domenica 31 agosto 2014

Oportet ut scandala eveniant

       La vittoria non è mai troppo pedagogica; le sconfitte notoriamente insegnano di più. Però, assaporato ogni tanto, magari anche raramente, il gusto della vittoria non è male.
       Inoltre, può indurre a pensare sul perché si è vinto, e non il contrario, e anche quella è una riflessione pedagogica. Forse per reciproca inutilità? Se così fosse, sarebbe stupendo. Quando nessuno vuole niente dall'altro, intese profonde sono possibili. La nostra dichiarata inutilità ci avvicina. Non serviamo a niente. Serviamo a noi.
       Si può essere tutto scegliendo di essere deliberatamente nulla. L'asocialità, anzi l'outwordliness, come scelta di felicità. Non valiamo reciprocamente nulla, o forse valiamo tutto.
       Liberi, liberi e non demenzialmente borghesi.
       Sofisti per caso e per consapevolezza. Forse surfisti sulle onde della vita. Ma mai in equilibrio, sempre dannatamente squilibrati. Mai ragionieri, sempre biscazzieri. Mai ordire, sempre ardire. 
       Grande divertimento. Oltre. Per dare scandalo. Quasi evangelici: oportert ut scandala eveniant...

                           Piero Visani

Covert Operations

       Il 31 agosto 1997, sotto il ponte dell'Alma, a Parigi, venne portata a compimento - dall'MI6 e dal SAS (Special Air Service), o da membri "deviati" della due organizzazioni - una "brillante" operazione a carico di Lady Diana Spencer e del suo compagno Dodi Al-Fayed. Nel corso dell'operazione, muore anche l'autista della Mercedes su cui viaggiavano i due, mentre sopravvive la guardia del corpo di Al-Fayed, Trevor Rees-Jones, ex-membro del 1° Battaglione del Parachute Regiment.
      A parere di chi scrive, l'intera operazione venne condotta in perfetto "stile SAS", vale a dire un'esecuzione mirata, molto attenta tuttavia a cercare di salvare la vita dell'unico ex-militare britannico presente sull'auto oggetto dell'attacco. Obiettivo che venne colto e che - a ben guardare - costituisce una autentica "firma", aspetto sempre stranamente trascurato dagli inquirenti. Tutto questo molto prima che emergessero inquietanti particolari e testimonianze sul coinvolgimento dello "Special Air Service" nell'intera vicenda.
       Nessuna certezza, ovviamente, ma "certi non piccolissimi sospetti"...

                                               Piero Visani


Foto: COVERT OPERATIONS

Il 31 agosto 1997, sotto il ponte dell'Alma, a Parigi, venne portata a compimento - dall'MI6 e dal SAS (Special Air Service), o da membri "deviati" della due organizzazioni - una "brillante" operazione a carico di Lady Diana Spencer e del suo compagno Dodi Al-Fayed. Nel corso dell'operazione, muore anche l'autista della Mercedes su cui viaggiavano i due, mentre sopravvive la guardia del corpo di Al-Fayed, Trevor Rees-Jones, ex-membro del 1° Battaglione del Parachute Regiment.
A parere di chi scrive, l'intera operazione venne condotta in perfetto "stile SAS", vale a dire un'esecuzione mirata, molto attenta tuttavia a cercare di salvare la vita dell'unico ex-militare britannico presente sull'auto oggetto dell'attacco. Obiettivo che venne colto e che - a ben guardare - costituisce una autentica "firma", aspetto sempre stranamente trascurato dagli inquirenti. Tutto questo molto prima che emergessero inquietanti particolari e testimonianze sul coinvolgimento dello "Special Air Service" nell'intera vicenda.
Nessuna certezza, ovviamente, ma "certi non piccolissimi sospetti"...

L'armistizio di... Cherasco - 2

       Qualche amico personale mi ha benevolmente rimproverato un certo eccesso di sincerità nel primo post avente questo titolo. Se c'è stata, non la temo. Mi sono semplicemente dedicato a riferire di alcune emozioni, le mie, senza intenti pedagogici, né in positivo né in negativo. Tutto qui.

                  Piero Visani

sabato 30 agosto 2014

L'armistizio di... Cherasco

       Cena nei pressi di Cherasco (CN).
       Prima di arrivare al ristorante, sosta nella mitica pasticceria Barbero, sotto i portici del centro, a fare il pieno di delicatezze varie.
       Sensazione strana: sono venuto qui a comprarle, per un certo periodo, a una persona che sapevo gradirle molto, alla quale intendevo dimostrare tutto il mio attaccamento. Mi sobbarcavo un po' di chilometri, ma lo facevo volentieri, per darle un segno del mio affetto.
       Nulla di quella vicenda è andato come pensavo e speravo, e la cosa mi ha ferito non poco. Ero già tornato una volta, alla pasticceria Barbero, a fare altri acquisti, e la cosa non mi aveva fatto bene.
       Stasera, per contro, per la prima volta non soffro. Prendo atto. Ho fatto e detto tutto quello che ritenevo giusto. Non mi ha giovato, ma mi sento molto meglio ora, che sono da tempo del tutto uscito dalla vita di una persona cui tenevo, che quando vi ero presente a mezzo servizio.
       Detesto le comparsate, i cameo e i deuteragonismi. Non essendo potuto essere protagonista, mi va bene così, ormai da tempo proiettato su nuovi palcoscenici, da mattatore, come mi si conviene.
       Tuttavia, avevo faticato a farmene una ragione. Stasera no, stasera tutto mi ricorda il passato, a cominciare da quello che sto comprando, ma non ho rimpianti: ho giocato la mia partita al meglio, l'ho persa, ho elaborato il lutto e ora mi sono iscritto ad altri campionati. Sereno e fiducioso. Ho bisogno di sentirmi apprezzato. Se sono persona non grata, giusto uscire di scena..
            Mi aggiro divertito tra quei vecchi arredi, quell'aria di altri tempi, e compro quello che mi attira di più, pensando a un nuovo soggetto cui quelle dolci piacevolezze potrebbero fare infinito piacere.
        Da storico, la memoria dei luoghi si leva verso di me e mi fa ricordare che questa splendida cittadina fu, nell'aprile 1796, la località in cui Napoleone Buonaparte impose la volontà della Repubblica Francese al Regno di Sardegna, le cui forze aveva sconfitto sul campo, costringendolo a firmare l'omonimo armistizio.
      La reminiscenza mi induce al sorriso: ecco, qui a Cherasco, sui luoghi di eventi miei personali precedenti, ho finalmente fatto un armistizio (se non propriamente una pace) con me stesso e con il mio recente passato.
       Sogghigno tra me e me: la grande Storia che si incrocia, in un luogo simbolico, con la mia piccola storia di uomo appassionato e deluso nelle sue passioni. Singolare coincidenza, utile a segnare la chiusura di un capitolo. Per rimirare le proprie cicatrici, constatarne la guarigione e guardare fiduciosamente avanti, sapendo che, se per alcune persone si vale niente, per altre si vale molto. E io sono un soggetto estremamente orgoglioso, non un figurante.

