lunedì 27 marzo 2017

Il seme della violenza

      Vittime come siamo di iniquità ogni giorno più evidenti e pazzesche; con una vita ridotta a pagare tasse e gabelle varie; costretti a lavorare come cani per poter dare da mangiare (e nulla più) a noi stessi e alle nostre famiglie; ben consapevoli del fatto che chi ci fa quotidianamente la morale non fa altro che rubare a man salva, stiamo giorno dopo giorno immagazzinando una carica di violenza che attende solo di esplodere.
      Com'è ovvio, esplode per prima nelle anime più semplici e primitive, ma ha già raggiunto una parte considerevole di noi e - se devo dire - la cosa non mi turba per niente: anzi, aspetto solo che venga il mio turno. Nella più totale assenza di giustizia e verità, le mani e le armi sono quello che ci resta. Lo sappiamo bene e lo scopriamo giorno dopo giorno, nel mentre un'orda di pasciuti "buonisti", al riparo di scorte, privilegi e chiese, ci dice che cosa dovremmo fare.
      Le persone più semplici hanno già capito che cosa dovremmo fare, e lo fanno, per ora scatenandosi come belve in venti contro uno, e tra loro. Ma si tratta solo di attendere che questa deriva compia il suo corso, poi sarà la volta della mattanza collettiva. Capita sempre così, quando le civiltà finiscono. Occorre il bagno di sangue purificatore (e pedagogico) per dare vita a qualcosa di migliore, che non durerà ad infinito, ma ci consentirà almeno di divertirci (o anche solo di sfogarci) un po'.
      I periodi di iniquità assoluta, quelli in cui stiamo vivendo, richiedono lavacri assoluti, quelli che vivremo. Probabilmente privi di qualsiasi ragione, ma intrinsecamente razionali in quanto totalmente irrazionali. Nessuno potrà dire di non essersene accorto o di non averlo sentito arrivare. Sale, giorno dopo giorno. Non c'è da ridere né da piangere, è puramente liberatorio, è una sorta - se mi si passa la volgarità - di inevitabile evacuazione sociale, una dovuta purga collettiva.

                     Piero Visani