venerdì 31 marzo 2017

Piazza Vittorio Veneto, Torino

       E' bello ritrovarsi, in una delle più grandi piazze d'Italia, con amici di una vita che sono rimasti stupendamente simili a quando erano giovani e che, di tutti i mestieri possibili, hanno schifato soprattutto quello di "pompieri"...
      L'età che avanza, la tristezza che mi pervade in questo periodo e l'emozione che mi assale in momenti come questi, mi commuovono un po', trasmettendomi sensazioni che una volta forse avrei provato più superficialmente (e con maggiore sdegno per la mia "debolezza"). Ma è troppo bella questa fedeltà a se stessi, espressa per di più con la massima sobrietà e naturalezza, come se altri comportamenti e scelte di vita non solo non fossero possibili, ma neppure esistessero.
      Ci penso su, mentre torno a piedi a recuperarmi l'auto, e mi dico che, di tutte le sensazioni che si possono provare in vita, quella del cameratismo è davvero una tra le più belle. Senza essere costretti a doversi incontrare a Montecarlo o nel Caribe, senza dover fare scelte politiche grazie a John Wayne (!!) ma magari ricorrendo a qualche maestro un po' più nobile...
       Abbiamo i capelli ormai più o meno grigi o bianchi, ma siamo stati esattamente quello che volevamo essere da ragazzi. Quale favoloso privilegio!! Grazie Augusto, grazie Giorgio, grazie Marco, per avermelo fatto provare. Non sono ricchezze facili da ottenere. Sono molto di più.

                             Piero Visani






                                  

Motivazioni

       Come ho cercato di spiegare agli amici - e a costo di ripetermi - non ho inteso rimanere in forma attiva su Facebook per una ragione ad un tempo etica ed estetica: non mi va di frequentare come se niente fosse un luogo virtuale dove sono stato pesantemente e cinicamente buggerato. E' una questione mia.
       Ciò premesso, un sessanta per cento di quel che facevo rimarrà assai simile a prima, ma come proiezione del mio blog "Sympathy for the Devil". Anche l'interazione con gli amici, se a loro gradita, rimarrà possibile. E' chiaro che gli amici restano tali anche dopo che ho fatto pulizia, anche perché non c'entrano alcunché, ovviamente.
        Grazie.

                 Piero Visani



giovedì 30 marzo 2017

Giorgio Ballario, "Vita spericolata di Albert Spaggiari" - Recensione

      Ci sono persone la cui vita scorre tangenzialmente alla nostra, prossima, anche se non necessariamente vicina. Ci sono persone con cui ci si sarebbe potuti dire di più ma in fondo anche quel che si è detto è bastato: è bastato per capirsi, per condividere scelte di vita, per fissare fuggevolmente sguardi e ritrovarseli invece scolpiti nell'anima, per decenni, per un'esistenza intera.
       Conobbi Giorgio Ballario, se ricordo bene, quando era ancora studente del mio stesso Liceo classico, il "Massimo d'Azeglio" di Torino, anche se io ne ero già uscito da parecchio. Era da poco partita l'avventura della Nuova Destra e Giorgio fu uno dei non tantissimi che a Torino, nella Torino pateticamente missina delle sezioni catacombali e dei saluti romani, ebbe il coraggio di credervi. Da allora, insieme ad Augusto Grandi, fu mio compagno di esperienze per un lungo periodo, almeno fino alla genesi di Alleanza Nazionale e poi alla mia fuoriuscita (1996) da quel partito.
       Credo di avere sempre avuto una sottile analogia caratteriale con Giorgio, specialmente per quanto concerne l'indole apparentemente riflessiva. Con il tempo, i nostri contatti si sono parzialmente diradati, ma siamo rimasti "fratelli nella notte", fratelli nella notte nera di questa orribile esistenza che ci è toccato vivere.
        Ho seguito la sua crescita come scrittore, dalla trilogia del Maggiore Morosini in avanti e, sebbene io non sia un grande lettore di romanzi e tanto meno di "noir", ho subito intuito le sue indubbie qualità autoriali, le stesse che ho ritrovato - direi addirittura cresciute - in questa sua Vita spericolata di Albert Spaggiari, Idrovolante Edizioni, 2016, 306 pp, 15 Euro.
            Preceduto da una brillante prefazione di Stenio Solinas, il libro mi è parso un felice esperimento di giornalismo d'inchiesta, dal quale emerge tutta la lunga esperienza lavorativa di Giorgio come cronista del quotidiano torinese "La Stampa". Con stile asciutto ma non arido, attento a una molteplicità di particolari, l'Autore segue la complessa bibliografia di Albert Spaggiari, dai tempi del servizio militare alla militanza nell'OAS, dal colpo del secolo a Nizza alla ardimentosa evasione, delineandone la figura come quella di un soggetto veramente a metà tra Arsenio Lupin e Rocambole, senza mai innamorarsi del personaggio - come capita sovente ai biografi - ma cercando di carpire i segreti di un uomo assai amante, a modo suo, del lato ludico dell'esistenza, capace di non prendersi mai troppo sul serio ma, al tempo stesso, narcisisticamente attaccato alla costruzione di un proprio mito esistenziale.
       Discreto conoscitore della Costa Azzura, quale sono, ho visto uscire vividamente i luoghi dalla penna puntuale di Giorgio, mentre Albert Spaggiari portava a termine le sue imprese "senza odio, senza violenza e senza armi". Immerso come sono nella crudele alba di questo nuovo millennio, confesso che questo è il lato caratteriale e comportamentale di Spaggiari che mi sono sentito di condividere di meno. Al suo posto, probabilmente mi sarei comportato molto diversamente, ma forse quella era ancora un'epoca dove era possibile comportarsi con maggiore stile ed eleganza, con animo ilare e burlone, animo che purtroppo io temo di aver perduto da tempo, e per sempre.
       In definitiva, una lettura davvero appassionante, che ho fatto mia nel giro di poche serate, vagamente scettico all'inizio (come ho detto, il genere non mi appassiona più di tanto), ma poi trascinato da una capacità di scrittura assolutamente ragguardevole. Ho pensato a Giorgio, leggendo le pagine del suo libro, e me lo sono visto descriverle a voce esattamente come ha fatto per iscritto. Mi piacciono gli autori, e gli amici, che sanno avere questa capacità di fascinazione scrittoriale e individuale. Giorgio le ha sempre avute, entrambe.

