venerdì 31 ottobre 2014

Sympathy for the Devil: e sono 42.000...!

       Un buon risultato, direi: 42.000 pagine lette in un anno e dieci mesi di vita di un piccolo blog autogestito.
       Per me, è motivo di grande orgoglio e di un sentito ringraziamento a tutti coloro che mi hanno letto, mi leggono e mi leggeranno.
       Continuerò a inondarVi dei miei scritti. E' una promessa e una "minaccia"...

                                   Piero Visani



La post-democrazia


       Non si vota più.
      I governi vengono scelti da "ottimati" e "poteri occulti".
       Esercitare la libertà economica e imprenditoriale è del tutto impossibile. Se per caso ci si riesce, ci pensa un fisco da Stato totalitario a "stornare" tutto al Leviatano.
        Presto si saprà tutto di noi, perché tutto, dalla nascita alla morte, sarà regolato per filo e per segno da chi ci vuole bene e sta lavorando per noi.
        Se ci dimostriamo riottosi, ci mettiamo al di fuori del "genere umano", per cui per ora ci arrivano le bastonate; in futuro, chissà: le "soluzioni finali", dopo tutto, non hanno mica un marchio di fabbrica...
       Esiste la libertà di parola, ma non quella di accesso ai microfoni, gli unici che consentirebbero di esercitarla...
       I sudditi/schiavi (dire cittadini è una sonora presa in giro) hanno molti doveri. Quanto ai diritti, provate a cercare di esercitarne uno, anche il più infimo, poi ne riparliamo.
       E potremmo continuare ad infinito.
       I nostri tutori/padroni ci dicono costantemente che "viviamo nel migliore dei mondi possibili" e, se qualcuno di noi conserva un briciolo di coraggio per sollevare una sia pur modesta obiezione, essi ci "confortano" dicendoci che, comunque, "è il meno peggio".
       Siccome, fin da giovane, ho in uggia le banalità e i conformismi, mi è ormai venuta una dannata voglia di conoscere quali siano i mondi "più peggio" (perdonate la forzatura linguistica), perché del "meno peggio" mi sono ormai vagamente stancato...
       "La curiosità uccise il gatto", dicono. Ma io non sono un gatto: sono un topo (politicamente) impotente, poco amante delle prese per i fondelli e soprattutto molto curioso.

                            Piero Visani

Singolari coincidenze

       Ambrose Power Hill (1825-1865), ufficiale dell'U.S. Army, passato all'esercito confederato allo scoppio della Guerra Civile e salito al grado di tenente generale, fu uno dei protagonisti in chiaroscuro del conflitto. Dopo i brillanti exploit del primo periodo della guerra (fu la sua divisione, nota come la "Divisione Leggera", a distinguersi nella "Battaglia dei Sette Giorni" (25 giugno - 1° luglio 1862) e a salvare la situazione ad Antietam, il 17 settembre dello stesso anno), negli anni successivi non si dimostrò all'altezza della sua fama, complici un carattere impetuoso e psichicamente instabile (celebre la sua lunga controversia con "Stonewall" Jackson) e una salute malferma (probabilmente a causa di una malattia venerea contratta mentre era cadetto dell'Accademia di West Point), che lo costrinse a lunghe assenze dal servizio.
       Venne ucciso in Virginia, da un tiratore scelto unionista, il 2 aprile 1865, appena una settimana prima della resa di Lee ad Appomattox.
        La figura di A.P. Hill è di un qualche interesse per il lettore italiano in quanto egli, grande ammiratore di Garibaldi, era solido indossare - in battaglia - una sgargiante camicia rossa. Non è chiaro se questa temeraria abitudine lo abbia esposto alla fatale fucilata del cecchino unionista che ne troncò la vita a soli 39 anni.

                            Piero Visani


Corrispondenza pubblica e privata di un generale della Rivoluzione e dell'Impero - 7

Parigi, 9 Frimaio, Anno IV.


