giovedì 29 novembre 2018

"Se l'andava cercando"...

       Come ebbe a dire Giulio Andreotti dopo l'assassinio dell'avvocato Giorgio Ambrosoli (11 luglio 1979) ad opera di un sicario assoldato da Michele Sindona, la colpa della tragica fine del professionista fu che quest'ultimo, con i suoi comportamenti, "se l'andava cercando"...
       Questa affermazione non deve fare scandalo, non più di tanto, quanto meno, perché - in Italia, il Paese della trattativa stato-Mafia - quello che un suddito/schiavo NON deve fare è, per l'appunto,  andare a cercarsela...
       Anche il buon Fredy Pacini, gommista di un paese dell'Aretino, se l'è andata cercando: chi gli aveva detto, infatti, di aprire un'attività come la sua in una zona dove si vedeva che tale attività ci fosse? Molto meglio sarebbe stato, per lui, che vendesse gomme e biciclette in qualche rifugio antiatomico, dove clienti ne avrebbe avuti tanti... Così invece - scrivono molti giornali italiani - si vedeva il suo capannone anche dall'autostrada e tale visibilità portava sì molti clienti, ma anche molti furti (il nesso logico poi me lo spiegheranno...).
       L'intera vicenda viene descritta, sui media mainstream nazionali, come un qualcosa di assolutamente normale: faceva affari, dunque è normale che potesse essere anche oggetto di furti... Non una riflessione su cosa facciano le esuberanti (in termini numerici) forze di polizia nazionali, la molto distratta magistratura, l'ancora più distratto potere politico, etc. etc. Tutta gente che non deve forse aver mai sentito parlare di prevenzione e che si preoccupa solo di sottolineare che in Italia sarebbero diminuiti i reati, mentre - molto più probabilmente - è diminuita la voglia della gente di denunciarli. L'ho fatto anch'io, anni fa. Mi è stato sporto, con discreta mancanza di garbo, un modulo prestampato e sono stato invitato a compilarlo in fretta, perché l'ufficio stava chiudendo... Silenzio assoluto su che cosa sarebbe stato fatto a seguito della mia denuncia, ma era una forma non troppo elegante di silenzio/assenso: NIENTE!!
       A ben guardare, però, un po' tutta l'Italia è così, e non solo in questo campo: vuoi lavorare? Devi fare il lavoro "giusto" e avere le amicizie "giuste", altrimenti che ci provi a fare? Vuoi avere qualche diritto, visto che paghi una tonnellata di tasse e balzelli? Sì, ma devi stare attento a non esporti o a non avere la tua attività in luoghi esposti, altrimenti è normale che uno subisca 38 furti in pochi anni: "Te la sei andata a cercare"... Se ti fossi cercato uno "stipendio di cittadinanza" - che so, da politico e/o da burocrate - non ti sarebbe successo un bel niente e magari ci avresti pure lucrato.
       Mi sono dimesso da italiano parecchi anni fa. Sono sempre più lieto della mia scelta. Questo non è ovviamente un Paese, non è neppure un'espressione geografica. E' solo una farsa, per alcuni, e una tragedia per i più. Manca ancora il sermone presidenziale sulla "libertà dai ladri", ma credo che tarderà ancora per molto...

