martedì 27 febbraio 2018

Siamo sicuri che il problema siano i politici...?

       C'è quello che giura non si sa bene cosa sui rosari, per ottenere il voto cattolico.
       C'è quello che promette dentiere per tutti, per ottenere il voto della media anagrafica dei suoi elettori, e che promette veterinari gratis per tutti (e se uno non è animalista - orrore, orrore! - dovrà farsi curare dai veterinari...?).
       C'è quello che promette 80 euro "anche alle partite IVA" (che "sganciano" oltre 3.000 euro l'anno per mantenere l'INPS senza avere alcuna certezza di superare le poche centinaia di euro di pensione, se mai ci arriveranno, alla pensione...).
       C'è quello che promette "reddito di cittadinanza" per tutti e la moneta la farà battere da qualche stampante in 3D.
       E gli italiani - ad almeno uno dei quattro capicomici testé citati - pare vogliano dare credito. Così come ne darebbero a Juncker se promettesse - e almeno lui farebbe ogni sforzo per mantenere la promessa, di questo si può stare certi...! - "happy hour" per tutti H-24, tanto più che "ce lo chiederebbe l'Europa".
      A questo punto, siccome non mi è difficile immaginare che i quattro capicomici italici testé citati qualche voto lo beccheranno, non resta che pormi il problema che mi assilla da qualche decennio, ormai: "Siamo sicuri che in questo Paese il problema siano i politici e non chi - non si sa se molto distratto o molto tonto - dà prova di credere loro"?
      Per fortuna che ci penseranno l'Eurolager e i suoi kapò a ricordarci che "il lavoro [NON] rende liberi", specie se devi mantenerli, e che ci attendono solo "sangue, sudore e lacrime". In una parola - e restando sempre nella dialettica churchilliana" - "our darkest hour".
       Viva le farse "y Viva la muerte!" (quella che ci attende).

                                     Piero Visani






                

giovedì 22 febbraio 2018

Da "Platti"

     Si affollavano nella mente di Fabrizio i commenti sul lungo viaggio di cui lui sarebbe stato protagonista. Li ascoltava con amara rassegnazione, ma sapeva che non c'era alcunché di vero. Se viaggio c'era stato, si era svolto esclusivamente nella sua mente, non certo lungo chissà quali itinerari esterni.
       Stava percorrendo Corso Vittorio Emanuele II, a Torino, in una parte dove lo squallore di una città decaduta e impoverita prendeva alla gola, dove si potevano immaginare solo fasti divenuti con il tempo altamente nefasti. 
       All'angolo con corso Re Umberto, le luccicanti e volutamente datate vetrine del "Caffè Platti" gli diedero come una boccata d'ossigeno, la visione di un locale storico che aveva accompagnato la sua vita fin dai tempi del liceo "d'Azeglio".
       Decise di entrare e di sedersi nella saletta riservata ai tavolini. Come sempre, si mise in una posizione di controllo tattico, dunque tale da poter verificare gli ingressi e le uscite degli avventori. Fu in quel momento che si accorse di non aver visto una persona, seduta proprio nel tavolino a fianco al suo. Una donna avvenente, sulla cinquantina, con pettinatura stile anni Venti e una giacca bordeaux di stile severo, probabilmente una Brooks Brothers. Molto magra e curata, come tipico di un soggetto upper class.
       Si conoscevano da una vita, si frequentavano da una vita, avevano vissuto una vita insieme, ma alcuni assidui frequentatori di portinerie sostenevano che si fossero persi di vista, immersi com'erano nel loro "sottoscala di realtà" (la denominazione che assume il termine psicologico "piano di realtà" quando riferito ai frequentatori di portinerie esistenziali).
       Lei gli sorrise, altera come sempre ma in fondo pure complice. Forse si attendeva quell'incontro, forse lo attendeva da tempo, forse in qualche modo lo aveva pure favorito, ma ora giocava le sue carte con la classe innata che le era propria, con la nobiltà d'animo che era propria (e non sempre accade...) del suo reale status nobiliare.
       Fabrizio sospirò di sollievo: il "piano di realtà" è sempre mille miglia lontano dal "sottoscala di realtà"... Non furono necessarie parole. Bastò uno sguardo d'intesa. Se ne erano dati tanti, in privato, che uno in più, questa volta in pubblico, poteva aggiungere un piccolo tocco di malizia a una situazione già di per sé molto gradevole.
       Fabrizio si sporse verso il tavolo di lei, come per salutarla. Lei non parlò, limitandosi a un cenno del capo, ma sporse verso di lui la pagina aperta di una rivista che teneva a fianco alla sua tazzina da the. Fabrizio guardò e in un attimo comprese il favoloso messaggio sub-liminale che gli veniva lanciato. Come aveva potuto dimenticarsene, o forse si era fatto travolgere dalla forza dell'abitudine? Ma da quella pagina, così maliziosamente eloquente, promanava il senso di una vita insieme. Sorrise vagamente complice, e si sedette al tavolo di lei. Lo conosceva bene, vi aveva giocato la partita di una vita insieme.