Mia Cara Amica,
                                ma dove siete scomparsa? Il fido Marbot vi ha cercato per giorni, su mio espresso incarico, ma invano.
                                Pochi minuti fa ho ricevuto infine un Vostro biglietto, che mi informa che siete andata in campagna con i Vostri figli.
                                Quale follia può averVi indotto a comportarVi così? A lasciare Parigi senza dirmelo, e per parecchi giorni, per di più?
                                 Dapprima sono stato assalito dall'ira e dallo sconforto, e ho trattato a male parole tutti i miei subordinati. Poi, finalmente, ho inteswo: Voi siete una maestra di seduzione, mia cara Amica!
                               Non appena avete compreso che il Vostro Louis aveva perduto la testa per Voi, avete pensato bene di allontanarVi da me, per farmi fremere di più, per farmi pensare soltanto a Voi!
                                  Ebbene - lo confesso - ci siete riuscita! Sono giorni e notti che non faccio altro che pensare a Voi, e non vedo l'ora che torniate. Orsù - Vi prego - non fatemi attendere oltre e fatemi sapere quale sarà la data precisa del Vostro ritorno.
                                  In tutta confidenza, ho pensato molto, forse troppo, a Voi, ma la Vostra mancanza mi è servita a comprendere quanto il Vostro ruolo sia diventato centrale, in poco tempo, nella mia vita.
                                     Vediamoci dunque al più presto. Voglio esprimerVi tutto il mio amore. Se non verrete Voi da me, sarò io a raggiungerVi tra qualche giorno. Mi farò dare una licenza e, se il generale Buonaparte non vorrà concedermela, mi assenterò deliberatamente dal servizio. Ho capito quanto contiate per me e, se questo mi farà mettere - al mio ritorno - agli arresti, sarò lieto di dimostrarVi che il mio amore per Voi non si ferma di fronte ad alcunché.
                                     A prestissimo, quindi, mia cara amica. AttendeteVi qualche sorpresa! Un generale della Rivoluzione prima agisce e poi, forse, pensa...

                                        Il Vostro fedele Louis




 Corrispondenza pubblica e privata di un generale della Repubblica e dell'Impero è un racconto in forma epistolare scritto da Piero Visani

Dolcezza

       Basta poco, a volte, per comprenderne l'estremo valore. Io ho commesso un grave errore, in quanto l'ho capito con terribile ritardo. Ora tuttavia mi è chiaro e tutto il mio universo di valori ha subito una rivoluzione copernicana, di cui sono lieto.

              Piero Visani




Le "uscite di scena"

       E' molto importante - quando si è sollecitati, più o meno urbanamente - a compiere un'"uscita di scena", farlo tranquillamente, regolando conti, se ve ne sono da regolare, o limitandosi a lasciare il palco per cercare nuovi teatri e nuove scritture, se i conti sono in pari.
        Mi è successo molte volte, di farlo. Talvolta mi è molto dispiaciuto, talaltra mi sono limitato a prendere atto e ad eseguire. Da giovane, mi dispiaceva di più, perché spesso non ne comprendevo le ragioni. Ora l'età e l'esperienza me le fanno comprendere benissimo e non ho mai nulla da obiettare.
        Ciascuno fa legittimamente le proprie scelte e, se non mi sento oggetto - come mi è capitato qualche volta in passato - di una presa in giro o di un torto (atteggiamenti che mi hanno sempre indotto a reagire, anche duramente), non ho nulla da obiettare. Rispetto le scelte altrui e le ritengo pienamente legittime. 

                    Piero Visani





giovedì 30 ottobre 2014

All'inferno e ritorno

       E' il mio luogo d'elezione, per cui andarci (o esserci mandato...) con una certa frequenza non mi turba più di tanto. Io credo all'eterno ritorno (di me stesso, ovviamente) e i buoni diavoli, ormai, mi hanno anche loro in simpatia, sapendo che è reciproca...