                         Piero Visani




martedì 27 novembre 2018

Lezioni di vita (quasi) gratuite

       Su alcuni quotidiani di stamane compaiono lezioni di "occidentalismo" quasi gratuite: Bernard-Henry Levi ci spiega di "sentirsi vicino" ai "giubbotti gialli", ma di non poter condividere i loro atti di violenza e soprattutto di non poter condividere la loro rabbia anti-ecologista, in quanto antimoderna. Da vari punti di vista, ha ragione: essere costretti a vendere la propria vecchia auto perché non si ha più i soldi per comprarne una nuova è antimoderno, così come lo è non avere il denaro per riscaldare la propria abitazione. Ma come si fa, a vivere da miserabili così? Non è accettabile, è colpa dell'antimodernismo; anzi è proprio antimodernismo. Se il cittadino medio francese fosse filosionista, scrivesse frescacce sui più importanti giornali occidentali, venisse intervistato come un maitre à penser da varie emittenti televisive, si facesse fotografare mentre fa finta di combattere, avrebbe tutto il denaro che gli serve per comprarsi un attico in Avenue Marceau o luoghi affini. Il tapino, invece, si fa filmare mentre prende manganellate vere dai "volonterosi carnefici" di Stato e dunque cosa pretende, anche di essere ricco?
       Un'altra fonte ci rivela invece che in Italia stanno calando anche i consumi alimentari, ma questo - afferma la cultura dominante - non è male, anzi significa la riconversione a una maggiore "qualità della vita", un'attenzione ai consumi selettivi, così come andare a cercare qualche avanzo nei cassonetti dell'immondizia è palesemente segno di una sana sensibilità ecologista. Basta con l'eccesso di rifiuti e di acquisti: austerità, sobrietà; valori su cui discutere in qualche cena altoborghese in un bel ristorante stellato da non meno di 200 euro a testa, vini esclusi.
       Una terza fonte, poi, ci dà definitivo conforto: fare il calciatore professionista in alcuni dei campionati europei più importanti rende più o meno come giocare in certi sport di massa statunitensi: stipendi annuali tra i 7 e i 12 milioni di euro, onde evitare che qualcuno possa pensare di trasformarsi in un "giubbotto giallo".
       Un tempo, le critiche a certi deliri economici dello sport professionistico si appuntavano sul negativo binomio panem et circenses. Ora i circenses sono rimasti e prosperano. Quanto al panem, si vedrà: per recuperarlo, ci vorranno o molta fortuna o molto coraggio. Però è positivo che la democrazia liberale abbia infine completato il suo ciclo storico e - più crea poveri e affamati (e ne crea ogni giorno, a bizzeffe) - più diventa oggetto di attenzione e amore. Time is on our side...

                                       Piero Visani





domenica 25 novembre 2018

Minima Accademica

      Per diletto, ogni tanto scrivo qualcosa. Per lavoro, mi occupo di tante cose, anche di revisioni editoriali, specie in ambito accademico. Posso garantire - anche se non molti mi crederanno - che i "capi espiatori" (al posto di "capri") si sprecano; poi non mancano le trade unions confuse con i traits d'union, e viceversa, e ad altri florilegi non faccio cenno, perché sto raccogliendo un'antologia, sul tema, e vorrei pubblicarla.
      Essendo notoriamente un dilettante e avendo sempre scritto libri di taglio giornalistico, a volte tiro qualche bel sospiro di sollievo per non essere mai riuscito a sfiorare - per manifesta insufficienza culturale - tanta splendida sapienza accademica.
       Quanto agli interventi sui congiuntivi, quelli richiedono un impegno diuturno, perché ormai sono come l'araba fenice, per cui la loro esistenza è formalmente nota, ma la loro irreperibilità pressoché totale e occorre riportarli alla luce, pagina dopo pagina, con un lavoro certosino.
      A volte, poi, mi chiedono di scrivere testi molto appropriati e compiuti, e me li rimandano indietro dicendo: "qui non si capisce niente!". E io - che ancora sono dell'idea che Napoleone abbia perso, e non vinto, a Waterloo - rinuncio ad ogni tardivo sogno di gloria e comprendo infine i miei gravissimi limiti. Non c'è gusto, in Italia, ad essere minimamente acculturati e, infatti, io neppure spero più "che me la cavo". Lascio doverosamente campo libero a cultura e sapienza!!

                        Piero Visani



mercoledì 21 novembre 2018

Ideali

       Ideale economicistico: "hai i conti in ordine, ma sei morto" (a me economicista, per la verità, questa implicazione funesta poco importa, perché i soldi tuoi me li sono presi io e ora brindo alla tua (ex)-salute).

       Ideale umano: "non dico che non vorrei pagare i miei debiti (ovviamente dopo aver accertato con estrema cura come li ho contratti), ma, per farlo, devo necessariamente sopravvivere. Altrimenti mi si condanna a morte non per senso di rigore e giustizia, ma semplicemente per impadronirsi della mia eredità".

       I fautori dell'ideale economicistico ci tormentano con le tiritere sulla loro "superiorità morale". A me non pare proprio, ma fate voi... A me basta che accumulino scientificamente dolore, ostilità e odio, che poi questi ultimi parleranno da sé. Molto eloquentemente, spero. Io attendo.