                   Piero Visani

giovedì 28 agosto 2014

Letture

       Sto leggendo - tra i 20 libri che leggo contemporaneamente, perché sono troppo curioso di varie tematiche per leggerne uno alla volta - un'opera di grande spessore di uno scrittore militare che apprezzo, Ian Knight. Si intitola "Zulu Rising. The epic story of Isandlwana and Rorke's Drift" (Macmillan, London, 2010) e copre la guerra Anglo-Zulu del 1879 e in particolare due scontri che sono stati oggetto di celebri film.

       L'approccio è equilibrato e bilanciato, non "coloniale". Lo consiglio, specie a chi - come me - è molto interessato a quel conflitto.

                                     Piero Visani


Foto: LETTURE

Sto leggendo - tra i 20 libri che leggo contemporaneamente, perché sono troppo curioso di varie tematiche per leggerne uno alla volta - un'opera di grande spessore di uno scrittore militare che apprezzo, Ian Knight. Si intitola "Zulu Rising. The epic story of Isandlwana and Rorke's Drift (Macmillan, London, 2010) e copre la guerra Anglo-Zulu del 1879 e in particolare due scontri che sono stati oggetto di celebri film.
L'approccio è equilibrato e bilanciato, non "coloniale". Lo consiglio, specie a chi - come me - è molto interessato a quel conflitto.

A volte ritornano

       Il "Corriere della Sera" di oggi testimonia di un brillante ritorno sulle scene e al successo di Kate Bush. Quando fece la sua comparsa, nel lontano 1970, ricordo che amai profondamente la lucida follia di scrivere e cantare una canzone dedicata a "Wuthering Heights", sebbene i produttori discografici ne avessero preconizzato il totale insuccesso. E infatti...
       Singolare come l'innovazione non sia mai amata. Gli umani, specie quelli soverchiamente legati al denaro, amano il noto, mentre solo l'ignoto - qualunque forma di ignoto - ha interesse ai miei occhi. Mi tiene lontano dalla mia più costante e fedele compagna: LA NOIA...

                                       Piero Visani

Sense of humour

       Il governo italiano si è impegnato ieri ad effettuare "tagli massicci" per affrontare i problemi di bilancio. Siccome il debito pubblico ha accelerato la sua crescita anche negli ultimi tre anni, quando le politiche di austerità (per i sudditi, ovvio, mica per i governanti...) si sono accentuate fino al punto da far letteralmente "saltare" l'economia, sono curioso di vedere cosa succederà ora. Nulla temo, se non tanto "arsenico e vecchi belletti" (libera variazione...).
       Tuttavia, con 3-4 suicidi al giorno per disperazione economico/fiscale e un numero anche superiore di chiusure definitive di aziende, l'autunno si annuncia sicuramente interessante: ad esempio, come faranno in molti a mangiare, ad alimentare le loro famiglie, a riscaldare le loro case?
       Si stanno formando legioni di disperati. Che questa cosa sia priva di conseguenze è un "wishful thinking" da "beati possidentes". Ma come sarà la realtà? Chi dovrà soffiare sul fuoco per disperazione e chi arriverà, magari da Paesi lontani, a invitare a farlo, munito di argomenti persuasivi e finanziamenti ancora più persuasivi?
      L'Unione Europea ci ha garantito la pace? Forse, ma quella dei cimiteri, in tutti i sensi...

                          Piero Visani

mercoledì 27 agosto 2014

Spiagge

       L'acqua.
       Le stelle.
       La spiaggia ormai vuota; vuota di voci, di suoni non propriamente eufonici, di presenze.
       I miei passi sulla sabbia. Mi lascio scivolare, perplesso, "in momenti vissuti di già".
      Certo, ma quando? Quanto tempo fa? Anni, decenni, secoli?
      Tutto appare immutabile, intorno a me, ma non immutato. Inoltre, sono cambiato io. La mia disponibilità alle manfrine e agli inganni si è fatta ridotta, limitatissima.
       Ho poggiato i piedi su quelle fini arene - poco importa se di Forte dei Marmi, Varigotti, San Remo o di esotiche spiagge straniere - alla ricerca di storie vere, ma quante ne ho trovate? Menzogne, esitazioni, transazioni, piccoli commerci di anime e corpi.
       Mi sono estenuato, in questi percorsi, ma non per fatica, per noia. Ora preferisco stare solo, o in compagnia di una donna vera (qualcuna esiste ancora) o di una mercenaria dichiarata. Quelle traslate - a dirla proprio tutta - mi hanno stancato e la mia età e la mia conoscenza della vita infine mi consentono di scegliere.
       Sarà per questo che stasera, su questa spiaggia densa di ricordi di una vita, sono immensamente felice: ora posso scegliere tutto ciò che mi piace, e farlo a titolo perfettamente gratuito, non oneroso. E distribuire rifiuti a mia volta. Così, per pareggiare i conti. Le vendette sono piatti che si consumano freddi e l'invecchiamento di un uomo - un uomo molto attento alla cura del proprio fisico - è infinitamente più lento di quello di molte donne.
       "Voglio ridere..." e il resto della canzone potete ascoltarlo da soli.