                        Piero Visani


Minimum Force


       Nella tradizione militare anglosassone si è fatto strada, direi a partire dagli anni Ottanta (vado a memoria...), il concetto di "minimum force", vale a dire del ricorso alla forza solo in circostanze molto specifiche e solo in misura tale da non eccedere nelle reazioni, onde non creare asimmetrie gravi tra offesa e difesa..
       Come tutte le teorie militari occidentali, si tratta ovviamente di un gigantesco eufemismo, che viene usato per mascherare a un'opinione pubblica che ha il terrore del concetto di guerra il fatto che invece proprio di guerra si tratta. Sul campo, ovviamente, il ricorso alla forza è tutt'altro che "minimo" e, dal momento che la concezione della "Minimum Force" prevede anche che le perdite (proprie...) siano ridotte appunto al minimo, perché altrimenti si rischia di scontentare le opinioni pubbliche interne, ecco che si fa uso invece della "forza massima", somministrata a destra e a manca senza pensarci due volte. Si guardi - se ancora si ha voglia di tenere gli occhi aperti - al ricorso indiscriminato ai bombardamenti aerei (onde non essere costretti a impiegare truppe di terra) o alla gestione di situazioni critiche come l'assedio di Falluja nel 2004 (quando venne usato il fosforo bianco e non è da escludere l'impiego di "armi scalari").
       Mi è venuta in mente la medesima, patetica ipocrisia guardando ieri l'impiego della "minimum force" contro i dipendenti delle acciaierie Terni. Il potere politico conosce bene l'aurea regola del "colpirne uno per educarne cento" (anche se ama attribuirne la declinazione a fantomatici terroristi di sua invenzione... o creazione). E ieri se ne sono colpiti un po' di più, per "educarne" un po' di più.
       Non stupisce, su questo sfondo, l'utilizzo come "cani da guardia" di soggetti che - come ben testimoniato da romanzi e da film come "A.C.A.B." o "Diaz" - qualche problemino di patologie personali forse ce l'hanno e spesso dicono di trastullarsi o addirittura di aderire a ideologie di cui non hanno compreso un beato Nulla, dal momento che le applicano a carico di coloro che NON sono i loro nemici e, al contrario, ubbidiscono agli ordini dei loro nemici più veri, senza peraltro avere neppure l'acume di ricordarsi dei precetti della "minimum force", che - voglio sperare... - almeno qualcuno dovrebbe avere loro insegnato.
       Come sempre, combattere guerre per conto terzi, dando e prendendo manganellate, ha un unico risultato: giovare a quei terzi, che sanno fin troppo bene che il loro potere si regge sulle guerre tra poveri.
       Chissà, magari un giorno certi zeloti se ne renderanno conto. Il problema, infatti, non è mai SE obbedire agli ordini (anche se quel giorno è assai più vicino di quanto non sembri...) ma COME applicarli... Ricordando - magari per una volta - che "dove l'occhio vede, il cuore duole". Se se ne ha uno, ovviamente, magari abbinato a un cervello...

                                Piero Visani

mercoledì 29 ottobre 2014

Fascino

       Le componenti esteriori (la cosiddetta presenza), d'accordo, ma quelle notoriamente non mancano...
       L'amore per l'estetica, comunque intesa, dalla bellezza al gusto, il gusto per tutto ciò che tende al sublime e si propone coerentemente di raggiungerlo.
       La cultura, non ostentata, ma interiormente vissuta, come strumento indispensabile per interpretare il mondo.
       Il distacco, perché occorre sempre rimanere "via dalla pazza folla", che involgarisce i comportamenti e inquina la lucidità dei giudizi.
       La capacità di nutrire - sempre e comunque - passioni forti, che sono il sale della vita. Tutto ciò che scatena pathos dentro di noi e ci stimola a coinvolgerne gli altri, per trasformarlo in empatia.
       L'amore per le donne, l'erotismo, il sesso, senza i quali la vita diventa una prigione senza sbarre, una noia mortale.
       La curiosità intellettuale, il gusto per la stimolazione della medesima, la costante attenzione ai segni e simboli di cui sono pervase le nostre esistenze.
       La capacità di nutrire emozioni, dai versi di una canzone a un paesaggio, da una bruma autunnale a un buon vino, da una cena a due a un film, a una musica.
       Il carisma emanato da una personalità assai marcata, immune dal grigiore della banalità.
       La propensione sottile alla provocazione, comunque intesa: si tratti di épater les bourgeois o di decostruire un finto anticonformismo.

       Mi accorgo di essere terribilmente fascinoso... Non sempre apprezzato adeguatamente, ma terribilmente fascinoso. E, nelle rare fasi in cui non mi sento amato, provvedo ampiamente da solo.

                        Piero Visani




Uncommon Valour

       Il generale John Bell Hood e la Brigata Texana a Gaines' Mill (Virginia, 27 giugno 1862), il più grande attacco frontale di fanteria della Guerra Civile Americana, che vide impegnati contemporaneamente dai 30 ai 50.000 uomini, dunque più del doppio e forse addirittura il triplo della celebre carica della Divisione Pickett a Gettysburg (3 luglio 1863).
       A conferma del fatto che la potenza di fuoco delle armi rigate era ormai nettamente superiore alle capacità offensive degli attacchi di fanteria in stile e formazione napoleonici, anche la carica di Gaines' Mill si risolse in un sanguinoso insuccesso. Sorprende che Robert E. Lee, comandante di eccelse qualità militari, non abbia mai nitidamente percepito un'evoluzione tattica non sfuggita ad altri generali confederati, a cominciare da James Longstreet.

                                Piero Visani

martedì 28 ottobre 2014

A gentile richiesta

       Una cara amica mi chiede di ricordarle questa canzone d'annata (1984) ed è un piacere poter farla contenta: "adgnosco veteris vestigia flammae"... Frammenti di vita, frammenti di vite.
         