                       Piero Visani






                             

Piero Visani: Intervista a "L'Italia e il mondo"

Ringrazio l'amico Giuseppe Germinario per questa intervista al suo eccellente blog; intervista che tocca il tema dell'Europa e degli Stati nazionali.


http://italiaeilmondo.com/2018/11/21/europa-e-stati-nazionali-complessita-e-debolezze-intervista-a-piero-visani/?fbclid=IwAR1e9seRYDurdKtP5i9ZsGmCwCeETkkM5YfZYfv1hXu-EwVA-FchbaE8sZY


                               Piero Visani

lunedì 19 novembre 2018

Un libro per le prossime festività

       Non starebbe certamente all'autore dirlo, ma credo di potermi permettere di scrivere che il mio libro Storia della guerra dall'antichità al Novecento (Oaks Editrice, Milano 2018, 195 pagine, prezzo 18 euro, ma si trova anche scontato in varie librerie on line) potrebbe essere un bel regalo per parenti e amici che amino la storia, e la storia militare in particolare (anche se non è un libro tecnico), scritto in una modalità di facile lettura e di rapida fruibilità.
       Non è elegantissimo fare "marchette", ma chi conosce le questioni militari sa che si combatte con le armi che si ha a disposizione, non con altre. Piacerebbero a tutti i passaggi televisivi e radiofonici, le recensioni su grandi quotidiani, le presentazioni, etc. etc. Qualcosa sono riuscito a fare, anche con l'aiuto degli amici e dell'Editore; qualcos'altro ancora si farà e pare che le vendite non vadano male, ma credo che il mio libro - come piccolo dono per le prossime festività - potrebbe risultare gradito, anche perché non è affatto "pesante".
       Nel caso, io il suggerimento l'ho dato. Un grazie anticipato a chi vorrà accoglierlo.

                             Piero Visani



Come vive la gente

       Ci sono persone che mi sono simpatiche a prima vista, anche se non le ho mai viste e probabilmente mai le vedrò. Una di queste - la più recente, direi - è Jacline Mouraud, la signora francese di 51 anni anima e guida della protesta dei "giubbotti gialli".
       Di lei amo la concretezza, così lontana dalle fumisterie dei politici di professione e dalle cifre snocciolate ad hoc dagli economisti "embedded" (sapete quanti ce ne sono, vero...?). Non ho mai sopportato i discorsi su la società democratico-liberal-capitalistica come "il migliore dei mondi possibili" neppure quando qualche briciola dei suoi cascami me la garantiva. E vivevo discretamente, magari andandomi a cercare il lavoro nei posti e nelle attività più disparate, ma vivevo. Non avevo ambizioni di fare l'intellettuale organico, per cui difendevo la mia personale autonomia di pensiero senza leccare le terga ad alcuno, dunque non ricevendone incarichi, se non molto parziali, ma sbarcavo il mio personale lunario cercando lavoro ovunque fosse possibile trovarlo.
       Poi, ovviamente, la caduta: all'emarginazione politica si viene ad aggiungere - con lenta ma inesorabile progressione - l'emarginazione economica: attività un tempo fiorenti svaniscono, altre vengono vietate, altre ancora diventano mercati dove la concorrenza è talmente forte e aspra da azzerare i prezzi delle prestazioni e, in non pochi casi, anche la possibilità di essere pagati. Alla fine, restano solo quelle a convocazione politica e io a quelle non posso davvero ambire.
       Nessuno mi ha mai parlato di queste cose, nei suoi discorsi, salvo pochi amici fidati. Ma silenzio assoluto sul versante "borghese" e silenzio ancor più assoluto su quello politico, forse perché toccare certi temi pare di cattivo gusto.
       Jacline Mouraud, per contro, traccia un quadro personale realistico: molte attività, nessuna in grado di procurare un introito dignitoso perché tutte molto malpagate; tasse, spese varie, un progressivo impoverimento che porta le persone a vivere come underdog, nel "migliore dei mondi possibili". Gli apologeti di quest'ultimo ci cantano le lodi di un sistema attento all'ambiente, ai "diversi", ai migranti, alla salute individuale e collettiva, dimenticandosi solo di sottolineare che, se uno deve lavorare 12-13 ore al giorno per portare a casa - a fatica - un migliaio di euro al mese comincia a fregarsene bellamente del "migliore dei mondi possibile" e dei "massimi sistemi", semplicemente perché il sistema "minimo" in cui è immerso fa acqua da tutte le parti, fa schifo e non gli consente di vivere non dico in maniera dignitosa, ma men che dignitosa. E visto il numero di poveri assoluti che crea anno dopo anno, non gli consente nemmeno di vivere più.
       Ho avuto la fortuna di leggere e studiare molto nel corso della mia vita, per cui non ho ansie particolari: so che chi semina povertà, insoddisfazione economica, tristezza, dolore, disagio, non sta facendo qualcosa che potrà giovargli molto. Non dico a titolo personale, ma certo non gioverà al sistema che sta cercando di difendere. Così guardo e aspetto: ogni giorno di dolore e di sofferenza in più è un livello di rabbia, di volontà di riscossa e di vendetta in più. Chi semina vento, raccoglie tempesta, si dice. E chi semina dolore e miseria, cosa raccoglierà?. E, se in Italia questo non incide granché, sebbene noi siamo messi assai peggio di altri popoli, altrove magari non è e non sarà così, grazie a una superiore volontà di reazione.
       Vedo i ricchi e i boiardi di sistema che se la godono, sorridenti e autoreferenziali, e so che verrà il giorno che me la godrò io, o chi per me. La diffusione deliberata di miseria e dolore, spacciata per un grande operazione democratica e di correttezza economica è una responsabilità di cui dovranno rispondere in molti. Anche chi ora non ci pensa avrà la sua Norimberga, dunque un tribunale assolutamente democratico ed equilibrato...