                               Piero Visani

Il "reale"


       E' palese che non ho mai creduto al "reale", che non mi sono mai interessate definizioni di "realtà".
       Ho una mia teoria al riguardo, e la espongo in breve: gran parte della "realtà" che ho visto, in lunghi decenni di vita, mi faceva e mi fa francamente VOMITARE. Né ho avuto alcunché che mi tenesse legato a quel "reale": vantaggi, prebende, consolazioni, soddisfazioni? Nulla di tutto questo.
        Per me il reale era una continua declinazione di secchiate di guano provenienti dalle più diverse direzioni. Ergo non lo amavo, capite?
       Dunque sono dispostissimo ad ammettere che gli amanti della "realtà" siano attaccatissimi ad essa perché le sono debitori di qualcosa, che li ha in qualche modo soddisfatti, gratificati, ricompensati. Buon per loro.
       A me non è successo e - se è successo - nulla di tutto quello che ho avuto era lungi dal soddisfarmi, magari per delirio di onnipotenza, lo ammetto.
     Dovrei dunque essere attaccato al "reale" e pensare che sia "vero"? Io ho solo visto un reale "a geometria variabile", in cui tutto ciò che per me avrebbe potuto essere vagamente "realtà" veniva di continuo modificato per trasformarsi in "realtà" che fossero più vicine ai sogni, alle ambizioni, ai gusti, alle esigenze di altri. E io, nelle loro realtà, non ci volevo stare, ma in genere, prima che ne uscissi di mia spontanea volontà, mi avevano già cacciato a pedate, di loro iniziativa, a meno che non avessi dato prova di accontentarmi di un ruolo residuale, di quel "reale" in versione "base", dunque senza alcun tipo di accessorio, che avevano tanto "amorevolmente" predisposto per me.
       Così, sebbene cresciuto in quello che tutti chiamavano l'Occidente "civile e illuminato", io quel "reale" l'ho sempre odiato, lo odio e lo odierò, così come mi fanno sorridere certi discorsi su determinati soggetti cresciuti in una realtà che altri - sulla base dei loro personali metri di giudizio - giudicano "il migliore dei mondi possibile", mentre a me appariva francamente il peggiore.
       Ecco perché ho cominciato a interessarmi della virtualità, e della "virtualità reale". Per seminare degli indizi precisi di modo che non si possa scrivere - se mai dovessi meritare un "obituary", ma sinceramente non credo... - che viveva nel "paradiso terrestre" e - non si sa come mai - gli faceva orrore. Sì, mi faceva e mi fa orrore, ma sto cercando di spiegare perché.

                     Piero Visani

martedì 26 agosto 2014

L'energia dispersa

       Si può rimpiangere l'energia dispersa? Dipende da chi e perché? Io ne ho dispersa molta, in vita mia, ma l'ho fatto per amore e in buona fede, salvo scoprire che forse non avevo trovato altrettanto amore e ancor meno buona fede. 
      Per un po' ci sono stato male, per un po' ho recriminato. Poi ho cercato e trovato il modo di non disperderla. Se uno parte dal principio che quello che non trovi oggi puoi trovarlo domani, non occorre fare altro che continuare a cercare. Fino a che non trovi.

                    Piero Visani

lunedì 25 agosto 2014

Il numero è potenza


       Ci fu chi, in passato, venne sbeffeggiato atrocemente per una frase che conteneva invece una verità profonda, quella per cui il numero è realmente potenza.
       Certo, molto dipende dalle dimensioni di quel numero, ma provate a pensare il danno che farebbe - ad esempio alla Cina - un attacco nucleare massiccio: alcune centinaia di milioni di morti, a volerli davvero sovrastimare. E i circa 900 milioni/un miliardo di cinesi che sopravviverebbero, pensate che sarebbero ragionevoli o vagamente irati...?
       Lo stesso ragionamento può valere quando si straparla di "terrorismo islamico": per quale ragione ricorrere a una pratica che spesso crea il vuoto intorno a chi la usa, quando ad esempio l'Europa si riempie giorno dopo giorno di devoti musulmani, con un tasso di natalità molto superiore a quello degli europei?
       Sarà il tempo a fare il suo corso e a stabilire i nuovi rapporti di forza. E LA FORZA - come sempre - AVRA' RAGIONE SU QUALSIASI ALTRA CONSIDERAZIONE, perché è una delle componenti fondamentali di tutte le dinamiche di conflitto (politico, militare, economico, etc.).
       Ovvio che si può e si deve dissentire da queste mie parole, ma non bisogna mai dimenticare che i "pacifici" sono assai diversi dai "pacifisti" e che un impero come quello romano è durato secoli non trascurando mai troppo l'aureo principio per cui "si vis pacem, para bellum".
       Il vero problema, semmai, è che, dopo la lunga guerra civile della prima metà del Novecento, l'Europa è stata mentalmente e culturalmente castrata perché non potesse più dare in alcun modo fastidio ai suoi nuovi padroni - USA e URSS, all'epoca - e che ora avrebbe bisogno di una profonda riflessione politica, metapolitica e geopolitica per tornare ad essere quello che dovrebbe essere, una "comunità di destino".
       Purtroppo, essendo governata da ascari degli Stati Uniti, non potrà porsi un obiettivo del genere se non si affrancherà in qualche modo dalla loro ingombrante presenza, ad esempio puntando lo sguardo verso Est e verso la Russia, ma è difficile pensare che questo possa essere fatto da quell'aborto pseudopolitico che è la UE. Nel frattempo, però, i suoi equilibri demografici interni continuano a mutare e certamente alcuni Paesi, nel suo ambito, potrebbero presto inglobare una componente islamica sempre più numerosa. E il numero - come si diceva all'inizio - è potenza e la natura ha orrore del vuoto, di qualunque forma di vuoto.
       Chiamarsi fuori dalla Storia è stato un errore tragico: chi non possiede eserciti propri, è naturalmente destinato ad "ospitare" sul proprio suolo eserciti altrui. Finis Europae, un tempo con la pancia piena, ora povera, vecchia, imbelle e senza futuro. Le civiltà muoiono, proprio come gli esseri umani, e quella europea è alla fine, anzi oltre la propria fine. E' già morta.
Una speranza, tuttavia, a mio giudizio ancora la nutre, da "cadavere in (relativa) buona salute": giocare una partita nuova, fuori dai vecchi schemi, guardando ai disperati del mondo come a un'opportunità, non come a un pericolo. Ma occorre fare tabula rasa di tutto ciò che fino ad oggi abbiamo pensato in forma antagonistica, per iniziare a pensarlo in forma sincretica. Obiettivo estremamente stimolante, ma da classi dirigenti accorte, acculturate e amanti del rischio. Voi ne vedete...?

