martedì 28 maggio 2019

Alto e basso

     Da vari profili di stampa, compreso quello del "Corriere della Sera" di oggi, emerge il fatto che il nuovo, giovanissimo leader del Rassemblement National francese, il ventitreenne Jordan Bardella, ha le idee chiare non solo su chi sia il nemico principale, ma anche su come combatterlo. Resto della mia idea - sicuramente non gradita a tutti - che siamo nel bel mezzo di una nuova lotta di classe.
       Bardella, di origini italiane, ha avuto il dubbio privilegio di vivere sulla propria pelle le colossali ingestioni di sofferenza, frustrazione e guano che le classi popolari sono costrette a praticare nella democrazia totalitaria odierna, e ciò gli ha fatto comprendere lucidamente dove non guardare per non ritrovarsele tutte sulla schiena: non a sinistra, non in alto, non tra le élites del finto umanitarismo e del fintissimo egalitarismo e dei diritti civili (loro...), ma in basso, verso il popolo, verso tutti coloro che non arrivano alla fine del mese per mantenere affamatori, tassatori (degli altri, ovviamente...), speculatori, finanzieri, etc. Tutti coloro che hanno rovinato le nostre vite per rendere più piacevoli le loro.
      Credo che le esperienze individuali più negative siano fondamentali nell'individuazione del nemico, perché chi trasforma le nostre vite in inferni laici NON E' UN AVVERSARIO POLITICO, E' UN NEMICO, cui guardare ovviamente con aristocratico distacco, ma non dimenticandone mai la natura perniciosissima e sicuramente distruttiva.
      Non sto lodando Bardella e tanto meno il suo partito. Dico che, almeno lui, parte da buone basi, dal valore fondamentale dell'esperienza...

                            Piero Visani



L'identità

       Bellissimo giudizio di Mario Sconcerti sul "Corriere della Sera" di oggi: la valutazione più chiara sull'operato di Allegri viene, più che dalle sue vittorie nelle "Coppe del nonno", dal fatto che la Juventus stia cercando un allenatore che ne rappresenti - per l'attenzione al gioco, alla corsa, all'intensità, all'impegno totale e continuo - la perfetta antitesi. A volte i fatti dicono molto più della diplomazia delle parole. Perché da vincere non ci sono i campionati "parrocchiali" (nell'accezione britannica del termine...), ma le sfide vere, quelle continentali e intercontinentali.

                         Piero Visani





lunedì 27 maggio 2019

Scenari

       Grande assente dell'ennesimo - e fastidioso - "ludo cartaceo": che fare del futuro di un "gigante economico, nano politico e verme militare"? L'unico problema dell'Europa odierna paiono essere i muri ai confini e l'ambiente à la Greta, più ovviamente la conservazione dell'esistente da parte di chi ha ancora i denari per poterselo godere e di chi ha un'età anagrafica per cui "la sua sicura sorte sarà certo la morte", per cui conservare è preferibile a marcire...
       Silenzio assoluto, per contro, sui problemi strategici, geopolitici, politici e di "massa critica" di un continente uscito ormai fuori dalla Storia e da tutto, che ambisce solo ad una serena pensione (per chi ancora l'avrà) e a una sempiterna vacanza, nel significato originale latino di "assenza", magari per fare un po' a botte in qualche località pseudo-trendy, ma al massimo in risse da strada, l'unico livello di conflittualità etilico-"pasticchico" che ancora conosca. Finis Europae.

                    Piero Visani






sabato 25 maggio 2019

(Anche) oggi un dio non ho...

       Circa un anno fa - molto imprudentemente - ho scritto che alle prossime elezioni europee avrei votato, rompendo un astensionismo personale ormai venticinquennale, per compiere una fondamentale scelta di campo. Nella mia ingenuità, non pensavo che mi sarei ritrovato nel campo dell'integralismo cristiano più becero, costretto a interpretare il ruolo - per me francamente ributtante - di Defensor fidei.
       Così, visto che fortunatamente ho molto da lavorare, passerò la mia domenica senza farmi tentare da distrazioni "cartacee", mantenendomi saldo nel mio "passaggio al bosco".
       Nella democrazia totalitaria moderna, non è che hai grandi margini di scelta. Tuttavia, consapevole del fatto che uno dei caratteri fondamentali della modernità è l'accelerazione temporale, il mio autentico terrore è di essere un diciannovista sansepolcrista che si ritrova, prima ancora di essere andato al governo, nel 1929 e nell'Italia del Concordato, dalla quale, peraltro, a me pare che non siamo mai usciti. Così, in tutta tranquillità, ho riflettuto sul fatto che (anche) "oggi un dio non ho" e che certi compagni di viaggio purtroppo te li ritrovi nelle terga, ma altri puoi ancora sceglierteli. Per cui vado a rileggermi Filippo Tommaso Marinetti e tanta altra splendida letteratura alternativa all'Italia e all'Europa dei rosari... Ho sempre amato il "passaggio al bosco"; quello al chiostro lo gradisco molto ma molto meno...