                                        Piero Visani




Semplicità

     Alla fine, per naturale evoluzione, ogni tipo di rapporto diventa molto semplice e si trasforma nel più classico dei classici: "mors tua, vita mea", e viceversa.
      Ci stiamo avvicinando a discreta velocità a questo felice traguardo, ergo non ci resta che attendere, e preparare le nostre anime a questo favoloso ritorno alla più splendida essenzialità.

                             Piero Visani






domenica 18 novembre 2018

Giubbotti gialli e giubbotti arancione

       Dopo una breve abbuffata di "giubbotti arancioni", di bravi borghesi alla ricerca di qualche appalto da non condividere con alcuno se non con se stessi, il primato dei giubbotti, questa volta gialli, è tornato alla Francia, un Paese dove il numero dei borghesi leccaterga del potere pare un po' meno elevato che in Italia. Disordini, proteste, insoddisfazione, disperazione, che qualche giornalista di potere attribuisce ovviamente agli "esclusi dalla modernità", cercando così di gettare un po' di fango su dei poveracci che non possono - come lui - contare sulla benevolenza (non gratuita...) dei potenti.
        Personalmente, ritengo che ci siano pochi spettacoli più divertenti di classi dirigenti che si precipitano consapevolmente verso il disastro: hanno distrutto il proletariato, hanno distrutto la classe operaia, poi la piccola e media borghesia. Ora non gli resta che distruggere l'alta borghesia e sé medesime, e paiono ben decise a farlo. Quattro quinti della popolazione di un Paese hanno problemi ad arrivare alla fine del mese, devono affrontare costi sempre più elevati in ogni campo (perché è da quel tipo di tassazione che i potenti traggono la gran parte delle loro ricchezze), si vedono sbeffeggiati da tentativi di spacciare ogni pseudo-riforma (in realtà semplicemente una tassa in più) come "fatta per il loro bene" e ovviamente si adirano.
       Ieri, in Francia, sono scese in piazza trecentomila persone, ma, dal momento che il governo e la classe dirigente parigina non sanno fare altro che continuare a tassare e ad aumentare i prezzi di un po' tutto, non c'è da avere fretta. Non c'è da sperare, con Lenin, che saranno le classi dirigenti "a fornire la corda con cui impiccarle", ma basta attendere, guardare, da entomologi della politica, per rendersi conto che le classi dirigenti stesse non hanno il problema di modificare i loro comportamenti ma - molto più semplicemente - di comprendere che cosa stia accadendo. Tra feste, festini, ricevimenti e weekend in località di lusso, proprio non sanno (e non vogliono sapere) che cosa stia accadendo alla gente comune, anche perché - com'è ovvio - a loro della gente comune non importa alcunché. Se la benzina e il gasolio aumentano di poche decine di centesimi, loro manco se ne accorgono, visto che sono molto ricche oppure, se appartengono all'establishment politico, viaggiano in auto blu e sotto scorta. Il francese medio, per contro, vede ulteriormente erosi i suoi già scarsi redditi, vede che non riesce a pagarsi un'auto nuova, che non ha i soldi per pagare le centinaia di tasse e balzelli che complicano la sua già difficile esistenza, e deve dolorosamente constatare che la pressione fiscale non solo non diminuisce, ma aumenta. In un Paese, per di più, dove intere categorie di immigrati mai integrati pagano nulla e costituiscono e potenziano enclaves monorazziali e monoreligiose che stanno facendo della Francia stessa un Paese assolutamente irriconoscibile, che documenti ufficiali della Difesa, delle forze di sicurezza e dei servizi segreti giudicano ormai ingovernabile e a rischio sommovimenti di vario tipo.
       Non c'è spettacolo più dolce che vedere i disastri - a lungo previsti ed evocati - realizzarsi giorno dopo giorno. C'è un'intima gioia, in tutto questo, perché era stato facile prevedere che sarebbe avvenuto e ora infine sta avvenendo. Lentamente, ma inesorabilmente.