                                       Piero Visani

Alice "Una notte a roma" - 1984 - Thommys Popshow Una notte a roma con Alice - subito!!!

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lunedì 27 ottobre 2014

Colonna sonora - 5

       Certe canzoni sono formidabili fragori dell'anima. Ognuno può interpretarle in vari modi e sono modi suoi, personalissimi. Si evoca, più che comunicare, con esse...

                                      Piero Visani


Francoise Hardy, cantante ed attrice francese, negli anni sessanta è stata sia per la sua personalità che per la delicatezza delle sue canzoni uno dei simbol...
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Zuzzurellone


       Un'amica di FB mi ha dato bonariamente dello "zuzzurellone". Apprezzo e ringrazio. Ho cercato molte volte, in vita mia, di fare la persona "seria", ma il mio tipo di "serietà" era molto diverso dalla media. Là ove tutti vedevano i "seri", io vedevo solo dei "seriosi" sepolcri imbiancati, per cui, per tutta la vita, mi sono dedicato ad un'attività che i più reputano assolutamente infantile, quella di dire "il re è nudo" ogni volta che ne vedevo uno in tale condizione di abbigliamento.
       Poiché l'Italia di "re nudi" non è piena, ma satura, saturissima, posso dire che tale sport non mi ha granché giovato, però io non avevo ambizioni di carriera, ma solo di sincerità.
       Mi sarei sentito in grande difficoltà se avessi dovuto dire che erano "vestiti" a dei presunti "re" che io - come quasi tutti gli altri, peraltro - vedevo nudi, direi verminosamente nudi. E non mi andava per nulla non dico di gratificarli della mia stima, che quello era da escludersi a priori, ma di una da me mai posseduta propensione al servilismo e al carrierismo.
      E infatti sono rimasto gagliardamente alla casella 1; però, a 64 anni, devo ancora conoscere una sola persona che mi abbia potuto accusare - legittimamente o meno - di "captatio benevolentiae". Per me, magari solo per me, è una gran bella soddisfazione.
       Amo alla follia lo zuzzurellone che c'è in me. E' certamente infantile, ma di certi tipi di "maturità" non sa che farsene. Sono infatti un pessimo partito, e le signore - con il loro splendido intuito - lo sanno. E mi hanno quasi (e sottolineo quasi...) sempre trattato di conseguenza. Per chiudere con De André: "non siete riuscite a cambiarmi", ma il mondo è pieno di "seri", per cui... Io resto orgogliosamente inutile.

                      Piero Visani

Di notte...


"With aching heart when e’er I hear
The wind that shakes the barley
"
Non vi capita mai...?

                    Piero Visani

venerdì 24 ottobre 2014

Corrispondenza pubblica e privata di un generale della Rivoluzione e dell'Impero - 6

Parigi, 4 Frimaio, Anno IV


       Mio caro Louis,
                                  ho deciso di operare una grande innovazione. Parlo molto con te, cioè con me stesso. Lo faccio di continuo, intensamente, appassionatamente.
                                     Ti racconto tutto di me, delle mille emozioni e dei mille fremiti che mi traversano l'animo. Non ho segreti, per te, e come potrei..?
                                      Così ho deciso di raccontare questo nostro splendido dialogo bilaterale in forma diaristica. Continuerò a corrispondere con chi devo e voglio farlo, ma con te (cioè con me) credo sia preferibile dialogare tramite un diario. Ne resterà traccia quotidiana, o comunque dei giorni in cui mi è possibile scriverlo, e sarà più vivo, più vero di una lettera qualunque.
                                      Del resto, tu sai bene di essere la persona con cui corrispondo di più, al punto che posso affermare, senza tema di smentita, che con te intrattengo "una corrispondenza di amorosi sensi", più intensa di quella che ho intrattenuto in passato con certe Signore che, solo a conoscerle, sono splendide sciocchine, fulgidi contenitori di un vuoto assoluto che, in breve, finisce per opacizzare anche il magnifico contenitore che le avvolge, lasciandoti un terribile senso di vuoto.
                                       Madame d'Orléac non è così - lo so bene - ma io desidero parlare fittamente anche con te, poiché tu ti porti dentro le mie stesse gioie, le mie stesse ferite, i miei stessi entusiasmi, la mia stessa voglia di vivere e quel velo di tristezza, di sottile senso di sgomento che non riesco mai del tutto a togliermi di dosso.
                                     Il mio cuore spesso sanguina - mio caro Louis - per un insieme di motivi che tu conosci meglio di me, ma sai pure che io reagisco, che non mi do mai per vinto, che ho bisogno di confidarmi a cuore aperto con te.
                                       Dunque non lasciarmi solo, e preparati ad ascoltarmi spesso.
                                       A presto.