                         Piero Visani




martedì 21 maggio 2019

Sovranismo... amatoriale

      L' "incidente stradale" in cui perse la vita Joerg Haider non è stato un "messaggio" sufficientemente forte per i "sovranisti" austriaci della FPO, con in testa il vice-cancelliere Heinz-Christian Strache. Il "monito", all'epoca, era stato chiaro, ma il dilettantismo sovranista è ormai una costante in varie parti d'Europa.
       Abituati a giocare con le paure della gente, ma del tutto privi di un qualche senso del conflitto e/o del tragico, i due massimi dirigenti di quel partito si sono fatti "pizzicare" mentre, nel 2017 (!), facevano affari non necessariamente adamantini e tanto meno "sovranisti" (visto che avrebbero potuto danneggiare, in una certa misura, gli interessi nazionali) con una presunta (molto presunta...) ereditiera russa in una villa di Ibiza evidentemente affittata ma non "bonificata" da possibili, indebite presenze.
       Trovo divertente questo agire da "turisti per caso", alla disinvolta ricerca estiva di affari non propriamente adamantini e - chissà - magari anche di meretrici, nel caso fosse auspicabilmente possibile prendere "due piccioni con una fava"...
       Qualcuno - inspiegabilmente - continua a "parcheggiarsi" nella vita privo di senso dell'opportunità, di senso del tragico, della consapevolezza di avere nemici anche potenti, nella falsa convinzione di poter evitare tutto, con una trascuratezza che dovrebbe stupire, in politici navigati. Per contro, chi li vuole colpire registra, filma, prepara dossier e poi li tira fuori al momento più opportuno, con conseguenze disastrose per i diretti interessati.
       Non importa, nel caso di specie, chi abbia voluto colpire questi "sovranisti per caso". Stupisce il loro stare al mondo come politicanti di quarta serie, per nulla consapevoli del gigantesco scontro in atto, pronti a barattare un'idea (ammesso e per nulla concesso che ne abbiano una...) "per un po' di milioni" e per un po' di sesso (neppure garantito, a priori).
       Trovo preoccupanti lo squallore e la modestia del tutto, ma questa è la politica in Europa, oggi, e questo è il sintomo più grave di una fuoriuscita definitiva dalla Storia. Sovranisti o meno, sono tutti politicanti da strapazzo.

                             Piero Visani



giovedì 9 maggio 2019

"Gaudeamus igitur, Juven[tus] dum sumus"

       Non so che cosa sia successo, non so se la decisione sia definitiva. So che vedo le partite della Juventus da 5 anni e soffro, soffro sempre di più. Vedo la Champions League, l'Europa League, i Mondiali, gli Europei. Dunque sono un appassionato.
       Non ne capisco niente di calcio - diranno giustamente gli addetti ai lavori - però mi permetto di sottolineare che alcuni tra i più grandi allenatori della storia di questo sport NON hanno fatto il calciatore prima di sedersi su una panchina.
       Mi sono sempre chiesto, vedendo giocare la Juventus, come mai un certo signore ci fosse rimasto così a lungo: vinceva - è vero - ma come? Io non condivido il pensiero juventino/bonipertiano che "vincere sia l'unica cosa che conti". Tutt'altro. Penso che giocare bene, possibilmente molto bene, sia decisamente preferibile e conduca a vittorie vere, durature, non sul campo del Frosinone (con tutto il rispetto per il Frosinone e i suoi tifosi) o del Chievo (stesso discorso).
       In Europa, la Juventus di Allegri ha sempre sofferto, oltre che di cronica carenza di gioco, di mancanza di intensità, di corsa, di "garra", di partecipazione emotiva all'evento. Tant'è vero che, quando nel luglio scorso venne acquistato Cristiano Ronaldo, dissi a mio figlio - che ne è testimone - che "se il presidente Agnelli pensa di vincere la Champions League con CR7, ma tenendo Allegri, si sbaglia di grosso".
       E' facile essere facili profeti. Allegri ne aveva già perse due, di Champions League, aggiungendo allori alla lunga lista di insuccessi europei della Juventus, proprio perché - nel momento in cui, grazie alla presidenza di Andrea Agnelli, la squadra si dava consistenza economica, fatturati, marchi e ambizioni da squadra europea/mondiale di primissimo rango - si teneva un allenatore modestissimo, speculativo, privo di un'idea di gioco che non fosse qualche invenzione estemporanea e saltuaria, utile magari a vincere qualche partita o il campionato italiano, ma nulla più. Un allenatore che non pareva (e non pare) essersi reso conto che il calcio è cambiato, che non è un gioco semplice ma un gioco terribilmente tattico, e dove l'acquisizione costante di automatismi serve a fare tutto più in fretta e con meno errori.
       Le due splendide semifinali di Champions League di ieri e l'altro ieri, giocate con un'intensità formidabile da tutte le squadre coinvolte (fatta probabilmente eccezione per il Barcellona) dimostrano che nel calcio europeo si è da tempo aperta un'altra era e che, per esserne all'altezza, occorrano allenatori con idee meno datate e - come minimo - con almeno UNA idea di gioco.
       Se - come pare, anche se non è ancora certo - Allegri se ne andrà, si chiuderà una parentesi di brutture, utili per chi si contenta di scudetti e Coppe Italia, mentre ben altri sono i trofei da conquistare oggi e nel calcio del futuro. Serve qualcuno che conosca, ami e respiri l'aria totale e totalizzante della modernità, con i suoi ritmi intensissimi, i suoi allenamenti prolungati, i suoi schemi collaudati. Poi, certo, la palla può entrare o meno - come dicono i fautori del tradizionalismo calcistico, sempre ignorante, autoreferenziale e soddisfatto di sé, come lo sono sempre tutti gli stolti -. Ma il futuro ha bisogno di ben altro, ha bisogno di ossessioni, esasperazioni e tanta, tantissima "garra".