                                  Piero Visani




mercoledì 14 novembre 2018

Minima "turineisa"

       Alcuni amici americani, in visita a Torino dopo alcuni anni (ma nemmeno troppi) di assenza, mi fanno notare dispiaciuti, al termine di un giro insieme in centro tra "homeless" parcheggiati in strada, caterve di negozi chiusi e serrande abbassate, e quella solita aria a metà tra "Le miserie di monsù Travet" e il mondo sovietico: "Ce la ricordavamo con un'aria maggiormente well-off". "Vero" - rispondo io - "ma i poteri locali la amano così, a cavallo, come sempre, tra miseria e nobiltà. Tanto loro appartengono alla seconda, pur essendo orrendamente sine nobilitate. E comunque, ci salverà tutti la TAV". Non capiscono e mi guardano tra l'interdetto e l'inquisitorio. Loro, che amano interrogarsi quando sentono affermazioni che non capiscono: altri il quesito neppure se lo pongono. Vivono di certezze (e prebende) da "sistema Torino"...


                                  Piero Visani



"Ex captivitate salus"

      A quanto pare, le cose non vanno molto bene a Sinistra: "Liberi e Uguali" si è dissolta e "se Sparta piange, Atene non ride", viste le condizioni in cui versa il PD.
       Da "le lotte contro i padroni" a "La voce del Padrone": sic transit gloria mundi... e anche "Sì TAV", come le madamine di Torino (in quota PD) docunt: ci vogliono le grandi opere, per i grandi appalti. Se no, i nostri mariti come faranno...

                                Piero Visani





lunedì 12 novembre 2018

"The Young General"

       Leggendo le recenti dichiarazioni di un capo di Stato Maggiore della Difesa, mi è venuta in mente quella scena di "The Young Pope", la celebre serie televisiva di Paolo Sorrentino, in cui Lenny Belardo, in arte papa Pio XIII, rivela al suo sbalordito confessore (un'anima semplice, uno che crede che funzione e finzione non siano la stessa cosa) che lui non crede in Dio...
       L'arte, in genere, riesce sempre ad andare al di là delle ovvietà. E, in 19 anni di consulenza presso l'universo della Difesa, posso dire che di Lenny Belardo ne ho conosciuti tanti. Nulla di male: ci si spoglia della tonaca, e finisce lì. Mi auguro che la metafora sia chiara...