                                              Il tuo affezionato Alter Ego.





Corrispondenza pubblica e privata di un generale della Repubblica e dell'Impero è un racconto in forma epistolare scritto da Piero Visani

Terroristi "fatti in casa"


       Trovo francamente singolare il tripudio di deplorazioni a carico dei cosiddetti "terroristi fatti in casa", "cani sciolti" che colpiscono, a volte a caso, a volte - come nel recentissimo episodio di Ottawa - tutt'altro che a caso.
       Lamentazioni di vario genere, ma mai uno straccio di analisi sul fatto che quello in cui viviamo NON è "il migliore dei mondi possibili", ma un inferno in cui si sopravvive solo con tanto amore per le rinunce, quelle che ci vengono imposte dagli altri e a fronte delle quali dovremo anche dire che siamo contenti e che ci fanno molto bene..., magari solidarizzando con i nostri padroni (versione riveduta e corretta della "Sindrome di Stoccolma).
       In un mondo dove alternative politiche non sono possibili - almeno così ci dicono - direi che è normale, per chi ancora le cerca, andare a trovarle dove pensa di riuscire a reperirle.
       Non giustifico i terroristi (non sono così stupido...), ma neppure quei politicanti che, con le loro scelte ottuse e totalmente subordinate agli interessi del grande capitale, hanno trasformato una parte significativa del mondo in un "cimitero di speranze", facendo delle nostre vite un "incubo lungo decenni", da cui chissà quando e chissà come usciremo.
       E non a tutti è sufficiente dire che "non ci sono alternative". Alcuni le cercano comunque... Accusare costoro, dimenticando le responsabilità di chi li ha spinti a tanto, è infinitamente semplice.
       Ridicolo, infine, è proiettare su di noi le paure di una classe dirigente che, a livello mondiale, ha molto da perdere, a cominciare da ricchezze e privilegi. Io, per contro, non ho da perdere alcunché, a parte l'esistenza residuale che costoro mi hanno concesso. Dovrei anche essere loro grato?

                                         Piero Visani

Corrispondenza pubblica e privata di un generale della Rivoluzione e dell'Impero - 5

Parigi, 3 Frimaio, Anno 4


Mia cara Amica,
                                 quello che temevo è avvenuto. Pochi giorni dopo il nostro splendido primo incontro, sono stato convocato al Comando dell'Armata dell'Interno dal suo titolare, il generale Napoleone Buonaparte.
                                 Come suggeriscono nome e cognome, alquanto singolari, si tratta di un ufficiale corso, assai caro a Paul Barras, l'uomo forse più influente del neonato Direttorio. Il generale Buonaparte, infatti, è stato colui che ha represso con vigore l'insurrezione realista del 13 Vendemmiaio scorso e questo lo ha reso particolarmente gradito alla nuova dirigenza politica.
                                  Credetemi, cara Béatrice, il personaggio è singolare: di statura media (anche se forse sembra più piccolo di quello che è realmente), molto magro, due occhi spiritati ma che trasmettono autorevolezza e carisma, credo intimorisca un po' tutti con la sua grande personalità. Di poche parole, non dà confidenza a nessuno ed impartisce solo ordini bruschi, scanditi con tono perentorio.
                                   Quando mi sono presentato a lui, è stato gentile, ma non mi ha lasciato scelta: mi ha detto che intendeva inserirmi nel suo Stato Maggiore, ma non mi ha chiesto se accettavo o se fossi d'accordo. Mi ha assegnato un ufficio, un attendente e una gran mole di lavoro. Ho chiesto timidamente quando dovessi prendere servizio e la risposta è stata perentoria: "subito!".
                                       Dopo pochi giorni nel mio nuovo incarico, ho capito che si tratta di un personaggio davvero singolare: lavora a ritmi molto sostenuti, per non dire forsennati; fa decine di cose contemporaneamente, pretende moltissimo da tutti i suoi subordinati e ha frequenti esplosioni di collera.
                                      Non pensate a qualche semplice esclamazione stizzita. No, sono autentici scoppi d'ira, durante i quali comincia ad urlare e ad apostrofare tutti in una lingua che non conoscevo e che mi dicono essere italiano. Il suo insulto preferito è "coglione", l'equivalente italiano di una parola francese per nulla adatta alle orecchie di una signora, e lo distribuisce con grande generosità, non astenendosi anche dal rifilare - a soldati, sottufficiali e anche giovani ufficiali - poderosi manrovesci, che tutti subiscono in silenzio.
                                       Egli è di fatto circondato da una autentica atmosfera di terrore, ma Vi devo confessare che è comunque una forma di terrore non solo timorosa, ma anche rispettosa, poiché il suo carisma personale è formidabile e la sua personalità assolutamente magnetica.
                                       In ogni caso, il generale Buonaparte, se vede che un ufficiale al suo comando esegue prontamente e rigorosamente gli ordini, sa anche essere gentile e comprensivo. Essendomi accorto di ciò e avendo lavorato una media di 14 ore al giorno, per i primi giorni di servizio, mi sono azzardato a chiedergli un permesso serale per venirVi a trovare, se accetterete di incontrarVi con me in uno dei prossimi giorni. Temevo una risposta negativa e invece mi ha sorriso complice e mi ha detto: "sono sicuro che andrete a trovare una certa signora. Fate bene, impiegate bene il Vostro tempo, ella lo merita di sicuro"...
                                      Vedendo la sorpresa dipingersi sul mio volto, il generale ha sorriso e mi ha detto: "mio caro S., sono il comandante in capo dell'Armata dell'Interno, non penserete davvero che io non abbia i miei informatori...".
                                         In effetti, mia cara Béatrice, non solo deve averli, ma anche molto bene a conoscenza delle cose...
                                             Questa breve missiva Vi sarà recapitata, come sempre, dal mio fedele Marbot. Leggetela e vergategli - se potete - una breve risposta con luogo, data e ora del nostro prossimo incontro. Farò in modo di esserci e, in ogni caso, ve ne darò conferma. 
                                               Anelo a vederVi quanto prima. Vi prego di non farmi troppo attendere.
                                               Vi bacio rispettosamente la mano.