                      Piero Visani

Essere e tempo

"Il tempo è la sostanza di cui sono fatto. Il tempo è un fiume che mi trascina, ma io sono il fiume; è una tigre che mi sbrana, ma io sono la tigre; è un fuoco che mi divora, ma io sono il fuoco" (Jorge Luis Borges, "Nuova confutazione del tempo").

domenica 24 agosto 2014

Il meglio di sé

       Nei rapporti umani, è sempre preferibile dare il meglio di sé. E' un principio cui mi attengo dall'adolescenza. Se poi non basta mai, o no basta quasi mai, uno comincia a interrogarsi, nell'ordine, su:
- se il meglio di sé faccia schifo (ipotesi più probabile);
- se il meglio di sé non susciti l'interesse di alcuno (ipotesi non meno probabile della precedente);
- se dare il meglio di sé non sia per caso un grave errore, in un mondo avaro, gretto ed autoreferenziale;
- se ci sia un grave fraintendimento sulla definizione de "il meglio di sé", che lo scrivente interpreta come "il meglio delle proprie qualità individuali", mentre i più interpretano come "il meglio che possiamo cavare - a nostro vantaggio - da te".
       Alla fine, visto il negativo risultato dei miei sforzi di dare costantemente il "meglio di me", ho pensato di farmene una ragione, di non perdermi d'animo per così poco e di tenermi care - molto più care di quanto non facessi un tempo - quelle 25 persone che del mio tentativo di dare il "meglio di me" qualcosa paiono comunque apprezzarlo.
       Non è una ridefinizione degli obiettivi - come qualcuno potrebbe erroneamente pensare - ma è una ridefinizione delle finalità: un tempo cercavo ingenuamente consensi anche là dove, in cuor mio, sapevo di non poterli trovare, forse per un malinteso spirito missionario, oppure - più verosimilmente - per pulsioni superomistiche. Ora ho del tutto rinunciato a spingermi in partibus infidelium. Sono sopravvissuto - è vero - a molti tentativi di massacro, ma non è il caso di tentare la sorte più di tanto. Sto con chi simpatizza con me. Agli altri non mancherò certo, anche perché, se avessero voluto darmi in qualche modo prova del loro apprezzamento, avrebbero avuto tutto il tempo per farlo. Senza dimenticare che su natura, misura ed entità di tale apprezzamento non sono solito accettare decisioni che non mi vedano coinvolto in forma paritetica. La mia figura preferita è "l''oltreuomo" nietzscheano, non il cicisbeo.

                                             Piero Visani

sabato 23 agosto 2014

Don't worry, be happy

       Negli ultimi giorni, forse a seguito di qualche post, alcuni amici di Facebook mi hanno espresso - talvolta in forma ironica, talvolta in forma seria; a volte privatamente, a volte pubblicamente - la loro preoccupazione per talune mie prese di posizione, che evidentemente essi hanno considerato "sopra le righe".
       Innanzi tutto li ringrazio per questa loro preoccupazione, che può avere varie motivazioni, ma che mi fa sempre e comunque piacere. Poi però vorrei chiarire il mio pensiero.
       Per carattere, sono refrattario alle prese in giro e agli atti di ostilità. Non ho problemi con gli atti di ostilità aperta, in quanto è del tutto normale e legittimo che molte persone mi siano ostili. Ho invece molta prevenzione nei riguardi delle congiurette, delle fregaturine, dei tentativi di prendersi gioco della mia grande disponibilità personale e umana.
       Inoltre sono molto ma molto ostile a chi attenta alla mia personale ricerca della felicità. Sono molto ostile, da sempre, alla società in cui vivo, che mi ha costretto a moltissimi cambiamenti professionali nel corso della mia esistenza: non ho potuto diventare docente universitario perché, nell'università di Torino, all'inizio degli anni Settanta, non avevo un pedigree di Sinistra.
       Quando ho aderito alla Nuova Destra, sono finito dritto nelle fila dei reietti e dei paria, degli "esuli in patria". E ci sono rimasto a tempo indeterminato.
        Quando ho lavorato per le istituzioni, ero sempre quello che non legava l'asino dove voleva il padrone.
       Ho pagato molto caro tutto questo. Dovrei amare chi me lo ha fatto pagare? Con il tempo, mentre tutti mi dicevano e mi chiedevano di cambiare, la mia ostilità è aumentata, perché non intendevo vendere la mia libertà ad alcuno.
       Mi sono arrangiato, mi sono inventato mille mestieri, e sono rimasto libero.
       Dovrei essere grato a qualcuno per questo trattamento? Dovrei amare la società occidentale? Dovrei farmene difensore? Aggiungete a questo che sono radicalmente anticristiano, e il quadrò sarà completo.
       Non c'è da preoccuparsi, per me. Io non sono quel che sembro. Io non sono mai quel che sembro. Non sono alla ricerca di rivincite. Semmai, sono alla ricerca di vendette.
       Di natura, non sono per niente velleitario e tendo a farmi i fatti miei, ma mi sarà consentito almeno sperare di poter un giorno non dico pareggiare i conti, ma tentare di farlo. Se ne avrò l'occasione, tenterò.
       Non c'è nulla di rivoluzionario, distruttivo o iconoclastico in tutto questo. C'è solo - come ho scritto eloquentemente ieri - il terzo principio della dinamica (comportamentale): "ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria" . Io ritengo di essere stato oggetto, in vita mia, di molte azioni negative da parte di soggetti pubblici e privati. Dove ho potuto, ho pareggiato subito i conti; dove non ho potuto, mi riservo di farlo se e quando sarà possibile.
       Tutto qui, tutto molto semplice. Ci sono persone che - del tutto legittimamente - giudicano questo mio atteggiamento come molto distruttivo. Io lo ritengo invece pienamente costruttivo e del tutto adatto a me e al mio carattere. Mon Pays [e non solo lui...] m'a fait mal. Dovrei accettarlo in silenzio e senza reagire? Non fa per me. Sono vecchio, debole, povero e inerme, ma la volontà di combattimento non mi manca. Farò la fine di chi ha scritto le parole che ho testé citato, cioè Robert Brasillach? Può darsi, ma l'importante è esserne consapevoli. E' un'opzione, una delle tante possibili. Ma non intendo essere sempre io a subire in silenzio. Non ho la mentalità del vinto o del servo. Ho quella del ribelle.

                   Piero Visani

venerdì 22 agosto 2014

Il terzo principio della dinamica... comportamentale

       A ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Qualche falsa simpatia in meno, molte soddisfazioni in più...

                     Piero Visani

Lunapop


       Una delle peculiarità di questa estate alquanto anomala è che, in ambito televisivo, sono stati mantenuti in vita alcuni talk show, che sicuramente fanno ascolto grazie al fatto che la maggior parte degli italiani le vacanze ormai le vede con il cannocchiale.