                        Piero Visani




                                    

sabato 10 novembre 2018

Un sabato torinese

       Di norma, sono assolutamente refrattario alla vita sociale. Sento già una quantità incredibile di idiozie per lavoro, immaginarsi doverle sentire anche per "divertimento". Tuttavia, un appuntamento di lavoro mi ha condotto proprio stamane nel centro di Torino. Avrei potuto cancellarlo, ma ho preferito non farlo: l'esperienza sul campo è preferibile a qualsiasi resoconto di prima o seconda mano.
       Mi sono così trovato in mezzo alla quantità di collinari e abitanti della Crocetta (e anche di altre zone, per carità, la "voce del padrone" arriva ovunque...) che convergevano verso la manifestazione "sì Tav". Premetto: non sono un "no Tav". Da tempo non ho più esigenze di niente. Ridotto da anni a vivere di espedienti dal fatto che le mie prestazioni non servono e non interessano ad alcuno, mi sono adeguato egregiamente (sapete, l'istinto di sopravvivenza...!), per cui del "sì Tav" o del "no Tav" non me ne può fregà de meno. Tuttavia, ho assistito a uno spettacolo interessante: orde di beneficati, con il giubbottino firmato del weekend, moglie o compagna al seguito, molti cani di razza (che sicuramente hanno moltiplicato il numero dei partecipanti, se non si fanno distinzioni anti-animalistiche, che sarebbero sgradevolissime e forse fuori luogo...), e quella bella aria - a cavallo tra il compitante e l'impegnato - che esibiscono tutti coloro che si sentono in linea "con lo spirito del tempo". Io, invece, per una volta fortunatissimo, quello Zeitgeist di purissimo guano non l'ho mai sentito o respirato e - refrattario agli ordini, alla voce del padrone e alla necessità di "rilanciare la città" dopo che il padrone l'ha abbandonata a se stessa, senza che essa, all'epoca, avesse minimamente osato fiatare - ho "disertato in avanti", come sempre: una soluzione (sintetica e sincretica) fra il volontario di altre battaglie e il militesente...
       "Cerea..."!

                          Piero Visani





giovedì 8 novembre 2018

Joanna Bourke, "Le seduzioni della guerra"

       Nel 2001, l'editore romano Carocci pubblicò, tradotto in italiano, un libro di una studiosa inglese, Joanna Bourke, il cui titolo originale suonava alquanto crudo: "An Intimate History of Killing. Face-to-Face Killing in Twentieth-Century Warfare, pubblicato a Londra nel 1999.
       L'originaria crudezza del titolo "Una storia intima dell'uccidere. L'uccisione faccia a faccia nella guerra del XX secolo" venne temperata, per il pubblico italiano, con "Le seduzioni della guerra. Miti e storie di soldati in battaglia", con una scelta che teneva conto di come - a livello politico-culturale - il lettore italiano adori le sodomie dell'anima (e anche quelle del corpo...), ma tema parecchio, ai limiti dell'insopportabilità, la morte non procurata con dolo, ma faccia a faccia.
       Si tratta, ancora oggi, di una lettura assolutamente consigliabile, anche per gli stomaci più deboli, perché - secondo la migliore tradizione britannica - nel libro si parla di ammazzamenti, uccisioni, sgozzamenti, etc. senza la minima concessione agli eufemismi, pure con qualche compiaciuto sadismo che qualche scioccherello "politicamente corretto" potrebbe anche trovare singolare in una donna.
       Il libro, estremamente documentato, ci pone di fronte non alla solita  galleria di banalità sugli orrori della guerra, ma indaga - con precisione direi entomologica - sui meccanismi psicologici, culturali e sociali che si attivano (o vengono attivati...) in particolare circostanze della vita umana e che talvolta sono sicuramente esogeni, ma talvolta sono assolutamente endogeni e ben presenti - da sempre - all'interno dell'animo umano. Non a caso, il libro suscitò parecchie polemiche in Gran Bretagna, poiché l'Autrice venne accusata dai soliti noti di compiaciuta descrizione di varie tipologie di crudeltà.
       A volte, quando sono assolutamente disgustato da ciò che vedo e sento quotidianamente, vado a leggere libri come questo, perché mi parlano della natura umana, quella vera, e non mi prendono in giro con melensaggini di quarta serie. Per fortuna, d'abitudine leggo seduto, ma questo non mi impedisce di sentire gravare sulle mie terga il carico di menzogne e di storie di distrazione di massa prodotte ad ogni piè sospinto dal "migliore dei mondi possibile". Una boccata d'aria - parziale e insoddisfacente - nel mentre quello "splendido mondo" sta cercando di fare a me (e a molti di noi) quello che Joanna Bourke almeno ha avuto il coraggio di descrivere senza infingimenti...