                          Piero Visani





mercoledì 8 maggio 2019

L'alieno (contento di esserlo)

       Sono nato ad Aosta nel 1950, da padre romagnolo e madre valdostana. Sono venuto a Torino a inizio 1956 e vi ho fatto tutto il mio ciclo di studi, fino alla laurea.
       Ho conosciuto la città e la sua borghesia all'inizio del ginnasio, quando aver respirato l'aria del liceo classico statale "Massimo d'Azeglio" non mi portò ad aderire all'antifascismo imperante colà, ma a iscrivermi alla "Giovane Italia", all'epoca l'organizzazione giovanile del Msi.
        Intendiamoci, ero più nazionalista e patriota che fascista, ma del liberalnazionalismo torinese detestavo il fatto che erano torinesi. Si respirava - nelle loro ristrettissime file - lo stesso aere che si respirava nelle (allora) austere aule del "d'Azeglio". Un'aria di conformismo, un fetore di stantio, un razzismo strisciante ma fortissimo ("lei come nasce? Dove abita? Cosa fa suo padre?"). E, una volta appurato che il sottoscritto non abitava né in collina, né in precollina, né in Crocetta, ma nelle vicinanze dello Stadio Comunale, cioè a cavallo tra i quartieri di Santa Rita e Mirafiori, lo si classificava subito nel ceto della piccola borghesia impiegatizia o - horribile dictu! - nella classe operaia, tanto amata a livello teorico dall'alta borghesia "illuminata" torinese, a condizione - ça va sans dire - di non doverne incontrare mai gli esponenti e tanto meno i figli. "Operaisti" sì, ma immaginari...
      Io poi - di famiglia piccolo borghese ma economicamente in ascesa, grazie alle doti di mio padre - portavo una seconda "stella gialla": ero un "fascista", dunque non meritevole di alcunché: né di inviti a feste né di favori sessuali (quest'ultimi, peraltro, elargiti - le rare volte in cui accadeva - con il senso sparagnino del risparmio che ha sempre caratterizzato il ceto dirigente cittadino, figlie del medesimo incluse).
      Acceso odiatore del conformismo, vedevo in costoro gli stessi soggetti che - in epoca staraciana, cioè nel passato regime - si sarebbero esibiti con "maschia baldanza" nel salto del cerchio di fuoco. Di conseguenza, ho seguito un percorso tutto mio, abituandomi a fare sempre tutto da solo, raccogliendo ampi elogi e promesse di carriera universitaria fino a che - io sono di indole molto futurista... - non feci un outing politico-culturale che mi costò tutto.
      Finii così, quasi per reazione, nell'ambito della Destra torinese, dove - accanto ad alcune eccellenti persone, che ancora oggi mi onorano della loro amicizia - mi ritrovai in un concentrato di "teschi di cazzo" (dire "teste" sarebbe soverchiamente benevolo) da cui presi rapidamente le distanze.
       Negli anni successivi, ho scoperto un universo subalpino di marginali (Costanzo Preve, Francesco Coppellotti, per non citarne che alcuni) che - come me - avevano vissuto, magari su altri versanti, le stesse esperienze e che avevano appreso a loro spese quale sia il peso del conformismo a Torino.
       Come loro, sono sopravvissuto abbastanza brillantemente. Nessuno mi conosce e non ho avuto medaglie al valore, ma neppure le ho cercate. Ma mi diverte vedere che la Torino che protesta contro l'editore di Casa Pound era totalmente silente quando Cesare Battisti veniva al Salone del libro a presentare le sue opere. E ancor più mi diverte vedere il governatore del Piemonte, Sergio Chiamparino, andare ai cancelli di quel poco che rimane degli stabilimenti della FCA e dover prendere dolorosamente atto che là "non ci sono più compagni, perché tutti votano Lega". Li avete bruciati tutti voi, con il vostro elitarismo codino, che rende aperto quello dei revenants dell'Ancien Régime. Chapeau!
       Se la Destra italiana non confondesse la politica con le tangenti e sapesse che cos'è la metapolitica e come la si sviluppa (ma forse questo è chiedere troppo, senza stringenti verifiche su Q.I. largamente inferiori al minimo), Torino sarebbe un bel terreno di sviluppo. Fiducioso come sono degli esiti della cosa, abito ormai da un quarantennio a Moncalieri...