       Guardarli equivale a fare un tuffo dentro una nota canzone dei Lunapop.
       L'incipit è sempre di natura causale, sulle sorti di questo sfortunato Paese: "Cos'è successo, la tua luce, la tua luce si è oscurata"...
       Eh sì, perché - a quanto pare - un tempo eravamo ricchi e felici, mentre ora siamo poveri e tristi. E segnare con forza il distacco sicuramente eleva gli indici di ascolto.
       Il problema, però, nasce in relazione alle cause per cui "la luce si è oscurata". Su questo tema fondamentale: silenzio, circonlocuzioni, omissioni, amnesie. La crisi - nessuno ha ovviamente il coraggio di dire le parole esatte: "declino irreversibile" - non ha cause e tanto meno ha padri, certamente arriva da fuori e ha travolto un Paese che, dalle ricostruzioni causali degli "esperti" che popolano i talk show (quante braccia sottratte all'agricoltura, lasciatemelo dire!), era ricco, felice, fortunato, sereno e ottimista per il proprio futuro. Sulle motivazioni reali, silenzio assordante...
A quel punto ti guardi intorno, trasecoli, cerchi solidarietà nei familiari che stanno guardando con te la tv, poi ti chiedi se questi "esperti" ci sono o ci fanno, se davvero non capiscono una mazza, come pare, o pensano semplicemente a salvarsi le terga con analisi da asilo infantile di ipodotati, e a quel punto non ti resta che rifugiarti nelle capienti braccia di Cesare Cremonini, che sarà solo un songwriter, ma pare smentire decisamente la nota analisi della madre di Guccini sul valore di un laureato rispetto a quello cantante: è vero, "c'è qualcosa di grande tra di noi, che non potrai cambiare mai, nemmeno se lo vuoi" ed è la vostra insulsa, esibita e pienamente autosoddisfatta coglioneria, quella che non vi fa capire mai niente di niente o vi induce ad occultarlo per pararvi il didietro.
Ti viene allora in soccorso un verso di Enrico Ruggeri:

"Approssimative ma incrollabili convinzioni,
gli uomini piccoli non riescono ad entrare nelle canzoni".

Ed è un peccato, perché - come ho appena dimostrato con i Lunapop - la realtà ci entra benissimo, con estrema naturalezza. Sarà per quello che gli "uomini piccoli" non capiscono mai niente... o fingono comodamente di non capire...

                        Piero Visani

giovedì 21 agosto 2014

Autocompiacimento

       Sono belli quei giorni in cui fai un bilancio a breve e medio termine di quello che hai fatto negli ultimi anni e ti senti pervadere da sentimenti e sensazioni assolutamente positivi. E' vero, è tutto molto difficile intorno a te, però sei riuscito e continui a riuscire a passare attraverso tutto esattamente nel modo in cui avresti voluto farlo, vale a dire continuando a rimanere te stesso.
       Ti è stato chiesto di cambiare, e hai risposto no, com'era era giusto che facessi, in conformità alla tua natura.
       Ti è stato chiesto di mediare, e hai risposto no, come fai sempre in casi del genere.
       Ti è stato chiesto di adattarti e hai risposto con una fragorosa risata.
       In definitiva, pur in mezzo a "fulmini e tempeste", ti sei parecchio divertito. Forse sentivi, per quanto confusamente, che le rotte non si cambiano e che le mediazioni borghesi vanno bene, per l'appunto, per i borghesi, ma tu di borghese non hai nulla, forse nemmeno l'aspetto. 
       Ti sei beccato qualche calcione - questo sì - ma l'hai prontamente restituito, con e senza interessi, e certamente ciò non ha giovato alla tua immagine sociale e nemmeno a quella personale. Ma ti importa qualcosa, di entrambe? 
       Ora ridi e sei felice, molto felice. Perché ad essere se stessi, si è sempre molto felici. Non sei un giocattolino, un soprammobile, un soggetto/oggetto da attenzioni molto ma molto interessate. Hai curato l'unica cosa che ti interessa davvero: l'affermazione della tua personalità, sulla base di una logica solidamente radicata in te: se piace, bene, e se non piace bene lo stesso.
        Non ho le dimensioni intellettuali per definirmi un "oltre-uomo", ne sono ben consapevole, però ho il carattere che mi consente di essere almeno un "uomo oltre". E quello mi basta per essere soddisfatto di me e di chi mi vuol bene e mi rende felice. Il carattere mi ha sempre portato ovunque, da solo o in compagnia. E io sto bene in entrambe i modi, anche se preferisco il secondo. A condizione di essere apprezzato per quello che sono, non per quello che potrei eventualmente valere per soggetti molto interessati. A costoro, non resta che ribadire la mia natura notoriamente e totalmente inutile. Dolente, non avete potuto, non potete e non potrete usarmi.

                                     Piero Visani


L'astuzia della ragione


       Dovremmo essere grati, in un momento in cui il "lager UE" collassa nelle sue componenti più deboli, a quei "volonterosi carnefici del..." (la scelta di riempire i puntini è libera), che ci distraggono dalla "simpatica" vita di guano che conduciamo da qualche anno a questa parte e ci ricordano che ci potrebbero essere esistenze anche più "guanose" dell'attuale.
       Occorre riconoscere che questi "volonterosi carnefici" hanno un senso della costruzione mediatica degno di sperimentati professionisti. Ma qualcuno non ha appena detto che "non appartengono al XXI secolo"? Vuoi vedere che si è trattato di uno spiacevole lapsus freudiano e che i "volonterosi carnefici" appartengono in realtà al XXII, di secolo? Sono fantastici cyborg con fattezze "umane"? Ne sa qualcosa la DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency)?
      Questi "terroristi" pilotano Boeing con precisione chirurgica dopo aver preso 3-4 lezioni di volo ed essere stati giudicati delle autentiche "pippe" dai loro istruttori, lanciano missili di ogni tipo e genere con estrema disinvoltura, e hanno una capacità di "storytelling" da fare invidia ai maestri di Hollywood. Ecco, appunto, ai maestri...
       La destabilizzazione stabilizzante, tuttavia, è nata prima della nascita dell'industria cinematografica e di quella mediatica. Così, tanto per ricordarlo ai fautori del "manifest destiny"...