                                               Vostro  L.






    Corrispondenza pubblica e privata di un generale della Repubblica e dell'Impero è un racconto in forma epistolare scritto da Piero Visani
                                               
                                            
        
                                

giovedì 23 ottobre 2014

Senza via d'uscita


       Mi è capitato abbastanza spesso, nel corso della mia vita, di constatare che si stava cercando di mettermi in situazioni senza via d'uscita, da dover accettare "obtorto collo" perché "o così o niente!".

       Le ho sempre trovata situazioni divertentissime, non solo perché mi davano perfettamente il senso che chi me le prospettava non aveva capito nulla, ma proprio nulla, di me e soprattutto perché trasudavano un'autostima davvero un po' troppo elevata.
       Infatti il messaggio sub-liminale che mi veniva rivolto era: "se non farai così, perderai tutto". E allora io mi chiedevo: "squinzie, ma perdere un soggetto come me vi pare così poco?" E quindi, sapendo che valevo nulla per loro, cessavo di preoccuparmene.
       Ho sempre trovato "amusant" che le donne ti minaccino dicendo che, se non fai come vogliono loro, rischierai di "perderle". Ah sì, e perdere me è a costo zero...? Se sono intercambiabile, prego, accomodarsi! Sentirmi così stimato mi turba nel profondo...

                               Piero Visani

mercoledì 22 ottobre 2014

Genova - dicevo - è un'idea come un'altra...

