerra Peninsulare, senza che i comandanti francesi - salvo pochissime eccezioni - si accorgessero della natura del problema].
       Questo accadde puntualmente anche il giorno dopo, a Waterloo.

       L'aneddoto serve solo a ricordare che l'iterazione di tattiche e strategie già dimostratesi perdenti in varie occasioni, specie quanto si va all'attacco di gente molto abile nella difesa, serve solo a perdere una volta di più e forse sarebbe meglio cambiarle. Forse...

                                                             Piero Visani


domenica 19 gennaio 2020

"Storia della guerra nel XX secolo"

       Ho appena consegnato il mio ultimo libro, Storia della guerra nel XX secolo, all'editore, Luca Gallesi di OAKS Editrice, Milano, che mi ha confermato che intende metterlo subito in lavorazione. Quando uscirà, venendo dopo a Storia della guerra dall'antichità al Novecento (OAKS Editrice, Milano 2018), questa sintetica cavalcata storica dalle guerre dell'antichità greca a quelle odierne, con qualche anticipazione su quelle del futuro, sarà infine completata, come mi ero ripromesso di fare nel 2017. Ora si tratterà di capire a quali temi dedicare i miei prossimi lavori: c'è un progetto su una biografia del generale americano Douglas MacArthur e il mio sogno di fare uno studio ad ampio spettro sulla guerra ibrida, ma ancora, in merito a quest'ultimo, non ho preso una decisione definitiva.
        Quel che è certo è che, mentre ruit inreparabile tempus, si accresce l'urgenza di lasciare qualche testimonianza dietro di me. "L'uno vale uno", in questi campi, è frutto più della capacità di scrittura del singolo Autore che dell'analfabetismo di ritorno (e anche di andata...) di un pubblico distratto. 

                                                                                                     Piero Visani



mercoledì 8 gennaio 2020

La storia siete voi...

        Uscita dalla storia nel 1945, per le note vicende belliche, e mai più rientratavi per le scelte politico-culturali delle sue classi dirigenti, l'Italia ha ritenuto per decenni che la sua fosse una condizione privilegiata e immutabile, ha sviluppato una cultura ad hoc, quella dell'eterna vacanza (intesa nel significato originale di "assenza") da tutto e da tutti, e ha ritenuto che ciò potesse giovarle moltissimo.
       Il risultato dell'Italia è oggi del tutto analogo a quello dell'Alitalia: è talmente disastrata, sotto tutti i punti di vista, che non solo non interessa più ad alcuno, ma nessuno la vuole neppure comprare, visto che nessun acquirente ha ambizioni di farsi carico di un cumulo di debiti e di una solida categoria di nullafacenti.
       Quanto alla politica estera, la logica dell'"uno vale uno" ha portato a diventare il titolare di quel fondamentale dicastero un "politico" che - come emerge da un gustoso ritrattino dedicatogli da Mattia Feltri su "La Stampa" di oggi - ritiene che le vendite di parmigiano reggiano siano più importanti delle scelte fondamentali di politica internazionale e che, richiesto dalla dirigenza di Tripoli di fornire armi e sostegno politico-militare, spera di potersela cavare fornendo qualche stantia frase di solidarietà, per cui al nostro posto arriva subito la Turchia (adeguatamente fornita di quanto richiesto da al-Sarraj).
       La scelta - certo non solo dei 5 stelle, ma della quasi totalità dell'Italia repubblicana - di uscire dalla storia per sempre ci ha portato allo "zero vale zero", che è il nostro valore attuale, non spendibile ovviamente su alcun mercato. Il mondo resta e resterà quello che è sempre stato: un posto dove contano il peso politico, la potenza militare, i fatti concreti e non le belle parole. Parafrasando Battiato, "il giorno del giudizio" - che si avvicina a grandi passi, perché la Storia non è finita, anzi sta accelerando - "non [vi] servirà il politichese". Il destino dei deboli - e noi lo siamo, ancor più culturalmente che economicamente o politicamente - è il servaggio. Eccoci.

                                                     Piero Visani