                              Piero Visani

Avviso ai naviganti


       Noto che vengo taggato abbastanza spesso e che questo tipo di procedura mi crea problemi su Facebook, strumento che sono lungi dal considerare:
a) un fattore di libertà;
b) un luogo dove dare sfogo a risentimenti vari, che sono privi di qualsiasi valenza politica e metapolitica, tanto più QUANDO DIPINGONO, DI UN AMBIENTE POLITICO E METAPOLITICO, PRECISAMENTE IL QUADRO CHE I NEMICI DI SEMPRE SI ASPETTANO CHE VENGA DIPINTO. NON COMBATTERO' MAI UNA GUERRA SUL TERRENO SCELTO DAI MIEI NEMICI, E CON QUESTO CREDO DI ESSERE STATO ASSOLUTAMENTE CHIARO.
       Come tutte le "piazze mediatiche", anche questa è soggetta a controlli vari. Io LA USO, ma non sono strumentale ai suoi obiettivi di delegittimazione di una cultura politica e/o metapolitica...
       La mia casa è piena di libri sulla guerra rivoluzionaria, come pure su quella contro-rivoluzionaria, sulla strategia mediatica come sul conflitto cibernetico.
       Leggo tutto e cerco di essere sottile, perspicace, incisivo - e soprattutto cerco di fare danni ai miei avversari, non di comportarmi alla Tafazzi...
       UNO DEI PRINCIPI FONDAMENTALI DI UNA GUERRA MEDIATICA E' CHE L'AUSPICATA INVERSIONE DEI VALORI VA CONDOTTA PER GRADI, ALTRIMENTI SARA' FACILE, PER GLI AVVERSARI, PRESENTARTI COME IL MEMBRO DI UNA "LUNATIC FRINGE" CHE VIVE IN UN ALTRO SECOLO, ED ESPORTI AL PUBBLICO LUDIBRIO. E IO, IN GUERRA COME IN PACE, NON INTENDO FARE REGALI AI MIEI NEMICI.
      Spero di aver reso l'idea e invito ad essere molto ma molto perspicaci nel taggarmi, pratica che peraltro non gradisco affatto, perché io parlo e scrivo sempre per me, e solo per me.
       Se poi nascono convergenze anche ampie su singole questioni, sono le benvenute, ma a priori io non convergo con nessuno.
       Da oggi, dunque, sarò molto più "tranchant" con qualsiasi tipo di tag mi riguardi.
       Ringrazio per l'attenzione.*

Guerra urbana, periferie, underdog


       Non possiamo sapere se il concetto di "Garrison State", elaborato da Harold D. Lasswell nel lontano 1941, fosse un'intuizione profetica, ma certo il mondo, nelle sue aree più avanzate, sta diventando una gigantesca metropoli e tale si avvia a diventare ulteriormente in futuro: una élite politico-economica ristretta e ricchissima; un solido nucleo di forze di sicurezza (militari, paramilitari e poliziesche) dedito al "nobile" compito di proteggerla, e una massa sempre più enorme di underdog, non più solo lumpenproletari e proletari, ma anche borghesi, chiamati ad obbedire, a tacere o semplicemente a cantare le lodi del nuovo Grande Fratello plebiscitar-totalitario. "Il migliore dei mondi possibili", per (auto)definizione...
       Su questo sfondo per nulla incoraggiante, una speranza per gli underdog - tra i quali mi annovero appieno - c'è ed è quella di poter sfruttare le infinite sfaccettature del conflitto urbano, di modo da spingere le periferie impoverite, esasperate e senza futuro se non la schiavitù più totale, verso le varie "downtown" del mondo dell'élite economico-politica. Non credo che sia un conflitto che abbia grandi speranze, per gli underdog, ma è una questione di principio e al tempo stesso un imperativo categorico. Come si fa a sottrarsi ad entrambi? E così studio, studio. La parte teorica non è meno importante di quella pratica. Alla mia età, la parte pratica non è più richiesta. Per quella teorica, credo di poter dare ancora un discreto contributo.
       Mi avevano offerto un posto in cinquantesima fila per fare il "cane da guardia", e pure a bassa remunerazione. Trovo più divertente un posto da outsider, ma qualche fila più avanti e in totale autonomia, senza dover obbedire ad alcuno.
       E' quasi sempre quando le offerte sono insoddisfacenti che si cambia condizione di lavoro. Nel mondo del mercato, occorre autovalorizzarsi come merce...

                               Piero Visani

"Amor librorum nos unit"


       E' bello girare per librerie - antiquarie e no - e trovare una copia originale de La guerre révolutionnaire di Roger Trinquier, e una traduzione in francese del fondamentale saggio di David Galula (che peraltro era francese ed allievo della prestigiosa Scuola militare di Saint-Cyr) Counterinsurgency Warfare: Theory and Practice (1964). 
       Le letture ex inverso sono sempre pedagogiche.

                           Piero Visani



martedì 19 agosto 2014

E poi verrà, e poi verrà l'autunno...


       Sui quotidiani italiani di oggi, lunghe geremiadi su come i sudditi si acconciano a pagare le tasse agli oligarchi nostrani, contenti di portare ai loro carnefici la corda che servirà ai carnefici stessi (non equivochiamo, please...) per impiccarli.
       Su molte autorevoli agenzie di analisi strategica acquistabili o reperibili in Rete, le previsioni sono molto, molto, molto meno rassicuranti. Sono certo che in qualche sottoscala delle istituzioni qualcuno le legge, anche se sono assai meno sicuro che qualcuno dei lettori ci capisca qualcosa...
       In ogni caso, per la prima volta da parecchi anni l'autunno si prospetta come dannatamente interessante. Molti fattori diversi stanno correndo tutti verso medesimi punti di convergenza. E' ancora relativamente presto, ma molto meno presto di un tempo. E, siccome non si vedono stracci di soluzione della attuale catastrofe all'orizzonte, il futuro è un'ipotesi e non più - finalmente - "solo un ultimo alibi"...
Gran bel cambiamento, a me pare.

                                 Piero Visani

Top Ten Posts - Agosto 2014

A distanza di un mese esatto dall'ultima rilevazione, ecco la classifica dei primi 10 (per la precisione 13) post più visti di questo blog:
  1. It's just like starting over, 564 (=) - 11/12/2012
  2. Quantum mutatus ab illo!, 160 (+2) - 20/05/2013
  3. Non, je ne regrette rien, 116 (+5) - 29/12/2012
  4. Umberto Visani, Ubique, 94 (=) - 19/04/2013
  5. La rivolta di Pasqua (Dublino, 1916), 86 (+1) - 31/03/2013
  6. L'istinto di conservazione, 76 (=) - 27/02/2013
  7. Le donne accoglienti, 75 (+2) - 15/03/2013
  8. La verità è sempre rivoluzionaria, 74 (+1) - 21/03/2013
  9. Gli aggiustamenti "borghesi", 72 (New entry) - 05/02/2014
  10. JFK e lo "zio Adolf", 70 (+1) - 17/05/2013
  11. Toglietemi tutto, ma non il superfluo, 65 (=) - 12/03/2013
  12. Isbuschenskij, 64 (=) - 23/08/2013
  13. Look away, Dixieland, 62 (=) - 23/01/2013
       Da segnalare, in questo mese, la forte crescita del post Gli aggiustamenti "borghesi", che fa segnalare più di una quindicina di nuove letture. Continuano inoltre a crescere un po' Quantum mutatus ab illo! e Le donne accoglienti, a dimostrazione che le vicende personali, in questo blog, interessano non poco il pubblico
       Molto significativa, tra i temi di carattere generale, la progressione di Non, je ne regrette rien, mentre tutte le altre posizioni di vertice della classifica risultano complessivamente stabili.      
        In leggero calo, infine, il numero medio di visioni per post, che scende dalle 29,9 di luglio alle 29,5 di agosto.