      Genova ha un posto particolare, nella mia vita: è la città natale di mio padre, benché di famiglia di origini romagnole.
       Cominciai a frequentarla da bambino molto piccolo, le abbastanza rare volte in cui lui andava a trovare sua madre. Ricordo il mio amore per quel peculiare dialetto, così musicale alle mie orecchie, anche se in casa di mia nonna si parlava solo romagnolo stretto.
       Quando mia nonna morì, rimasi lontano da Genova per parecchio tempo, forse due decenni, poi ripresi a frequentarla a partire dalla fine degli anni Settanta, a seguito dello sviluppo di una solida amicizia (che dura tuttora) con un coetaneo poi diventato un noto critico cinematografico.
       La città mi è sempre piaciuta, anche se oggi la vedo schiacciata sotto il peso di un declino apparentemente inarrestabile, e se, nel corso del tempo, è stata il muto ma complice scenario di alcune vicende personali, talvolta anche sentimentali, che mi hanno dato gioie e dolori.
       Tutto è alle mie spalle, ormai, ma non rinnego niente di quello che ho fatto, scritto o detto, perché era quanto mi sentivo di fare, scrivere o dire in quei precisi momenti. Non mi ascrivo meriti o colpe. Sono stato me stesso, come sono solito essere. Ho forse nutrito qualche collera di troppo, ma era la reazione - credo naturale - di chi è solito profondere tutto se stesso nelle cose che fa, senza limiti, vincoli, confini.
       Seduto oggi a tavola, in un delizioso ristorante del centro, con mia cugina Anna, mi sono sorpreso a pensare che la semplice riscoperta di questo legame parentale tra due cugini primi rimasti troppo a lungo estranei l'uno all'altra è qualcosa di molto bello e positivo che mi viene da Genova, oltre a un certo sentimento che là vive una parte delle mie radici.
        Da soggetto iperspeculativo quale sono, oggi mi sono chiesto se - come nella mitica canzone che Paolo Conte ha dedicato a questa città - anche per me Genova fosse "un'idea come un'altra" e sono giunto alla conclusione che no, non lo è: per me Genova è la città di alcune occasioni trovate e di alcune occasioni perdute. Fanno tutte parte del mio patrimonio di esperienze, comunque lo si voglia connotare. Nessuna mi lascia l'amaro in bocca, comunque sia finita, perché in tutte ho profuso tutto me stesso, il mio pathos e la mia sincerità. Non avrei potuto fare di più e questo è il fondamento più solido della serenità con cui guardo a queste diverse esperienze.
       Dunque Genova, per me, a differenza che per Paolo Conte, non è "un'idea come un'altra", ma è lo sfondo - autentica "festa mobile" - delle varie idee che gli altri nutrono sulla mia identità. E' giusto prenderne atto. Io mi sento molto "uno", ma è possibile che venga talvolta percepito come "trino" e non so proprio come porre rimedio a questa cosa. Mi limito ad accettarla, molto serenamente, in nome del mio amore per la vita, a volte condiviso, a volte no.

                            Piero Visani



martedì 21 ottobre 2014

Il dito e la luna

       Una delle peculiarità più convincenti del movimento lepenista francese è il fatto di essere rimasto, negli ultimi due decenni, assolutamente lontano da qualsiasi forma di potere o sottopotere. Sebbene pateticamente reazionario, dunque, esso ha il vantaggio di potersi presentare ai francesi come politicamente "vergine" (ammesso e non concesso che esista la verginità, in politica...).
       Quello che mi preoccupa, relativamente ai neo-lepenisti italiani e agli entusiasmi che stanno suscitando in un dato ambiente, è che la maggior parte di essi ha già avuto modo di esercitare il potere, a livello locale e anche nazionale, e, per la verità, ho difficoltà a citare qualcosa, anche piccola, degna di essere ricordata (il che non equivale certo a dire "memorabile"...).
       E' sicuramente lecito concedere a tutti una seconda opportunità, però qui siamo in presenza di gente che, sia pure con interruzioni varie, è stata al governo per circa vent'anni e che ci ha "deliziato" con il suo servilismo filo-occidentale, con una politica fiscale non meno vessatoria di quella attuale (anzi prodromica alla medesima) e con il frutto avvelenato del federalismo, quello che ha moltiplicato per quattro i livelli di tassazione cui siamo sottoposti. Quanto al resto, vale a dire alla loro incidenza metapolitica, non voglio infierire, per carità di Patria...
       Saranno diventati diversi? Potrei sperarlo, ma l'età mi induce ad escluderlo, e poi non vedo altro che la solita congerie di luoghi comuni reazionari, di "no a questo e no a quello", secondo le "migliori" tradizioni di coloro che scoprono la "rogna" quando li ha già abbondantemente pervasi, e dei fenomeni sociali, a cominciare dall'immigrazione, vedono solo le patologie e non anche le opportunità, a iniziare da quella - macroscopica - della solidarietà tra schiavi, perché tali siamo, noi come quelli che vengono fatti affluire qui da Paesi lontani e disastrati. Coinvolgerli in un progetto di rivolta globale degli "underdog" - categoria alla quale ormai entrambi apparteniamo - sarebbe certamente più difficile, ma più stimolante, per me.
       Ciò premesso, faccio i miei migliori auguri a questa "Nuova Destra" italiana, che ai miei occhi non è per nulla nuova ed è ridicolmente "Destra", quando le categorie politiche novecentesche andrebbero totalmente dimenticate, senza rimpianti.
       So bene che qualcuno dirà che guardo il dito e non vedo la luna. Mi permetto di dissentire sommessamente: vedo anche la luna, ma guardo soprattutto - e comprensibilmente - il dito, in quanto, nei circa vent'anni della gestione di potere dei neo-lepenisti italici, me lo sono trovato in un solo scomodo posto e non vorrei ritrovarmecelo troppo presto...
       Dunque guardo prima di tutto il dito perché, pur essendo per la libertà sessuale, non ho propensioni sodomite.