                          Piero Visani




        

lunedì 27 marzo 2017

Il seme della violenza

      Vittime come siamo di iniquità ogni giorno più evidenti e pazzesche; con una vita ridotta a pagare tasse e gabelle varie; costretti a lavorare come cani per poter dare da mangiare (e nulla più) a noi stessi e alle nostre famiglie; ben consapevoli del fatto che chi ci fa quotidianamente la morale non fa altro che rubare a man salva, stiamo giorno dopo giorno immagazzinando una carica di violenza che attende solo di esplodere.
      Com'è ovvio, esplode per prima nelle anime più semplici e primitive, ma ha già raggiunto una parte considerevole di noi e - se devo dire - la cosa non mi turba per niente: anzi, aspetto solo che venga il mio turno. Nella più totale assenza di giustizia e verità, le mani e le armi sono quello che ci resta. Lo sappiamo bene e lo scopriamo giorno dopo giorno, nel mentre un'orda di pasciuti "buonisti", al riparo di scorte, privilegi e chiese, ci dice che cosa dovremmo fare.
      Le persone più semplici hanno già capito che cosa dovremmo fare, e lo fanno, per ora scatenandosi come belve in venti contro uno, e tra loro. Ma si tratta solo di attendere che questa deriva compia il suo corso, poi sarà la volta della mattanza collettiva. Capita sempre così, quando le civiltà finiscono. Occorre il bagno di sangue purificatore (e pedagogico) per dare vita a qualcosa di migliore, che non durerà ad infinito, ma ci consentirà almeno di divertirci (o anche solo di sfogarci) un po'.
      I periodi di iniquità assoluta, quelli in cui stiamo vivendo, richiedono lavacri assoluti, quelli che vivremo. Probabilmente privi di qualsiasi ragione, ma intrinsecamente razionali in quanto totalmente irrazionali. Nessuno potrà dire di non essersene accorto o di non averlo sentito arrivare. Sale, giorno dopo giorno. Non c'è da ridere né da piangere, è puramente liberatorio, è una sorta - se mi si passa la volgarità - di inevitabile evacuazione sociale, una dovuta purga collettiva.

                     Piero Visani




domenica 26 marzo 2017

Il valore dell'onore


       7 marzo 1815, Laffrey (Regione dell'Isère). Il piccolo esercito napoleonico, da meno di una settimana sbarcato in Francia a Golfe Juan proveniente dall'isola d'Elba, incontra le truppe mandategli contro da Luigi XVIII.
       Nell'ampio spiazzo erboso che si apre nei pressi del paese, Napoleone trova di fronte a sè il 5° Reggimento di fanteria di linea. Onde evitare uno scontro fratricida, l'Imperatore si fa personalmente incontro ai soldati che dovrebbero bloccarne la marcia e dice loro: "Soldati del 5° di Linea, mi riconoscete voi? Riconoscete il vostro Imperatore?". Vedendo l'emozione e lo sconcerto negli occhi dei suoi vecchi soldati, impietriti davanti all'uomo che li ha condotti alla vittoria in decine di battaglie e che essi considerano un dio in terra, Napoleone si fa avanti, fin quasi a toccare la punta delle canne dei loro fucili puntati, apre la sua celebre redingote grigia ed esclama: "Se tra voi c'è un soldato che voglia uccidere il vostro Imperatore, eccomi!". A quel punto, gli uomini del 5° abbassano le armi e si gettano ai piedi dell'Imperatore, piangendo di emozione e di gioia.
       L'Aquila è tornata! La via di Parigi è aperta!

                     Piero Visani



sabato 25 marzo 2017

La perfezione

       Dicono che il meglio sia nemico del bene. E la perfezione, di cosa è nemica...?

                         Piero Visani


Morte del Maresciallo Lannes


       Il 22 maggio 1809, durante la campagna d'Austria e in particolare la battaglia di Essling, il Maresciallo Lannes, uno dei migliori comandanti di Napoleone e amico fraterno dell'imperatore, vede morire un suo antico compagno d'armi e - affranto - si siede un attimo su una collinetta. Una piccola palla di cannone lo colpisce alle gambe, dalle ginocchia in giù, apportandogli lesioni molto gravi.
       Dopo un febbrile consulto tra i migliori chirurghi militari della Grande Armée, e in una situazione ancora molto esposta alle offensive austriache, gli viene amputata una gamba e successivamente viene trasportato nella località di Ebersdorf. Qui, per qualche giorno, appare in ripresa e pensa già a come farsi costruire un arto artificiale. Poi la situazione precipita e il 31 maggio il Maresciallo Lannes muore per lo sviluppo di una gravissima cancrena.
       Sollecitato a salutare un ultima volta l'amico, Napoleone accorre al letto di morte del suo maresciallo e si apparta per una mezz'ora con lui, fino al trapasso. Successivamente si dimostra alquanto turbato e scosso.

                       Piero Visani



venerdì 24 marzo 2017

Similitudini storiche


       Le "celebrazioni" per i 60 anni di quell'aborto storicamente riuscito che è l'Unione Europea somigliano sorprendentemente molto a certe cerimonie dell'"Ancien Régime" intorno al 1786-88. Sono state mobilitare anche migliaia di "Guardie svizzere", senza andare a prenderle in Vaticano e senza turbare il loro ingiudicabile mestiere con una dotta lezione sul monumento dei "Leoni morti" a Lucerna (per quella lezione c'è ancora tempo qualche annetto, ma arriverà, oh se arriverà...).
       I vari Luigi XVI della nuova monarchia assoluta sono pronti, con il loro codazzo di cortigiani e cortigiane, a celebrare quello che, per loro, è innegabilmente l'"affare del secolo". Quanto a noi, ci limitiamo a sognare i Robespierre e i Saint-Just, che arriveranno, con il loro carico di "piacevolezze indotte" (eh, sì, perché dare la colpa ai secondi dimenticando decenni di orrori provocati dai primi appare la solita analisi di stile "democratico", basata sulla totale irresponsabilità di quanto fatto in nome di un "Bene Supremo" autodefinito a proprio uso e consumo). Se poi dopo non arriveranno i Buonaparte, arriveranno certamente i Toussaint-Louverture e così, nel caso qualcuno volesse capire qualcosa di questo post, vada a leggersi qualche buon libro di storia. Gli gioverà...

                                           Piero Visani




giovedì 23 marzo 2017

23 marzo 1919


       Comunque lo si voglia giudicare, il programma dei "Fasci di combattimento" era qualcosa di radicalmente diverso e distante da quello che sarà il "Fascismo regime". Nella mia personale valutazione, il "fascismo movimento" era l'aspirazione di una minoranza di speranzosi, che poi incontrò...gli italiani. E allora vennero i compromessi con la borghesia, quello verminoso con il Vaticano, quello mortale con la monarchia. Insomma, l'ennesima occasione mancata. Anche allora, si rese necessario "governare al centro": sì, al centro della palude, al centro della cloaca, al centro della mercatura, al centro dello schifo. La sempiterna storia d'Italia.
       Quella che avrebbe potuto essere un'ideologia innovativa e trasversale, si ridusse a una pantomima in cui non credevano nemmeno i protagonisti.
        Questo suggerisce però una direttrice di studio molto interessante: qual è il rapporto tra politica, antropologia, carattere nazionale, e come si risolve, se si risolve...?
       Per introdurre una spero tollerabile nota di carattere personale, dopo le mie modeste esperienze politiche ho deciso che non farò mai più politica per ragioni antropologiche, così come in fondo - per le stesse ragioni - ritengo che non vivrò mai più un'esistenza relazionale. Infatti, dover fare continuamente i conti con soggetti che cambiano idea ogni 4 nanosecondi, è faticoso. Meglio vivere da eremiti, in tutti i campi. Perché sarà pur vero che la politica è mediazione, ma per mediare occorre avere un intelocutore che abbia delle idee e che non sia una banderuola.