                 Piero Visani

Dei diritti e delle pene


       L'Italia è un Paese con un forte "sense of humour": nostro, perché non abbiamo ancora preso in mano le armi, e dei "tutori dell'ordine" (ordine...? Quale?), i quali devono essere affetti da cecità assoluta o da malinteso, ma molto malinteso, ma malintesissimo senso del dovere (dovere...? Quale? Verso chi? Verso i poteri costituiti? E chiedersi "come costituiti", quello mai, vero...?).
       La questione molto semplice è che, per poter avere dei doveri, occorre avere anche - e numerosi - diritti. Ma noi italiani ne abbiamo ancora, di diritti? Non mi pare proprio. Abbiamo solo doveri. Come tali, non siamo più CITTADINI, ammesso e non concesso che lo siamo mai stati. Siamo solo SUDDITI di uno Stato che con noi è autoritario e si avvia a diventare totalitario. Uno Stato a discrete connotazioni razziste, perché tutto ciò che NEGA a noi lo concede, molto generosamente, agli allogeni.
       Su questo sfondo, trovo anche un po' singolare la definizione di cittadini di serie B, riservata a tutti coloro che sono vittime (spesso complici) di tale sistema iniquo. In realtà, siamo solo SUDDITI, chiamati a obbedire, pagare e chinare il capo sempre e comunque. Una volta c'era la foglia di fico del chiamarci a votare ogni qualche anno in elezioni dall'esito scontato. Ora anche in quel campo molto è cambiato, perché si vota sempre, ma poi i primi ministri sono "di nomina regia", come tutto il resto.
       Su questo sfondo, l'elogio dell'oligarchia tessuto giorni fa da Eugenio Scalfari ha, ai miei occhi, un pregio grandissimo: è sincero: "noi siamo noi e voi nun siete etc. etc."
       Nulla che non si sapesse, ma magari qualcuno dei più distratti e ottusi infine capisce e si sveglia...

                                       Piero Visani

domenica 17 agosto 2014

Il nemico esterno


       Viviamo in un continente - l'Europa - in cui alcuni Paesi sono non meno devastati che se fossero stati esposti a una guerra: devastati economicamente, socialmente, umanamente. Per un po' di tempo, hanno cercato di persuaderci che il lager UE ci abbia risparmiato "i disastri di un conflitto intestino", poi si sono accorti che quella tesi demenziale faceva acqua da tutte le parti, visto che avevamo avuto i disastri SENZA una guerra e solo GRAZIE all'UE, e allora hanno pensato a cosa inventarsi.
      Da sempre, quando i nemici interni (gli "inimici" della classica teoria schmittiana) compiono disastri, la cosa migliore è chiamare l'opinione pubblica interna a fare fronte contro il nemico esterno (l' "hostis") comune.
       Il nemico esterno - che esista o meno - è una autentica benedizione dal cielo, è colui che - se non ci fosse - dovremmo inventarlo, perché ci "aiuta" a dimenticare i nostri guai interni e a fare fronte contro di esso, in una specie di "union sacrée".
       Ed ecco arrivare - con la puntualità di un treno delle Ferrovie federali elvetiche - l'ISIS, questo prodotto dei servizi segreti statunitensi, fino a ieri utilissimo contro i "mostri" della Siria di Assad e ora minaccia suprema contro l'Occidente, la Cristianità, e via demenziando.
       Con capriola parallela e simmetrica, i Curdi, fino a ieri terroristi, siccome ora stanno dalla parte degli USA hanno ritrovato di colpo una verginità che mai si sarebbero sognati di recuperare così rapidamente.
       Che dire di tutto ciò? Che pur di occultare gli orrori e le nefandezze commesse fino a oggi, gli Stati Uniti e i loro ascari della UE sono disposti a qualsiasi cosa. La Patria comune è in pericolo, il nostro modello di vita (quale, quello di McDonald's, del capitalismo di rapina, della manipolazione mediatica continua e dei governi non eletti su base di voto popolare?) è minacciato, stanno arrivando i "tagliagole"!
       Detto da "bombardieri" per vocazione e da una classe dirigente eurocratica che ci ha privato - in tempo di pace - dei nostri denari, dei nostri patrimoni, della nostra libertà e di qualsiasi altra forma di libera espressione, tutto ciò è alquanto divertente, ma può funzionare, perché ha un unico scopo: orientare le opinioni pubbliche ad affermare che questi, dopo tutto, sono "solo" ladri, mentre gli altri sono assassini.
       Ora, a parte il fatto che la contrapposizione appare un pochino manichea per poterla accettare a scatola chiusa, siamo davvero certi che "questi" siano solo ladri? Quanta gente si suicida, nell'UE, per mancanza di soldi, di speranze, di futuro? E tutto ciò in tempo di pace! A quante corvées (fiscali e di ogni altro genere) siamo chiamati a piegarci per mantenere un'oligarchia odiosa e fintamente egalitaria?
       Dovremmo avere paura dei "tagliagole"? Certamente sì! Ma di quelli euro-americani, perché li abbiamo sulle scatole da quasi un settantennio. Degli altri sappiamo che fanno paura, ma per ora sono là. Questi invece sono qua, e ogni giorno ci sottraggono un po' di vita e di speranza.
       Voi chi combattereste per primi? Io non ho dubbi e alle "chiamate alle armi" contro i "tagliagole" rispondo con entusiasmo, a condizione di poter scegliere quali "tagliagole" combattere per primi. E, su questa seconda scelta, consentitemi di non avere dubbi: quelli vicini, quelli che ho in casa. Agli altri penserò poi, ammesso e non concesso che, una volta liberatici dai "tagliagole" interni, ci si debba ancora preoccupare di quelli esterni, il che davvero non credo.
       Ricordarsi di alcuni pilastri della strategia: una chiara definizione del nemico principale e l'obbligo di concentrare gli sforzi prioritariamente contro di esso. Chiaro, no?
 