                        Piero Visani





       

Costi elettorali

       In tempi assai lontani, mi è capitato di conoscere soggetti che avevano come unico incarico quello di finanziare adeguatamente determinate "teste calde", di modo che le campagne elettorali potessero svolgersi in un bel clima di scontro tra "opposti estremismi", quello che induceva l'elettorato a gravitare al centro, in un bello e consolatorio "universo moderato" il cui unico risultato è stato quello di precipitare l'Italia nel baratro in cui è sprofondata attualmente.
       Mantenuto "in sonno", ma ben foraggiato per anni, l'estremista da "sbatti il mostro in prima pagina" era una sorta di "call boy" che si risvegliava a chiamata e "vedeva rosso" o "vedeva nero" a seconda dei suoi orientamenti pseudo-politici. A quel punto, gli "ufficiali pagatori" entravano in azione, gli dicevano che cosa fare e lui eseguiva. Se eccedeva, veniva "bruciato" (a volte il carcere non bastava, poteva pure essergli somministrata la pena capitale, ovviamente per errore); se si manteneva entro i limiti richiesti, o ritornava "in sonno" quando gli veniva chiesto di farlo oppure gli veniva trovato un comodo rifugio a una certa distanza dai patri lidi.
       Sono storie ben note, che possono essere state vissute sul versante degli "opposti estremismi", oppure - come è toccato a me - da semplice osservatore "on the other side of the hill", come direbbe un Duca di Wellington redivivo. E ho visto soggetti con nome e cognome - vero...? - sparire da un giorno all'altro (dove, di grazia?) dopo aver fatto il loro lavoro di agenti provocatori (non dirò se sporco o pulito, non giudico).
       Intanto l'elettorato, molto spaventato, gravitava al centro, onde evitare il pericolo degli "opposti estremismi" ed è finito dritto dentro l'Eurolager, quello dove il lavoro (che non c'è più) non "rende liberi". Rende solo disoccupati e poveri. Ma sono dettagli. E' bellissima una vita fatta di disoccupazione e di "reddito di cittadinanza". L'ignoranza - non quella culturale ma quella di non sapere assolutamente che cosa ci sta capitando intorno - è il più grande viatico di felicità. Gli arcana imperii esistono, eccome, e sono assai peggio che nelle spy stories. Ma è sufficiente non saperlo e/o non crederci...
        Mi immagino già le accuse di complottismo. Ringrazio e mi permetto di ricordare che ho bazzicato a lungo on the other side of the hill. Dunque scrivo con una (minima) cognizione di causa.

                     Piero Visani



lunedì 19 febbraio 2018

Una giornata al mare

       Qualche amico di Facebook che non mi conosce granché bene mi chiede che cosa farò il prossimo 4 marzo e la mia risposta è inevitabilmente il riferimento alla celeberrima canzone di Paolo Conte: Una giornata al mare.
       Non voto da una vita, non mi sento italiano; gli unici "attestati" di cittadinanza che sento applicati a mio carico da quello che per convenzione è detto "Stato italiano" sono richieste di pagamenti vari, da un fisco di rapina a un canone televisivo di rapina legalizzata. In una parola, il canale delle indebite richieste di denaro è ciò che ha consentito allo Stato italico di passare dalla finzione (la sua vera, unica realtà) alla funzione (quella di spremitore di cittadini un tempo borghesi).
       Ho avuto una cultura nazionalista - lo riconosco; ho corso rischi e pagato prezzi per amore di un'Italia che forse è esistita solo nella mia fantasia. Poi, come tutti gli amanti delusi, ho lasciato perdere. Ergo il 4 marzo 2018 andrò al mare, preferibilmente all'estero, semplicemente perché, se anche mi interessasse, non saprei chi votare: da partiti che sono stati al governo per decenni inanellando disastri, ad un movimento pauperista che promette la luna nel pozzo con i soldi di non si sa bene chi (fortunatamente non miei: mi hanno già largamente depredato Centrosinistra e Centrodestra).
       Dunque "che vinca il peggiore!", non c'è che l'imbarazzo della scelta... Quanto a me, non solo solito votare il "meno peggio" (sono curioso di sapere chi sarebbe...) e tanto meno "turandomi il naso" (questa seconda operazione dovrebbe essere descritta in maniera meno eufemistica e più dettagliata perché, in Italia, occorre votare turandosi un organo decisamente meno nobile del naso...).
       Non ho più patria; dell'"espressione geografico-mafiosa" in cui casualmente vivo nulla mi interessa o importa. Sono alla ricerca di un futuro (modesto, modestissimo), in un'Europa che muore, puntando su una cripto-esistenza, l'unica possibile nel Vecchio Continente, dove la sola cosa che si vuole da me sono la mia libertà e i miei pochissimi soldi. Mi occupo sempre più di cripto-valute, di cripto-banche, di tutto ciò che mi può consentire di sottrarmi a quelle organizzazioni criminali dette per convenzione Stati. Mi interessa solo sparire: "Immersione rapida!".
       Se dovessi proprio votare, lo farei con le gambe, come hanno fatto molti miei cari amici: fuggendo da un'ingrata patria, che non avrà le mie ossa. Del "Paese di Bengodi" (Bengodi con i soldi altrui, quelli rubati agli altri, certo non con i propri) non so che farmene: ho già dato. Per me, l'"espressione geografico-mafiosa" può tranquillamente andare a fondo. Non so davvero che cosa sia, né mi riguarda.