                      Piero Visani

mercoledì 22 marzo 2017

Apologo


       Un mondo di "buoni", ostili ad ogni forma di sopraffazione, violenza e ogni altra cosa che fosse contraria al diritto, era solito - nella pratica - mostrarsi un po' diverso che nella teoria. Non "stava bene", non si sentiva a proprio agio, aveva esigenze particolari da soddisfare, e allora andava in giro, rubacchiava qualcosa, rovinava vite altrui, consumava ricchezze altrui. In una parola, faceva sempre e solamente quello che voleva e - siccome era il più forte - non ne pagava mai il fio. La coscienza non gli rimordeva mai, perché diceva di averne una, ma non ne aveva alcuna. Vestiva con il "diritto" le sue peggiori porcherie. Le sue vittime, colpite abitualmente alle spalle, obiettavano: "ma perché mi fai questo? Cosa ho fatto per meritarmelo?" E la risposta era invariabilmente una sola: "non stavo bene, non ero in pace con me stesso".
       Per molto tempo, questa immane nequizie andò avanti, fino a che le vittime di questo comportamento osceno cominciarono a pensare che fosse giunta l'ora di reagire. Lo fecero malamente e con iniziative improvvide, e cominciarono ad essere ferocemente stroncati: "Questo è terrorismo! Non si reagisce così, è inurbano! Dovete combattere secondo le regole!". In tutto questo era implicito che, se avessero fatto così, sarebbero stati sicuramente sconfitti...
       Le vittime della folle ipocrisia occidentale, però, cominciarono ad interrogarsi sull'utilità - per loro - di combattere secondo le regole e si chiesero: "Ma dobbiamo combattere per perdere o per vincere?" E ancora: "se il mondo occidentale NON gradisce la nostra reazione, allora quella che non gradisce è di certo la reazione migliore!".
       Furono invitati a tacere, ma ormai era tardi, la macchina della riscossa e della vendetta si era messa in moto.
       Figli di culture guerriere, gli uomini non occidentali avrebbero potuto accettare qualsiasi tipo di guerra e di violenza, se portata loro di fronte. Quello che ripugnava loro in suprema misura, perché non era da uomini, era la sommatoria di ipocrisia più sodomia, le guerre trasformate in "operazioni di polizia internazionale", i combattenti nemici diventati sempre e comunque "terroristi", anche quando terroristi non lo erano affatto, ma erano solo patrioti.
      Ora si avvicina a grandi passi il tempo della legge del contrappasso: chi viveva tranquillo, nelle proprie povere case, senza che il mondo occidentale venisse a disturbarlo ed a rovinargli la vita, ha capito che, su scala planetaria, è tempo di una formidabile guerra asimmetrica, per prendersi l'inevitabile vendetta, giusta o meno che possa essere considerata.
       La loro coscienza è tranquilla, non hanno innescato il meccanismo. Nessuno intende dare loro ragione, ma hanno le loro ragioni, che sono le ragioni di tutti coloro che vengono fatti oggetto di atti di terribile ostilità, che tuttavia vengono negati nel momento stesso in cui si manifestano, mentre SOLO LE LORO LEGITTIME REAZIONI sono considerare violente, dimentichi che - come si diceva da bambini - "chi la fa l'aspetti!".
       Guardo a tutto questo con estremo distacco, succede ogni giorno con abominevole frequenza, e la colpa è sempre di chi reagisce, mai di chi colpisce. A breve, il problema delle colpe neppure si porrà più, ci saranno solo azioni e reazioni. Non a caso - credo - si legge da varie parti che molti privilegiati stanno pensando soprattutto a garantire la loro sicurezza personale, cercando lidi nascosti e sicuri. Fanno bene, se ci riusciranno.
       Nessuno però pensa che un mondo in cui è lecito colpire, ma non essere colpiti, è il più POLEMOGENO di tutti e conterrà solo infinito orrore, il naturale frutto delle giustizie a senso unico, del pensare di avere solo e sempre ragione, di considerare gli altri come oggetti.
       Auguri!

                       Piero Visani

Blog "Sympathy for the Devil": Classifica dei post più letti (21 Febbraio - 20 Marzo 2017)

       Questo mese ha fatto segnare un numero record di visualizzazioni, prossimo alle 9.000, il che ha ovviamente voluto dire un forte incremento delle visualizzazioni quotidiane.
       L'elenco delle prime 15 posizioni nella classifica generale evidenzia, da un lato, la sostanziale stabilità di certi post ma, dall'altro, alcuni incrementi davvero significativi di post vecchi e nuovi. Il dato più significativo, in ogni caso, rimane quello che tutti gli oltre 3.000 post del blog vengono letti quotidianamente da un numero crescente di persone, al punto che il dato più rilevante è proprio quello della vastità dimensionale del numero di post letti:

  1. "Preparatevi alla guerra!", 1.341 (=) - 02/07/2016;
  2. Salvatore Santangelo, "Gerussia" - Recensione, 992 (+2) - 17/12/2016;
  3. Non sarà il canto delle sirene, 894 (+3) - 06/08/2014;
  4. Carlo Fecia di Cossato, 830 (=) - 25/08/2015;
  5. It's just like starting over, 587 (=) - 11/12/2012;
  6. Storia della guerra - 14: L'esercito di Federico il Grande, 467 (+11) - 19/10/2013;
  7. L'islamizzazione del radicalismo, 331 (+1) - 03/07/2016;
  8. Non, je ne regrette rien, 358 (+49) - 29/12/2012;
  9. Umberto Visani, "Mai stati sulla Luna?" - Recensione, 283 (+2) - 16/12/2016;
  10. Una questione di stile: Giorgio Albertazzi, 251 (=) - 28/05/2016;
  11. Augusto Grandi, "Italia allo sbando" - Recensione, 232 (+33)- 18/01/2017;
  12. El Capitan Alatriste, 227 (+227) - 03/03/2017;
  13. Quantum mutatus ab illo!, 204 (+19) - 20/05/2013;
  14. Elogio funebre del generale August-Wilhelm von Lignitz, 201 (+1) - 29/01/2014;
  15. Formal Dinner, 197 (+1) - 12/11/2016.
       Nei primi posti della classifica generale si segnala la new entry del post El Capitan Alatriste (+227 visualizzazioni) e il ritorno ai vertici della classifica del post Quantum mutatus ab illo! (+19 visualizzazioni), mentre evidenzia una forte progressione il post Non, je ne regrette rien (+49 visualizzazioni) e prosegue la sua scalata verso l'alto il post Augusto Grandi, "Italia allo sbando" - Recensione (+33 visualizzazioni).
       Un ulteriore dato significativo è che, per poter assurgere ai massimi vertici della classifica, occorrono ormai circa 200 visualizzazioni.
       Per quanto concerne invece i post che sono apparsi nel mese oggetto della nostra disamina, a parte il già citato El Capitan Alatriste, segnaliamo Roma e Bisanzio (172 visualizzazioni), La buona educazione (145 visualizzazioni) e Grande Guerra e Vittoria nella memoria nazionale, Milano 22 febbraio 2017 - Il video (129 visualizzazioni).
       Per concludere, le visualizzazioni sono salite a circa 111.000 e i post a circa 3.045, il che sta a significare che il numero medio di visualizzazioni per ogni singolo post è passato da 35,3 a 36,4, totalizzando un ulteriore nuovo record nel numero medio delle visualizzazioni per post.

                      Piero Visani




Martin McGuinness - In mortem


      Di fronte alla morte, è giusto fare un passo indietro, ma non è obbligatorio fare un commento apologetico: un grande "venditore" (nel senso di liquidatore) della causa dell'unità irlandese, insieme al suo degno sodale Gerry Adams. Non il primo, ovviamente, né l'unico, né l'ultimo. Una di quelle persone "moderate e di buon senso" grazie alle quali la situazione irlandese è oggi più o meno come è sempre stata, se non ci fosse stata la "Rivolta di Pasqua" del 1916 e lo scontro successivo (anche civile).
"Chi si accontenta gode, così così...": "parte prete e ritorna "curato"...
       In tutti i Paesi africani l'indipendenza nazionale è stata ottenuta. Per "i figli di un dio minore" è ambizione eccessiva. Tocca infatti gli interessi dei "figli di un dio maggiore", molto maggiore...

