Se un Paese viene aggredito da un altro con il quale esistevano da tempo rapporti di alleanza ed amicizia, è ovvio che l'attacco sarà più difficile da fronteggiare e inevitabilmente più lento da assorbire a livello psicologico, a causa dell'improvviso venir meno di un rapporto fiduciario che si riteneva consolidato nel tempo.
La prima cosa da fare consiste ovviamente nel rintuzzare l'attacco e nel cercare di contenerne al minimo gli effetti, limitando i danni. Una volta stabilizzata la situazione, occorrerà interrogarsi sui comportamenti da adottare:
- accettare il ristabilimento dello status quo, rendere più impermeabili i propri confini e andare alla ricerca di nuove alleanze;
- oppure passare al contrattacco e far pentire l'amico ormai diventato nemico dei danni anche gravi che ci può avere inferto?
Ogni situazione, ovviamente, richiede chiavi di lettura specifiche, legate alle singole circostanze, che le classi dirigenti di uno Stato dovranno cercare di valutare in base ai loro interessi contingenti e permanenti.
Personalmente, chi scrive ritiene che la soluzione migliore consista nell'adozione di reazioni commisurate all'entità del danno che ci è stato inferto. Ne conseguirà che una piccola scaramuccia di confine non comporterà altro che una piccola reazione, mentre un attacco a fondo, condotto con intenti mortiferi, richiederà una reazione altrettanto grave. In questo secondo caso, l'obiettivo di fondo consisterà nell'abbattimento della volontà del nemico, cui dovrà essere fatto comprendere che non dovrà mai più tentare atti del genere. Di conseguenza, la rottura delle relazioni diplomatiche sarà una misura minima da adottare. Chi infatti ha cercato di colpire uno Stato dovrà essere messo nelle condizioni di non poter nuocere ulteriormente. Quanto ad eventuali altre forme di reazione, quelle sarà il futuro a doverle delineare e far valutare: si potrà considerare l'incidente chiuso, le relazioni diplomatiche rotte e ristabilito un modus vivendi basato sul reciproco ignorarsi, oppure si potrà puntare sulla ricerca, a futura memoria, di un modus moriendi del nemico che è tipico degli Stati che non hanno solo potenza, ma anche dignità e senso dell'onore. Quella sarà una scelta che dovranno operare le classi dirigenti, essenzialmente sulla base dell'evolversi della situazione.
Piero Visani