                       Piero Visani





martedì 6 novembre 2018

Ce lo chiede l'Europa...

       Questo mitico slogan - mai veramente contestato dal potere politico italiano e sempre usato per tacitare le spinte sovraniste - verrà riportato in auge e soprattutto messo concretamente in atto ora che la Corte di Giustizia europea ha sentenziato che l'Italia deve recuperare l'ICI non versata dalla Chiesa?
       Attendiamo curiosi, ma non fidenti, essenzialmente perché non abbiamo fede nella Chiesa e tanto meno nello Stato.

                   Piero Visani



La cappa

       I discorsi del presidente Mattarella in occasione del 4 Novembre e non pochi altri interventi di esponenti della casta politico-culturale che ancora grava su questo sfortunato Paese hanno avuto la splendida peculiarità di illustrare con estremo vigore quanto grande si sia fatto il distacco tra "Paese legale" e "Paese reale".
       Da una parte, il "Paese legale", con i suoi stanchi e sempre più vuoti riti, il suo cattocomunismo d'accatto, le sue cerimonie da sacrestia, i suoi sepolcri imbiancati, le sue mummie, le vittime delle guerre e le vittime di certe contiguità (à la Emanuela Orlandi...), il suo universo di (dis)valori in cui ormai si riconoscono in sempre meno, anche se quei sempre meno hanno occupato militarmente la società civile, mentre quelli che in teoria avrebbero dovuto loro opporsi gli facevano semplicemente il verso, presi in questioni di veline e olgettine, e di affari più o meno leciti.
        Dall'altra, il "Paese reale", quello delle nostre famiglie, dei vostri nonni e di mio nonno, preso prigioniero durante la Strafexpedition del 1916 ma sufficientemente onesto, dopo due anni di prigionia in un Paese nemico come l'Ungheria, da riconoscere che la popolazione ungherese, pur ridotta alla fame dal blocco navale praticato dagli Stati dell'Intesa contro gli Imperi Centrali, era umana al punto da risultare capace di dividere il pochissimo che aveva con i prigionieri italiani.
       Quel "Paese legale" ormai esiste SOLO per coloro che ne fanno parte e le sue stracche giaculatorie sembrano figlie di un'altra epoca a molti di coloro che sono costretti ad ascoltarle, con crescente, insostenibile disgusto. Ai più acculturati sotto il profilo filmico, sembra di stare dentro "La notte dei morti viventi". Ai più acculturati sotto il profilo politico-culturale, non posso dire che cosa sembra, perché non intendo beccarmi una querela.
       E i milioni di cittadini del "Paese reale", quando sentono le note de "La canzone del Piave", si emozionano, si commuovono, gioiscono, perché sanno che quella guerra terribile fu il completamento della nostra unificazione nazionale. I "sepolcri imbiancati", per contro, non riescono ad emozionarsi di niente e per niente, ma non è che di morti, guerre e uccisioni non se ne intendano, come cercano di farci credere.
      La cappa metapolitica che grava sull'Italia, tuttavia, è ai suoi colpi di coda, anche se molti devono ancora comprendere che, se non si crea una narrazione alternativa a quella dominante, i progressi verso questo inevitabile cambiamento saranno più lenti di quanto si possa auspicare. Ma i tempi stanno cambiando, e i NEMICI DELLA VITA non riusciranno a fermare questo processo, anche se faranno ogni sforzo per ritardarlo.

                   Piero Visani



Presentazione a Milano di "Storia della guerra dall'antichità al Novecento"

       Martedì 13 novembre, dalle ore 18,15 alle 20, presso la Sala dell'Associazione Nazionale Volontari di Guerra" (ANVG), via Duccio di Boninsegna 21/23 Milano, sarà presentato il libro di Piero Visani, Storia della guerra dall'antichità al Novecento, Oaks Editrice, Milano 2018 (195 pagine, prezzo 18 euro).
       L'intervento dell'Autore sarà preceduto da un'introduzione dell'Editore, professor Luca Gallesi.