               Piero Visani




sabato 18 marzo 2017

Scozia - Italia: la partita delle Patrie


       E' solo un incontro di rugby, lo so, ma mette in campo tutta una vita: da un lato l'Italia, Patria a lungo amatissima, al cui ossequio in fondo ho sacrificato una parte della mia vita, ma oggi odiata, detestatissima, madre traditrice, amante fedifraga, meretrice di bassa lega. Dall'altro la Scozia, Patria d'adozione, Patria immaginata, più ancora che reale, ricettacolo di speranze, emozioni e di "voler essere". Patria come proiezione del Sé, con poche debolezze in quanto in larga misura irreale, ma dolcissima e cara proprio perché irreale. Ho giurato a me stesso che non mi occuperò mai più di realtà e di persone reali. Di vomito nella "cloaca maxima" del reale ne ho profuso abbastanza. D'ora in avanti solo estraneità totale a tutto.
P.S.: per mera informazione, tiferò ovviamente Italia. Ho senso della tradizione e delle radici. Non tradisco, mai.

                   Piero Visani

venerdì 17 marzo 2017

La prima notte di quiete

      Arriverà infine, come nel verso di Goethe, "la prima notte di quiete", con il suo dolcissimo carico di liberazione. Sarà bello aspettarla, sarà bello provarla, e liberarsi infine di tutte le nefandezze del mondo.
       L'età mi aiuta, non dovrò attendere molto.

                     Piero Visani




Blog "Sympathy for the Devil" - 110.000 visualizzazioni!!


       Nel giro di un solo mesetto, il mio blog ha avuto circa diecimila visualizzazioni, passando da centomila a centodiecimila in totale. Ringrazio molto sentitamente i lettori, perché è piacevole sapere che, almeno in un campo, non si fa proprio orrore. Restano tutti gli altri, ovviamente, ma almeno uno è discreto...

                     Piero Visani




giovedì 16 marzo 2017

Roma e Bisanzio

      L'impero romano d'Occidente cadde di fronte all'offensiva dei "barbari" nel 476 dopo Cristo. Quello romano d'Oriente, con capitale Bisanzio, gli sopravvisse quasi un millennio e cadde nel 1453 per mano dei turchi.
       Come fece il secondo a sopravvivere così tanto al primo, pur in presenza di minacce non meno gravi? Semplificando molto, grazie alla sua organizzazione militare e allo sfruttamento in campo bellico di tutte le tecnologie che l'epoca poteva offrire.
       Siccome vedo entusiasmi e frustrazioni per l'esito, invero alquanto scontato, delle elezioni politiche in Olanda, inevitabilmente mi interrogo su quanto ci sia di politico, nella situazione europea attuale, e quanto invece di geopolitico e di demografico. Perché l'interrogativo è di una semplicità assoluta: quanto può durare la Vecchia Europa - senescente, invecchiata nell'anima molto prima che nei corpi, attenta solo a potersi sentire garantita in tutto, dalla culla alla tomba, da uno "Stato mamma" - in un mondo che si sta facendo sempre più selvaggio e dove l'unico diritto possibile è - come sempre, più che mai - quello del più forte? Sono chiari ed espliciti i movimenti populisti sulla quantità notevolissima di fondi pubblici che occorrerà indirizzare sulla difesa e sulle tecnologie militari più avanzate per resistere ancora un po' alla forza terribile del numero? In genere, silenzio assoluto; amenità formidabili come quelle del rispristino del servizio militare obbligatorio (servono professionisti della guerra, non "soldati della domenica", per non parlare del fatto che l'aria che si respirerebbe nelle caserme servirebbe a una formazione "guerriera": ma davvero ci sono mai entrati, in una caserma italiana...?); battutine pseudo-intelligenti contro velivoli come gli F-35 (che certo non sono di produzione europea, etc. etc., ma che racchiudono in sé tecnologie militari avanzatissime, proprio quelle che servono nei combattimenti uno contro cento); e una condizione mentale di assoluto disarmo: la concezione vacanziera che da Natale porta al ponte di Carnevale, poi a Pasqua, poi alle ferie estive, poi a quelle dei Santi, per tornare infine a Natale. E dove il lavoro è ovviamente solo il periodo sfortunatamente compreso tra una vacanza e un'altra.
      Se ci fosse uno "scontro di civiltà" in atto, direi che questa sarebbe una "solidissima" base di partenza. E in realtà, per molti versi, lo scontro c'è, ma è già perduto sul piano più importante, quello demografico, perché i vecchi sono molto meno inclini dei giovani al combattimento, allo scontro fisico e a mettere a repentaglio qualcosa, a cominciare da se stessi. Ed è già perduto in partenza anche ad altri livelli, se si pensa che uno dei movimenti "rivoluzionari" (ed eterodiretti...) esistenti a livello europeo - quello grillino - è fatto da transfughi delusi della Sinistra, animati dalle stesse amenità pacifiste tipiche dell'universo culturale da cui provengono. Pensano a "redditi di cittadinanza", vale a dire a mantenere a fare un assoluto nulla post-sessantottini di lungo corso come loro, poco importa se autoctoni o migranti. Per non parlare del fatto che la borghesia, resa imbelle dal "lavaggio del cervello" in senso pacifista operato in Europa per decenni dai referenti politici di USA ed URSS, pensa come da secoli solo alla difesa dei suoi soldi, puliti (raramente) o sporchi (quasi sempre) come abitualmente sono.
     La realtà è decisamente più terribile e avrebbe dovuto prevedere - ma è già tardi - una sola strategia di sopravvivenza: la difesa di un limes grazie a tecnologie militari molto sofisticate. Espresso ora, questo solo concetto fa sorridere: il numero è potenza, è assolutamente potenza, e alla fine vincerà. La gioventù è vigore e avrà inevitabilmente ragione su un continente di pensionati (del corpo e dell'anima) e di assistiti (dalla culla alla tomba). LA VITA, CHE E' VIOLENZA, LOTTA, SOPRAFFAZIONE - esattamente come lo è la natura - SI IMPORRA' CON TUTTO IL SUO VIGORE SULLA MORTE. E sarà un momento splendido. Certo, per noi europei vorrà dire "sottomissione". Non lo sapevamo...? Lo abbiamo scoperto adesso...?

