Mio padrè morì l'8 marzo 2001, nelle prime ore del mattino. Aveva compiuto 89 anni da poco più di un mese. Non voglio ricordarlo con smancerie varie, tendenti al commovente, che mi infastidiscono e non fanno per me.
Voglio ricordare il suo ultimo gesto, che mi piacque molto e che probabilmente ricostruì la sua immagine ai miei occhi, dopo un lungo rapporto mai veramente controverso ma neppure mai davvero liscio e chiaro, da parte mia. Amavo la sua adorazione per me (ma io amo tutte le adorazioni per me...), ma non avevo mai amato la sua vocazione al compromesso, i tentativi di smussare le innumerevoli punte del mio carattere e il mio radicalismo. I suoi avvertimenti - inutili - sul fatto che, seguendo la mia indole, mi sarei votato alla dannazione (del resto, sono sostanzialmente soddisfatto di essermici votato...).
Sapevo, già quando me lo diceva, che probabilmente aveva ragione, ma io non ho mai seguito né i buoni consigli né il cattivo esempio. Ho sempre fatto assolutamente di testa mia, da qualche genialata (pochissime) a varie pazzie (tante). In questo, il mio carattere è e resta molto più affine a quello di mia madre.
A dimostrazione della sua natura malleabile, ad un certo punto - forse in linea con alcune mie modeste progressioni di posizionamento professionale - mio padre divenne una sorta di adoratore del proprio figlio, nonché di capo ufficio stampa del medesimo, e tale rimase fino alla fine dei suoi giorni. Ci fu sempre un piccolo fossato di "non detto", tra noi, perché io lo amavo come padre, mentre non è sempre detto - mi costa scriverlo, ma è la verità - che lo stimassi.
La fine dei suoi giorni, tuttavia, fu all'altezza delle mie migliori aspettative e in fondo servì a colmare quel piccolo fossato che era durato una vita. Era sempre stato discretamente incline all'emotività, ma alla fine seppe morire in piedi.
Ricordo il pomeriggio del 7 marzo 2001, in cui andai a trovarlo per l'ultima volta. Sapevamo benissimo entrambi che era l'ultima volta, ma nessuno volle dirlo. Faceva fatica a parlare, ma non ci dicemmo molto. Poi, vedendo che si stancava, lo salutai e gli diedi un bacio sulla guancia, che lui ricambio. Poi - e fu questo che mi sorprese - mi diede la mano, come tra adulti che si salutano (del resto, avevo ormai quasi 51 anni), e accompagnò il gesto - che durò qualche attimo in più del necessario - con uno sguardo fermo e fiero, che non ho mai dimenticato. Quel suo duro, consapevole e virile atteggiamento di fronte alla morte mi piacque infinitamente. In articulo mortis, divenne il padre che avrei sempre voluto avere.
Piero Visani