                            Piero Visani



domenica 4 novembre 2018

Arditismo

       Nel tripudio "panciafichista" del 4 novembre, dove sicuramente emergerà che non c'è stata alcuna Vittoria e che il miglior contributo al completamento dell'unificazione nazionale è venuto da cattolici e socialisti, non mi unirò alle tirate retoriche in un senso o nell'altro. Dirò soltanto che la Grande Guerra ha avuto un merito, far emergere una delle migliori culture italiane, quella dell'arditismo, individualista, soggettivista, votato solo a quella che gli americani chiamerebbero "leadership by doing", cioè a quel concetto di disciplina e impegno per cui i capi sono tenuti a fare sempre meglio dei loro sottoposti, svincolato da ogni forma di burocrazia e di statalismo, e animato da una cultura non propriamente italica, quella del disprezzo per la morte, esito ritenuto di gran lunga preferibile alle vite di guano cui, dal 1861 ad oggi, ci hanno sempre condannato le classi dirigenti, anche quelle che promisero rivoluzioni e fecero Concordati con la monarchia e la Chiesa...
       E mi piace ricordare - a quelli che hanno emesso alti lai per alcuni orrori commessi di recente a carico dell'Altare della Patria e della tomba del Milite Ignoto - che la traslazione della salma dal fronte a Roma non fu, nell'ottobre-novembre 1921 - propriamente una passeggiata e la salma stessa dovette in parecchi casi essere difesa, manu militari, dagli atti ostili di quanti non parevano amarla granché.
       Fra i tanti motti che emersero in quel periodo, ne comparve uno al quale sono molto legato e cui ho votato la mia vita, non solo e non tanto ideologicamente, ma a livello di comportamenti personali. Non mi ha giovato, professionalmente e socialmente parlando, ma mi ha rallegrato spesso l'animo.

                                          Piero Visani







venerdì 2 novembre 2018

Il silenzio degli (non proprio) innocenti...

       E' chiaro che la perdita della TAV o quella dell'uscita dal cartello per le future Olimpiadi invernali sono deprivazioni - per Torino - ben più gravi della fuga all'inglese (anche fiscalmente...) della Fiat-FCA. Di fronte a quest'ultima - un colpo davvero non lieve per il capoluogo subalpino - il silenzio dei non innocenti era stato quanto meno assordante, un po' come quello dell'Agenzia delle Entrate di fronte a manovre elusive che - se le avesse fatte qualche società più piccola - sarebbero state fonte di infiniti guai.
        Mi sono sempre chiesto se la tanto sbandierata rivendicazione sabauda all'ubbidienza e alla gerarchia, alla disciplina e al rigido ossequio ai capi non sia frutto del fatto che, della classe dirigente della medesima, alle Forze Armate venissero destinati essenzialmente coloro che - da queste parti - vengono classificati con il termine "fulatùn", che non pare propriamente destinato alle intelligenze più brillanti. Ora che le Forze Armate, grazie a questi "eccellenti" apporti, hanno visto riconfigurato il loro ruolo sociale e politico (la vittoria - si sa - ha molti padri, mentre la sconfitta è orfana), il termine non è scomparso dal vernacolo locale e pare adattissimo a qualificare il livello della borghesia torinese post-bellica (e anche di quelle antecedenti, invero).
       E, in ogni caso, in una città antifascistissima e molto "democratica", questo culto dei capi che hanno sempre ragione, mentre gli altri un po' meno, è fantasticamente amusant. Mi ricordo sempre, della mia giovinezza torinese, le frequenti domande su "Lei come nasce?", prima di concedermi attenzione o un colloquio di lavoro. E ricordo altresì - con grande soddisfazione - lo stupore che si disegnava su certe facce (definitele voi, ad libitum) quando io, puntualmente, facevo riferimento al dipinto di Gustave Courbet, "L'origine del mondo". Lo ammetto, non sono mai stato disciplinato. Così, non ho contribuito a fare disastri e fughe all'inglese, e a darne la colpa ad altri. Non ho un futuro, ovviamente, ma nemmeno un passato da millantare come encomiabile.
       Sarà un caso, ma il titolo originale de "Il silenzio degli innocenti" è "The Silence of the Lambs". Ecco perché suggerisco sempre di guardare i film in lingua originale (con sottotitoli per chi ne abbia bisogno): chiarisce padronati, parentele, dipendenze, servilismi e connivenze...

                          Piero Visani