                                        Piero Visani


lunedì 13 marzo 2017

Legittima...demenza


       Ho passato una vita di lavoro a prendermi lo scherno, se solo le discussioni si facevano un po' pesanti, di coloro che mi dicevano: "ma Lei, che discetta di storia militare e strategia, è mai stato in guerra?". Ed io, che non vi sono stato (del che mi dolgo, perché sarei sicuramente morto e mi sarei risparmiato di soffrire per niente in questa vita di purissimo guano, grazie al contributo di una ricca congrega di bastardi), dovevo ammettere che no, non vi ero stato. Lo sguardo di compatimento del mio contestatore mi dimostrava quello che valevo per lui (e forse anche per me...).
       Ecco, quando sento politici e giuristi discettare di queste problematiche, specialmente in forma assolutoria nei confronti dei delinquenti (ma quella è solidarietà di categoria, ritengo...), mi verrebbe voglia di avanzare le medesime contestazioni e di immaginare una scena in cui un illustre giurista, sorpreso in casa di notte da una banda di ladri o rapinatori, si sveglia e, non potendo afferrare altro, li mette in fuga a colpi ben mirati di codici e pandette, riuscendo per di più ad evitare accuse per eccesso di legittima difesa.
       Questo è notoriamente un Paese di supercialtroni, però parlare di ciò che si ignora è sempre un po' grave. Se solo si leggessero opere magistrali come "On Combat" e "On Killing" di Dave Grossman, tradotte in italiano per i tipi delle Edizioni Libreria Militare di Milano, si resterebbe sempre nel teorico, ma si capirebbe che i fattori nervosi, psicologici ed emotivi coinvolti in uno scontro a fuoco sono tantissimi e stanno dovunque meno che negli atti e nei cervelli (se sussistono) di politici e giuristi. Solo chi è o è stato in situazioni analoghe ha esperienze reali da trasmettere.

                       Piero Visani

E la Scozia ci riprova


       Capisco gli amici scozzesi: se le circostanze storiche ti offrono la possibilità di tentare un secondo referendum indipendentista a poco più di due anni di distanza da quello perso per non troppi voti di differenza, è giusto provarci. La Brexit britannica offre quell'opportunità e, anche se la prospettiva di passare dal secolare dominio inglese all'eventuale ritorno nell'Eurolager è cosa che può allietare solo i Sassoni, e non certo i Celti, tuttavia comprendo che questa occasione non vada perduta.
       "Scotland forever!". Gli appelli della Storia non vanno disattesi. Il futuro, dopo tutto, è sempre e solo un'ipotesi.

                       Piero Visani



sabato 11 marzo 2017

"La vita è sogno"

       Così titolò il suo dramma, scritto nel 1635, lo scrittore spagnolo Pedro Calderòn de la Barca (1600-1681), intendendo fare riferimento all'illusorietà dell'esistenza. Non posso certo dargli torto. Mi permetterei solo di aggiungere che la vita è anche impostura, una continua, terribile e reiterata impostura. Gli umani mentono, e godono a mentire, per cui - per mettersi al riparo da tale impostura - sarebbe forse più salutare non vivere.

                         Piero Visani



venerdì 10 marzo 2017

L'agression

       L'Agression ("Appuntamento con l'assassino" nella versione italiana), è un film del 1975 di Gérard Pirès. Modesto esemplare di cinematografia di genere poliziesco, ma con protagonisti attori di valore come Jean-Louis Trintignant e una splendida Catherine Deneuve, ricordo che colpì molto la mia fantasia - evidentemente già allora alquanto particolare - perché i due, di ritorno dai funerali della moglie e della figlia di lui (e della sorella e nipote di lei), vittime di una spaventosa aggressione, finiscono a letto insieme, celebrando a modo loro un evento di morte con una scelta di vita (o con una - ma più ritualizzata - scelta anch'essa di morte).
        La trovai una soluzione filmica molto bella da parte del regista, sicuramente in grado di épater les bourgeois, ma già allora perfettamente in linea con la mia visione del mondo. Ovviamente una soluzione molto cinematografica, poco o punto realistica, ma affine al mio modo di sentire, per cui la passione o solo il sesso o semplicemente la volontà di potenza di entrambi si affermano su qualsiasi altra cosa, compreso il più terribile dei dolori, perché l'impulso del momento ha la prevalenza su tutto il resto. E nessuno prova alcun pentimento, dopo...
       Ho sempre avuto un animo del genere e non ho mai inteso nasconderlo. Dovessi scrivere qualcosa, punterei ancora oggi su soluzioni così radicali. Forse sono impossibili, ma per me hanno comunque un senso. Sono "oltre".

                          Piero Visani



giovedì 9 marzo 2017

Una terribile bellezza


       Migliaia di indizi lo stanno a indicare. Si manifestano lenti, spesso distanziati l'uno dall'altro nel tempo e anche nella spazio, ma - per parafrasare vagamente William Butler Yeats - "una terribile bellezza" sta nascendo. E' un mostro con tante teste, una vera e propria idra, e probabilmente ci spazzerà via tutti, ma la impagabile soddisfazione sarà che spazzerà via anche coloro che l'avranno evocato, credendo di costituirsi fortune di lunga durata, che si riveleranno invece molto più effimere di quanto essi non avessero supposto.
       In tutti i campi, la deliberata generazione di situazioni altamente polemogene produce esattamente l'obiettivo ricercato, vale a dire guerre e disastri. Non è detto che ne uscirà necessariamente vivo chi ha inteso artatamente ricercarlo. Ma l'aria che tira è quella, i venti che tirano sono quelli, e la prevedibile "stagnazione secolare" che si annuncia in campo economico forse priverà i più di lucidità, ma li armerà di grande coraggio, il coraggio della disperazione, il "cupio dissolvi" che anima tutti quando si sa che tutto è perduto e ci preme solo di portarne il più possibile con noi... Non ci sarà gioia, solo dolore, infinito dolore, ma sarà più facile ricercarne i colpevoli.

                             Piero Visani

mercoledì 8 marzo 2017

Mulholland Drive


Per me, una strada di culto già molto prima (1988) del celebre film di David Lynch (che è del 2001, se ricordo bene). Era bello, in certe lunghissime notti di una Los Angeles estiva, percorrerla il più a lungo possibile, sognando di essere "come in un film", guardando la megalopoli distendersi di sotto. Sognavo altre vite, parte delle quali, in fondo, è venuta. Altra parte l'ho immaginata o tentato di costruirla.
Tra quelle curve, mi facevano compagnia la radio e qualche battuta con i miei compagni d'avventura. Naomi Watts e Laura Harring non le incontrai, però. Del resto, sarebbero probabilmente state troppo giovani per me, anche se all'epoca avevo solo 38 anni. Ma l'atmosfera era assai bella. Ho amato molto la California, era dannatamente cinematografica, era talmente falsa da risultare vera, e viceversa. Ed io ero - al tempo stesso - fuori e dentro al film, come mi è sempre piaciuto essere.
Volevo ancora fare cose, costruire. Lo voglio ancora.

Piero Visani



La guerra di tutti contro tutti

       Le nuove rivelazioni di Wikileaks sulle massicce attività spionistiche della CIA non direbbero e non dicono alcunché di nuovo sul fatto che il mondo è un luogo ad elevatissimo tasso di conflittualità, ma ci dovrebbero almeno servire ad evidenziare la terribile discrasia che esiste tra un "pensiero unico" e i suoi (falsi) valori, e la realtà, una realtà dove si procede solo per colpi bassi, dove si cercano informazioni dappertutto e su tutto. Il mondo della guerra di tutti contro tutti, dell'hobbesiano bellum omnium contra omnes.
       Mai come oggi, del resto, la "forma Stato" appare debole, delegittimata e in crisi, basta guardare a quanto sta accadendo negli Stati Uniti nelle varie lotte di potere tra le varie agenzie (non solo informative). Al tempo stesso, la fuga di notizie di cui si è resa protagonista Wikileaks lascia ipotizzare altresì legami tutt'altro che adamantini tra servizi segreti, aziende delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, centrali di spionaggio pubbliche e anche loro importanti contraltari privati, di cui al momento si sa ancora poco, per non dire pochissimo.
       Quello che mi diverte di più, tuttavia, è che il mondo, dietro le molto trite e ritrite parole d'ordine su pace, amore, giustizia, legalità e "volemose bene", è più che mai un'immonda cloaca, dove la perdita di potere della "forma Stato" in favore di oscuri potentati finanziari non fa che moltiplicare le occasioni di conflitto e di colpi bassi, e dove neppure si può essere più sicuri che anche agenzie formalmente pubbliche, come la CIA, non stiano in realtà combattendo le loro guerre private, al soldo di oscuri e talvolta indicibili padroni.
      La "guerra per bande" su scala planetaria è già cominciata da tempo. Pochi la vogliono vedere, altri preferiscono comprarsi l'ultimo modello di smartphone, probabilmente lieti di essere spiati meglio. Un mondo di voyeur, e di sciocchi e ingenui esibizionisti, ignari del fatto che l'informazione è tutto e che chi sa, può. A condizione che l'unico "Grande Fratello" di cui si preoccupi non sia quello trasmesso da Mediaset...