                                  Piero Visani





martedì 7 maggio 2019

La legittimazione terminale

       A distanza di quasi 75 anni dal 1945, ci si aspetterebbe che la "Banana Republic" attuale avesse qualche altro successo di cui vantarsi: giustizia eccellente, criminalità sconfitta, economia efficace, lavoro per tutti e disoccupazione per nessuno, istruzione di qualità a tutti i livelli, corruzione zero, etc., etc. Per contro, è rimasto solo l'antifascismo, per di più esibito ed esercitato in assenza di fascismo (si rischia meno, dopo tutto...).
      Un risultato francamente miserevole, che - come sempre - privilegia la finzione alla funzione. I cittadini se ne sono già abbondantemente accorti, infatti riservano al tema la stessa attenzione che riservano alla guerra civile tra Cesare e Pompeo, presi come sono da sempre più urgenti problemi di sopravvivenza. La classe politica ancora non c'è arrivata, ma il consenso che raccoglie è in drastica riduzione. Un consiglio d'amico: e trovare elementi seri di legittimazione, invece che le solite farsacce sempre più datate? FARE qualcosa di concreto, invece che evocare regimi passati, morti e stramorti, solo per aver qualcosa da dire?

                                                  Piero Visani





Il riscaldamento globale

     "Se me lo avessero detto prima, che questo era il significato di 'riscaldamento globale', mi sarei preoccupato sicuramente di meno...".
       Ha lo sguardo furbetto e mi strizza l'occhio, il mio fornitore di prodotti energetici, mentre esegue l'ennesimo rifornimento dei medesimi. "Erano anni che non vendevo così a maggio, speriamo che duri!!".
      Dopo tutto, ogni frase ripetuta ad infinito diventa facilmente uno slogan e, in un mondo di [g]retini, l'eterogenesi dei fini non è rara.
      Mentre il mio fornitore di prodotti energetici si allontana molto soddisfatto della seconda versione  possibile dell'espressione "il riscaldamento globale", mi rifugio nel mio studio ad ascoltare "Life on Mars" di David Bowie: "spes ultima dea"...

                       Piero Visani






domenica 5 maggio 2019

Il silenzio degli ignoranti

       Il centrodestra torinese, impegnato a fondo per perdere le elezioni regionali, non ha fatto sentire la propria voce (ma ne ha una...?) sulla questione di Christian Raimo e i suoi tentativi di censura a carico di editori non di sinistra che parteciperanno al prossimo Salone del Libro.
      A parte qualche intervento di esponenti leghisti, sia a livello nazionale sia locale, silenzio assoluto, a non necessaria conferma del fatto che tra il Centrodestra politico e la cultura esiste un'incompatibilità di vecchia data, che non risale al mitico "Wenn ich Kultur hoere, entsichere ich meinen Browning", ma a più recente ignoranza crassa, esibita e rivendicata, più a una totale insensibilità per qualsivoglia problema metapolitico, che non rende strapuntini, ergo - come dice l'ormai non meno mitico presidente brasiliano Bolsonaro - è inutile, al pari della filosofia.
       Non contenti di un'esistenza marginale, sempre pronti a prendersela con il mondo che ce l'avrebbe con loro (senza che essi abbiano fatto mai alcunché per cercare di condizionarlo a loro favore), i centrodestri si preoccupano solo di poltroncine e strapuntini, cioè del massimo delle loro aspirazioni. Sono dei nani e - come diceva il buon Faber del suo non meno mitico nano - "un nano è una carogna di sicuro/ Perché ha il cuore troppo, troppo vicino al buco del culo"...
       That's the end, Folks.

                                Piero Visani