                    Piero Visani




                                  

giovedì 15 febbraio 2018

Riferimenti culturali

       Da adolescente, lessi questo passo ne "La Moda", di Georg Simmel (trad. it., Editori Riuniti, Roma 1985, p. 41), a proposito della "forma estetica dell'impulso di distruzione, che sembra propria di tutte le esistenze da paria nelle misura in cui intimamente non sono del tutto schiave".
       Non sapevo, non potevo sapere né immaginare che, in quelle poche righe, era riassunta tutta la mia vita, così come si sarebbe svolta. Lo sentivo già allora, molto forte, l'"impulso di distruzione". Non sapevo, non potevo ipotizzare (ero giovane...) che avrei vissuto "un'esistenza da paria" e tanto meno che avrei cercato di nobilitarla rifiutando di essere "del tutto schiavo".
      Leggo molto: non aiuta, ma aiuta a capire.

                      Piero Visani



sabato 10 febbraio 2018

Memento libertario


       Se non ci fosse il "fascista", dovremmo inventarlo...
       E' divertente - oltre che altamente istruttivo - come la Storia possa compiere percorsi complessi, ma che riportano sempre "back to square one". E quello "square one", sia detto "en passant", non era proprio un fiore di antifascismo...
       Il dramma di un regime, o di un assetto politico, è quando non ha più NIENTE (ma niente di niente) con cui legittimarsi e allora si inventa (si deve inventare) il NEMICO ASSOLUTO, quello che deve racchiudere in sé TUTTO CIO' CHE NON VA. Nel caso di specie, TUTTO...
       Questa è la funzione del "fascista" nell'Italia attuale: colui che "s-guana" coloro che sono grondanti di guano. Un detersivo, in pratica...
       Chapeau!

                    Piero Visani

mercoledì 7 febbraio 2018

170.000 visualizzazioni

       La necessità di trovare, giorno dopo giorno e affannosamente, le mille soluzioni per salvare le sorti di una piccola impresa dalle "cure" di un fisco affamatore e di un mercato che si restringe sempre più, gravato com'è da ogni tipo di lacci e lacciuoli, non mi consentono certo di curare questo blog come vorrei.
       Quando le battaglie si fanno lotte per la sopravvivenza, qualsiasi arma è buona, anche se - come ebbe a scrivere il feldmaresciallo Erwin Rommel - ormai "il buio è sceso intorno a noi". Tuttavia, la battaglia testimoniale, in fondo, è la più bella, la più crudele e quella dove - ovviamente - nessuno fa prigionieri o pensa di farne. "Mors tua, vita mea": soluzione tipica del "migliore dei mondi possibili", quella dell'osceno totalitarismo democratico, osceno perché non ha nemmeno il coraggio di dire che ormai non è per nulla democratico ed è solo totalitarismo.
       Un sentito grazie ai lettori che mi seguono: ho saputo, fin dalla prima età, di essere "nato postumo". Questo mi ha facilitato nelle mie scelte. Era una lotta per la vita e l'ho combattuta, forse persa, ma la volontà di combattimento è sempre molto viva e "pietà l'è morta"...

                        Piero Visani



martedì 6 febbraio 2018

"Ai morti di febbraio"

 "Les derniers coups de feu continuent de briller. 
Dans le jour indistinct où sont tombés les nôtres. 
Sur onze ans de retard, serai-je donc des vôtres ? 
Je pense à vous ce soir, ô morts de Février".

Robert Brasillach, 5 février 1945.