                             Piero Visani






Boudicca (Boadicea)



Regina (33-61 dopo Cristo) della tribù degli Iceni, mobilitò i Britanni contro il dominio romano. Sottoposta a pubblica flagellazione, ne ritrasse un terribile risentimento anche personale a causa della grave umiliazione subita, e lottò a fondo contro gli occupanti. Sconfitta dalla superiorità tattica delle legioni romane, preferì suicidarsi piuttosto che andare incontro a una fine più atroce.
Così la descrisse un romano:
« Era una donna molto alta e dall'aspetto terrificante. Aveva gli occhi feroci e la voce aspra. Le chiome fulve le ricadevano in gran massa sui fianchi. Quanto all'abbigliamento, indossava invariabilmente una collana d'oro e una tunica variopinta. Il tutto era ricoperto da uno spesso mantello fermato da una spilla. Mentre parlava, teneva stretta una lancia che contribuiva a suscitare terrore in chiunque la guardasse. » (Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, 62, 2).
Credo sia utile ricordarla oggi, perché - a differenza delle melensaggini sul tema - chiunque abbia un minimo di esperienza non "politicamente corretta" del mondo sa che non esiste sesso più polemogeno di quello femminile, sia contro i maschi sia al proprio interno, per conflitti tanto convenzionali quanto soprattutto non convenzionali (guerriglie, terrorismo, boicottaggi, etc.). Da un amante della polemologia, il mio è un attestato di stima, nel caso in cui non fosse chiaro. E sono assolutamente serio.

Piero Visani



L'eroe della Beresina


       Il generale Jean-Baptiste Eblé, al comando di circa 400 pontieri olandesi con relativo equipaggio, il 25 novembre 1812, alle ore 18, riceve da Napoleone l'ordine di costruire due ponti di barche sul fiume Beresina, onde consentire alla Grande Armée in ritirata da Mosca di proseguire la sua marcia verso occidente.
       L'ordine viene eseguito lavorando tutta la notte e la mattina successiva, alla luce delle torce e nelle acque gelide. Lo stesso Eblé, per dare l'esempio ai suoi genieri, che non sono neppure francesi, si getta più volte nelle acque della Beresina per accelerare i lavori.
       Alle ore 13 del 26 novembre, i due ponti sono pronti e il passaggio può avere inizio. Esso dura fino al giorno 29, quando, sotto la minaccia crescente dei cosacchi e delle truppe regolari russe, Eblé si prende tuttavia la responsabilità di ritardare di due ore la distruzione dei ponti, al fine di consentire il passaggio di molti altri soldati in fuga.
       Fiaccato nella salute da tale straordinaria impresa, compiuta in condizioni oggettivamente terribili, Eblé muore il successivo 31 dicembre a Koenigsberg, nella Prussia orientale, dopo aver dato un formidabile contributo alla ritirata della Grande Armée.

                           Piero Visani




martedì 7 marzo 2017

Conferenze


       Da Versailles a Wannsee, per tornare a Versailles, le conferenze non portano granché bene, nella storia europea. Quest'ultima conferenza poi, per varietà di obiettivi, potrebbe assomigliare ad entrambe.
       Potremmo forse consolarci con il fatto che, se in lavoro non c'è, non può renderci liberi, ma il nostro amore per la speculazione intellettuale consente di individuare la presenza di canaglie ovunque si manifestino, senza neppure gli (indebiti) suggerimenti di un Erdogan...

                    Piero Visani

domenica 5 marzo 2017

Ricordo di mio padre

       Mio padrè morì l'8 marzo 2001, nelle prime ore del mattino. Aveva compiuto 89 anni da poco più di un mese. Non voglio ricordarlo con smancerie varie, tendenti al commovente, che mi infastidiscono e non fanno per me.
       Voglio ricordare il suo ultimo gesto, che mi piacque molto e che probabilmente ricostruì la sua immagine ai miei occhi, dopo un lungo rapporto mai veramente controverso ma neppure mai davvero liscio e chiaro, da parte mia. Amavo la sua adorazione per me (ma io amo tutte le adorazioni per me...), ma non avevo mai amato la sua vocazione al compromesso, i tentativi di smussare le innumerevoli punte del mio carattere e il mio radicalismo. I suoi avvertimenti - inutili - sul fatto che, seguendo la mia indole, mi sarei votato alla dannazione (del resto, sono sostanzialmente soddisfatto di essermici votato...).
       Sapevo, già quando me lo diceva, che probabilmente aveva ragione, ma io non ho mai seguito né i buoni consigli né il cattivo esempio. Ho sempre fatto assolutamente di testa mia, da qualche genialata (pochissime) a varie pazzie (tante). In questo, il mio carattere è e resta molto più affine a quello di mia madre.
       A dimostrazione della sua natura malleabile, ad un certo punto - forse in linea con alcune mie modeste progressioni di posizionamento professionale - mio padre divenne una sorta di adoratore del proprio figlio, nonché di capo ufficio stampa del medesimo, e tale rimase fino alla fine dei suoi giorni. Ci fu sempre un piccolo fossato di "non detto", tra noi, perché io lo amavo come padre, mentre non è sempre detto - mi costa scriverlo, ma è la verità - che lo stimassi.
       La fine dei suoi giorni, tuttavia, fu all'altezza delle mie migliori aspettative e in fondo servì a colmare quel piccolo fossato che era durato una vita. Era sempre stato discretamente incline all'emotività, ma alla fine seppe morire in piedi.
       Ricordo il pomeriggio del 7 marzo 2001, in cui andai a trovarlo per l'ultima volta. Sapevamo benissimo entrambi che era l'ultima volta, ma nessuno volle dirlo. Faceva fatica a parlare, ma non ci dicemmo molto. Poi, vedendo che si stancava, lo salutai e gli diedi un bacio sulla guancia, che lui ricambio. Poi - e fu questo che mi sorprese - mi diede la mano, come tra adulti che si salutano (del resto, avevo ormai quasi 51 anni), e accompagnò il gesto - che durò qualche attimo in più del necessario - con uno sguardo fermo e fiero, che non ho mai dimenticato. Quel suo duro, consapevole e virile atteggiamento di fronte alla morte mi piacque infinitamente. In articulo mortis, divenne il padre che avrei sempre voluto avere.