                                    Piero Visani

venerdì 15 agosto 2014

7-25-50: il terno della morte


       L'Europa ha il 7% della popolazione mondiale, il 25% del PIL e il 50% della spesa per il Welfare. L'ultima cifra rimarrà negli annali per ricordare - al viandante che avesse voglia di fermarsi a riflettere sulla pietra tombale del Vecchio Continente - come si faccia a uscire dalla Storia: prima si perdono gigantesche guerre civili, con qualcuno dei combattenti delle medesime che ha pure l'insipienza di ritenersi "vincitore", poi si concentra la spesa pubblica su qualcosa che serve a una generazione a invecchiare bene, con sussidi di vario genere che aumentino il suo livello complessivo di ottundimento mentale e psicologico, ma lasciando le successive a nutrirsi di purissimo guano (fatto di disoccupazione, mancanza di tutele, totale assenza di prospettive e speranze). E il "capolavoro" è compiuto.
       Da shit-eater assai poco appassionato dell'unico cibo che mi passa il convento, guardo e sorrido mestamente: è dai primi anni Sessanta che sostengo che saremmo finiti così. Allora mi sbertucciavano perché ero troppo giovane, ora perché sono troppo vecchio.
       Siccome ho un'anima assai vendicativa, di una cosa sono immensamente contento: la mia sorte non è cambiata e al mio shit-eating in qualche maniera mi sono abituato. Altri, abituati a vivere di false rendite, di tale piatto unico forse trovano il gusto più sgradevole, ora che, uno dopo l'altro, cominciano a condividere con me la non ambita pietanza...
       Ma non mi sono mai fatto illusioni, conosco il destino delle Cassandre. Mi viene solo da pensare agli eserciti di coglioni che, in tempi non sospetti, mi gettavano addosso il loro mantra: "indietro non si torna!". No, eh...? Ahahahah!!!

                           Piero Visani

giovedì 14 agosto 2014

Inganni

       Ho perso una discreta quantità di tempo, in vita mia, a correre dietro a terribili inganni. La sensazione è sgradevole, ma ha un pregio innegabile: tutto ciò che si è sperimentato o cercato di sperimentare fino in fondo non lascia rimpianti. Se si attraversano le cose da cima a fondo, si può capire se sono tutto, o nulla: se sono tutto, riempiono di gioia; se sono nulla, lo hai toccato con mano; se sono qualcosa, e quel qualcosa non è definito da te, ma da altri, potrai sempre uscire di scena con classe, lasciando la tua "lei" del momento ai suoi calcoletti da ragioniera, di modo che se li possa godere da sola o con altri, ma non con te. Tu scomparirai, annegherai in qualche abisso, dal quale, siccome sei nuotatore provetto, certamente risalirai. E, se proprio non dovessi, meglio morire in acque veramente procellose e profonde che nella vasca dei pesci rossi, cui eri destinato... La classe non è acqua...sporca...

                  Piero Visani

Il Burnside's Bridge

       Giorni fa ho scritto del generale Ambrose Burnside e delle sue celebri basette, e ho presentato delle foto che ritraggono il completo restauro del ponte che porta il suo nome, sull'Antietam Creek. 
       Per quale ragione tale ponte è molto caro alla memoria storica degli americani? Perché, il 17 settembre 1862, nel corso della prima invasione sudista del Nord, in quell'area ebbe luogo la battaglia di Antietam (o Sharpsburg, in Maryland), che fu anche lo scontro più sanguinoso dell'intero conflitto (in termini di rapporto tra durata dello scontro e perdite subite dai contendenti).
       A difendere il ponte, posto sull'estrema destra dello schieramento confederato, c'era quel giorno una brigata della Georgia, comandata dal generale Robert Augustus Toombs, uomo noto per la sua indipendenza di giudizio e il suo carattere indomito.
       Contro il ponte, al fine di operare un aggiramento dell'intero schieramento confederato, venne lanciato tutto IX Corpo d'armata del generale unionista Ambrose Burnside. L'attacco ebbe inizio poco dopo le 9 del mattino, ma i nordisti non riuscirono a far crollare la difesa allestita dal 2° e dal 20° Georgia, sotto la personale direzione di Toombs.
       Per oltre 4 ore, i georgiani riuscirono a tenere il ponte, bloccando il passaggio degli unionisti e fu solo dopo le 13 che vennero infine costretti a ripiegare. Si trattò tuttavia di un successo solo parziale, da parte nordista, in quanto l'afflusso di rinforzi confederati si rivelò decisivo nel respingere nuovamente gli uomini di Burnside al di là del ponte, cui il generale nordista ha legato in eterno il proprio nome.
       Il dipinto di John Paul Strain ci presenta il generale Toombs impegnato, pistola alla mano, a guidare i propri soldati nella difesa del ponte, classico esempio di una "leadership by doing" che, con il passare del tempo, anche in campo militare si è un po' affievolita...
 
                              Piero Visani


Foto: Il BURNSIDES' BRIDGE

Giorni fa ho scritto del generale Ambrose Burnside e delle sue celebri basette, e ho presentato delle foto che ritraggono il completo restauro del ponte che porta il suo nome, sull'Antietam Creek. 
Per quale ragione tale ponte è molto caro alla memoria storica degli americani? Perché, il 17 settembre 1862, nel corso della prima invasione sudista del Nord, in quell'area ebbe luogo la battaglia di Antietam (o Sharpsburg, in Maryland), che fu anche lo scontro più sanguinoso dell'intero conflitto (in termini di rapporto tra durata dello scontro e perdite subite dai contendenti).
A difendere il ponte, posto sull'estrema destra dello schieramento confederato, c'era quel giorno una brigata della Georgia, comandata dal generale Robert Augustus Toombs, uomo noto per la sua indipendenza di giudizio e il suo carattere indomito.
Contro il ponte, al fine di operare un aggiramento dell'intero schieramento confederato, venne lanciato tutto IX Corpo d'armata del generale unionista Ambrose Burnside. L'attacco ebbe inizio poco dopo le 9 del mattino, ma i nordisti non riuscirono a far crollare la difesa allestita dal 2° e dal 20° Georgia, sotto la personale direzione di Toombs.
Per oltre 4 ore, i georgiani riuscirono a tenere il ponte, bloccando il passaggio degli unionisti e fu solo dopo le 13 che vennero infine costretti a ripiegare. Si trattò tuttavia di un successo solo parziale, da parte nordista, in quanto l'afflusso di rinforzi confederati si rivelò decisivo nel respingere nuovamente gli uomini di Burnside al di là del ponte, cui il generale nordista ha legato in eterno il proprio nome.
Il dipinto di John Paul Strain ci presenta il generale Toombs impegnato, pistola alla mano, a guidare i propri soldati nella difesa del ponte, classico esempio di una "leadership by doing" che, con il passare del tempo, anche in campo militare si è un po' affievolita...