                                   Piero Visani



sabato 4 marzo 2017

Strategia e tattica in pillole - 1: Aggressioni e risposta alle aggressioni

       Se un Paese viene aggredito da un altro con il quale esistevano da tempo rapporti di alleanza ed amicizia, è ovvio che l'attacco sarà più difficile da fronteggiare e inevitabilmente più lento da assorbire a livello psicologico, a causa dell'improvviso venir meno di un rapporto fiduciario che si riteneva consolidato nel tempo.
       La prima cosa da fare consiste ovviamente nel rintuzzare l'attacco e nel cercare di contenerne al minimo gli effetti, limitando i danni. Una volta stabilizzata la situazione, occorrerà interrogarsi sui comportamenti da adottare:
  • accettare il ristabilimento dello status quo, rendere più impermeabili i propri confini e andare alla ricerca di nuove alleanze;
  • oppure passare al contrattacco e far pentire l'amico ormai diventato nemico dei danni anche gravi che ci può avere inferto?
       Ogni situazione, ovviamente, richiede chiavi di lettura specifiche, legate alle singole circostanze, che le classi dirigenti di uno Stato dovranno cercare di valutare in base ai loro interessi contingenti e permanenti.
       Personalmente, chi scrive ritiene che la soluzione migliore consista nell'adozione di reazioni commisurate all'entità del danno che ci è stato inferto. Ne conseguirà che una piccola scaramuccia di confine non comporterà altro che una piccola reazione, mentre un attacco a fondo, condotto con intenti mortiferi, richiederà una reazione altrettanto grave. In questo secondo caso, l'obiettivo di fondo consisterà nell'abbattimento della volontà del nemico, cui dovrà essere fatto comprendere che non dovrà mai più tentare atti del genere. Di conseguenza, la rottura delle relazioni diplomatiche sarà una misura minima da adottare. Chi infatti ha cercato di colpire uno Stato dovrà essere messo nelle condizioni di non poter nuocere ulteriormente. Quanto ad eventuali altre forme di reazione, quelle sarà il futuro a doverle delineare e far valutare: si potrà considerare l'incidente chiuso, le relazioni diplomatiche rotte e ristabilito un modus vivendi basato sul reciproco ignorarsi, oppure si potrà puntare sulla ricerca, a futura memoria, di un modus moriendi del nemico che è tipico degli Stati che non hanno solo potenza, ma anche dignità e senso dell'onore. Quella sarà una scelta che dovranno operare le classi dirigenti, essenzialmente sulla base dell'evolversi della situazione.

                          Piero Visani




       

venerdì 3 marzo 2017

El Capitan Alatriste

       Non si combatte per vincere. Si combatte per difendere il proprio onore e la propria identità. Non ci sono beni più preziosi di quelli. E null'altro conta, per un guerriero, se non il sapore di una prossima guerra. L'onore e la dignità sono molto più importanti della vita.

                      Piero Visani



"Vom Kriege"

       Scrive il grande teorico della guerra Carl von Clausewitz (1780-1831), in un celeberrimo e alquanto abusato passo della sua opera magistrale "Della guerra" (Vom Kriege, nell'originale tedesco), che "la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi". Ne consegue che, quando la politica ha esaurito ogni altro tipo di risorsa, la guerra può diventarne la longa manus, ovviamente con mezzi diversi da quelli squisitamente politici e un poco più "duretti" (e diretti...).
       Gli obiettivi di fondo di una guerra, tuttavia, restano e devono restare sempre squisitamente politici, anche quando essa tende ad escalare verso gli estremi, altrimenti ne andrebbe persa la naturale essenza strumentale.
       Nella vita di tutti i giorni, è abbastanza normale che, se si è oggetto di un atto di guerra, di cui per altro sono chiarissimi gli intenti politici (latamente intesi), si può porsi di fronte ad esso in vari modi, uno dei quali - certamente il preferito da chi la guerra ha inteso scatenarla - è quello di assoggettarsi al volere del nemico. Se questa soluzione indubbiamente vile viene respinta dall'aggredito, allora molte altre forme conflittuali restano possibili, sia difensive sia offensive.
      Per natura - e anche come studioso del tema - la mia soluzione preferita è sempre quella del conflitto ad oltranza, fino all'abbattimento della volontà del nemico. Una soluzione più modesta, e a mio giudizio alquanto insoddisfacente, ma che per alcuni può risultare accettabile, può consistere nella semplice azione di respingere il nemico stesso entro i confini che gli erano abituali, dai quali ha improvvidamente teso ad uscire. Non sarà nulla di particolarmente glorioso, ma sarà un atto calibrato sull'entità dell'offesa subita. Qui svolgono un ruolo importante anche i caratteri individuali degli strateghi. Il mio, ad esempio, è poco o punto incline a compromessi, per cui sono sempre un po' a chiedermi per quale erronea ragione si tende talvolta ad attaccare me, che non solo amo il conflitto, ma anche una forma peculiare e circoscritta del medesimo, che è la faida, specie se di lunga e lunghissima durata.
       E anche così ho mantenuto brillantemente la mia promessa di parlare solo di questioni militari.

                      Piero Visani




giovedì 2 marzo 2017

"Pensarci sempre, non parlarne mai"

       Dopo la catastrofica sconfitta della Francia nella guerra franco-prussiana del 1870-71, il crollo del II Impero napoleonico e l'estromissione forzata della Francia dall'Alsazia e dalla Lorena, annesse dal neonato Impero germanico, il feroce desiderio di révanche che si diffuse nell'immaginario collettivo francese venne fortemente alimentato da una bella frase coniata da Léon Gambetta (1838-1882), politico repubblicano che fu ministro dell'Interno al momento della nascita della III Repubblica: "Pensarci sempre, non parlarne mai". Con essa, Gambetta intendeva dire che pensare alla rivincita e al recupero delle due province dovesse essere un impegno costante di ogni francese, ma essere inserito in profondità nei loro cuori, affinché si sedimentasse meglio e di più, per poter poi essere tirato fuori al momento giusto, che per la Francia verrà l'11 novembre 1918, con la vittoria sull'Impero germanico e il disfacimento di quest'ultimo.
       Credo che anche a livello individuale debba essere così, perché il "pensarci sempre" è fonte di continui spunti e suggestioni nuove; alla stessa stregua, il "non parlarne mai" è altrettanto importante, perché in tal modo si riesce a dare al nemico il senso che certe offese incredibili siano state dimenticate o comunque che la loro memoria si sia in qualche modo attenuata, ciò che lo indurrà ad abbassare le proprie difese e a renderlo più vulnerabile.
       Historia magistra vitae, si era soliti affermare un tempo, ma oggi a queste cose nessuno crede più e la storia in pochissimi la conoscono. Io però sono laureato in Storia e adoro seguire gli esempi storici che amo.

                    Piero Visani




Gestione delle crisi

       Le fasi di crisi sono fasi di trasformazione, di mutamento (se in meglio o in peggio lo dirà il tempo).
       In genere, le crisi sono quasi sempre frutto di fattori esterni e anche questa volta è così. Tuttavia, dopo averne ammortizzato l'impatto, si deve pensare subito a ripartire. Per un certo numero di anni, in ambito istituzionale, ho fatto esperienza e praticato il crisis management, su eventi anche di notevole importanza nella storia nazionale recente (che non posso ovviamente citare per normale deontologia professionale). Durante tale attività, incentrata soprattutto sulle dinamiche comunicative, ho compreso che sia la verità sia quella che oggi sarebbe definita la "post-verità" sono fondamentali per ogni gestione delle crisi e che solo la verità, per quanto dura o durissima da digerire, sia per i comunicatori sia per il pubblico, è tale da produrre positivi frutti nel medio-lungo periodo, quando non addirittura nel breve.
       Certo, volano stracci, panni sporchi, accuse e contro-accuse, ma proprio questo contenuto di verità, emotivamente connotato, è tale da poter avere agevolmente la meglio sulle menzogne ufficiali, che spesso sono carenti sul versante dell'impatto emotivo (se si fa astrazione dalla mera propaganda). Mi è piaciuta talmente, questa esperienza, che ne ho trasferito tutte le valenze anche nella gestione della mia vita privata.

                     Piero Visani

   
                           





                      

mercoledì 1 marzo 2017

Grande Guerra e Vittoria nella memoria nazionale, Milano 22 febbraio 2017 - Il video

       Ecco il video della conferenza tenuta da Maurizio Cabona e me il 22 febbraio 2017 nella sala della Vittoria Alata, nel Comando della Prima Regione Aerea.



La carica dei 101 - Classifica di Febbraio 2017

    Il mese di febbraio ha confermato il crescente dinamismo di questo blog, con ben quattro nuovi ingressi, tutti partiti da zero e premiati da molte visualizzazioni. Molti altri post, inoltre, si sono dimostrati in crescita, anche se raramente significativa, e infatti i post che hanno superato le cento visualizzazioni sono ora 56, mentre le visualizzazioni complessive hanno raggiunto il traguardo di quasi 105.000.
       Dei post con le visualizzazioni più numerose, uno ha superato le 1.300, un altro è prossimo alle mille, due ne hanno più di 800, uno più di 500, uno più di 400, due più di 300 e cinque più di 200. Gli altri ne hanno avute da molte più a poco più di 100.
       Qui di seguito l'elenco dei post più letti (in blu sono indicato i post che hanno scalato posizioni nella classifica generale, in rosso i nuovi ingressi):
  1. "Preparatevi alla guerra!", 1.341 (+2) - 02/07/2016;
  2. Salvatore Santangelo, "Gerussia" - Recensione, 991 (+7) - 17/12/2016;
  3. Non sarà il canto delle sirene, 891 (+1) - 06/08/2014;
  4. Carlo Fecia di Cossato, 830 (=) - 25/08/2015;
  5. It's just like starting over, 587 (+2) - 11/12/2012;
  6. Storia della guerra - 14: L'esercito di Federico il Grande, 460 (+16) - 19/10/2013;
  7. L'islamizzazione del radicalismo330 (+1) - 03/07/2016;
  8. Non, je ne regrette rien!, 312 (+7) - 29/12/2012;
  9. Umberto Visani, "Mai stati sulla luna?" - Recensione, 281 (+1) - 16/12/2016;
  10. Una questione di stile: Giorgio Albertazzi, 251 (+1) - 28/05/2016;
  11. Un'evidente discrasia (in margine ai fatti di Parigi), 224 (=) - 08/01/2015;
  12. Augusto Grandi, "Italia allo sbando" - Recensione, 222 (+29) - 18/01/2017;
  13. Elogio funebre del generale August-Wilhelm von Lignitz, 201 (+1) - 29/01/2014;
  14. Formal Dinner, 197 (+3) - 12/11/2016;
  15. JFK e lo "zio Adolf", 186 (+2) - 17/05/2013;
  16. Quantum mutatus ab illo!, 185 (=) - 20/05/2013;
  17. Le donne accoglienti, 175 (+1) - 15/03/2013;
  18. Tamburi lontani, 164 (=) - 09/01/2015;
  19. Storia della guerra - 16: La guerra franco-indiana, 163 (+3) - 23/10/2013;
  20. Isbuschenskij, 162 (=) - 23/08/2013;
  21. L'amore bugiardo - "Gone Girl", 161 (+1) - 28/12/2015;
  22. Storia della guerra - 25: La Terza Guerra d'Indipendenza, 157 (+1) - 29/10/2016;
  23. Spezzeremo le reni all'UE!!, 155 (+7)  - 30/01/2017;
  24. Il coraggio, 154 (+2) - 11/11/2016;
  25. Storia della guerra - 19: L'ascesa dell'impero napoleonico, 152 (+3) - 31/10/2013;
  26. "Foutez-moi tout ce monde-là dehors, 148 (=) - 05/11/2016;
  27. Umberto Visani, "Ubique", 147 (=) - 19/04/2013;
  28. La verità è sempre rivoluzionaria, 143 (=) - 21/03/2013;
  29. La buona educazione, 139 (+139) - 27/02/2017;
  30. I duellanti: una storia vera, 138 (=) - 17/11/2014;
  31. Per proprietà transitiva, 131 (+3) - 22/07/2016;
  32. La storia si ripete, 130 (=) - 15/10/2016;
  33. "False Flag - Sotto falsa bandiera", 127 (+2) - 03/07/2016;
  34. La rivolta di Pasqua (Dublino 1916), 127 (+1) - 31/03/2013;
  35. Look away, Dixieland, 126 (=) - 31/03/2013;
  36. Richard: sensi, desiderio e piacere, di Ada Cattaneo, 125 (=), 19/06/2015;
  37. "71" - Il film, 122 (=) - 10/07/2015;
  38. Storia della guerra - 10: L'avvento del "Tercio", 121 (=) - 11/10/2013;
  39. Arianna, di Stefano Vaj, 118 (=) - 20/06/2015;
  40. Il numero è potenza, 118 (=) - 07/05/2016;
  41. American Sniper, 116 (=) - 05/01/2015;
  42. Teoria del partigiano, 116 (=) - 27/09/2013;
  43. Essere soldati - Dialogo con Marco Valle, 115 (=) - 01/01/2016;
  44. Five Star General, 115 (=) - 13/04/2016;
  45. Ma quante volte l'hanno già dato, 'sto film?, 115 (=) - 18/08/2016;
  46. War Films" - Recensione, 108 (+1) - 17/08/2015;
  47. Gli aggiustamenti "borghesi, 107 (=) - 05/02/2014;
  48. La "guerra mediatica" è già cominciata, 106 (+1) - 04/01/2017;
  49. Perché siamo privi di una cultura strategica, 106 (+1) - 10/11/2013;
  50. Corsi e ricorsi storici: Huey Long, 106 (=) - 02/08/2016;
  51. I neo-Carbonari, 103 (+1) - 16/01/2017;
  52. Le conseguenze dell'imbecillità, 103 (=) - 16/01/2017;
  53. La tragedia degli equivoci, 102 (+102) - 14/02/2017;
  54. L'ombra del diavolo, 102 (+102) - 02/02/2017;
  55. Maida Vale, London, 101 (+101) - 10/02/2017;
  56. La guerra per bande, 101 (=) - 06/02/2015.
       Il migliore exploit del mese è  stato quello di un post nuovo La buona educazione (+139 visualizzazioni). Ma anche tutti gli altri risultati di rilievo del mese di febbraio sono stati colti solo da post nuovi, cioè comparsi nel corso dello stesso mese: La tragedia degli equivoci e L'ombra del diavolo (+102 visualizzazioni) e Maida Vale, London (+101 visualizzazioni)
        L'unico risultato significativo, tra i post già in classifica, è stato quello del post Augusto Grandi, "Italia allo sbando" - Recensione, con 29 nuove visualizzazioni, che gli ha consentito di passare dal 14° al 12° posto della classifica generale.

                        Piero Visani