                    Piero Visani

lunedì 20 ottobre 2014

Per un amico in più: Sandro Giovannini

       Capita spesso, con persone con le quali si sviluppa immediatamente un marcato idem sentire, di ritrovarsi a distanza di (parecchi) decenni e di scoprire con intima soddisfazione che quell'idem sentire è sempre vivo, malgrado certe mie (volute ma forse colpevoli) assenze.
        Ne sono scaturiti proficui contatti personali, nuove collaborazioni e soprattutto - per quanto mi riguarda - una cospicua serie di omaggi delle fortunate e culturalmente solidissime iniziative editoriali del Nostro, il quale, oltre essere un fine intellettuale, è anche un soggetto eclettico, attivo a tutto campo e capace di muoversi con disinvoltura pure in altri ambiti, a cominciare dalla fortunatissima invenzione delle "magliette letterarie" (nel lontano 1988).
       Ho tra le mani uno splendido esemplare della collana Tabulae delle Edizioni Heliopolis (di cui Giovannini è direttore), dal titolo Nel presente eterno la felicità delle cose, stampato in soli 200 esemplari, elegantissimi nella presentazione e nel loro scoperto richiamo alle forme protolibrarie della tradizione scrittoria greco-romana. Sono opere che rallegrano l'animo solo alla vista, prima ancora di affrontarne la lettura.
       Lo stesso, ostentato riferimento alla classicità si trova nel volume "...Come vacuità e destino" (Novantico Editrice, Pinerolo (TO), 2014), a cura dello stesso Giovannini, dove sono raccolti saggi letterari e metapolitici di svariati autori, tra cui uno che mi ha particolarmente colpito - per ragioni professionali - che è Il mondo occidentale e la guerra, scritto di suo pugno dal Nostro, sul quale mi riservo di tornare quanto prima, con un commento apposito.
        In definitiva, un'editoria di altissima classe, per idee intramontabili, dove l'Essere si fonde compiutamente con il Divenire.

                         Piero Visani




Blog "Sympathy for the Devil" - Classifica dei post più letti (20 settembre - 20 ottobre 2014)


       Il mese in esame è risultato nel complesso alquanto asimmetrico. Nelle prime tre posizioni di classifica, esso ha visto la notevole crescita di Non, je ne regrette rien, che ha avuto ben 35 letture in più e che ora insidia da vicino Quantum mutatus ab illo!, rimasto invece stabile.
       Nelle prime dieci posizioni di classifica, si nota la buona progressione de Gli aggiustamenti "borghesi" (+10), ciò che gli consente di passare dalla settima alla sesta posizione. Più contenute le progressioni di Elogio funebre del generale August-Wilhelm von Lignitz (+6), Le donne accoglienti (+3) e Umberto Visani, Ubique (+2).
        Tutto il resto della classifica è sostanzialmente stabile o con progressioni appena percettibili, anche se, al di fuori delle prime dieci posizioni di classifica, si nota la buona progressione di Storia della guerra - 16: La guerra franco-indiana (+7), ciò che la porta a guadagnare ben tre posizioni.
  1. It's just like starting over, 567 (=) - 11/12/2012
  2. Quantum mutatus ab illo!, 160 (=) - 20/05/2013
  3. Non, je ne regrette rien, 157 (+35) - 29/12/2012
  4. Elogio funebre del generale August-Wilhelm von Lignitz, 114 (+6) - 29/01/2014
  5. Umberto Visani, Ubique, 99 (+2) - 19/04/2013
  6. Gli aggiustamenti "borghesi", 94 (+10), 05/02/2014
  7. La rivolta di Pasqua (Dublino, 1916), 88 (=) - 31/03/2013
  8. Le donne accoglienti, 82 (+3) - 15/03/2013
  9. Isbuschenskij, 78 (=) - 23/08/2013
  10. La verità è sempre rivoluzionaria, 77 (=) - 21/03/2013
  11. L'istinto di conservazione, 77 (=) - 27/02/2013
  12. JFK e lo "zio Adolf", 71 (=) - 17/05/2013
  13. Storia della guerra - 16: La guerra franco-indiana, 69 (+7) - 23/10/2013
  14. Toglietemi tutto, ma non il superfluo, 66 (=) - 12/03/2013
  15. Look away, Dixieland, 65 (+2) - 23/01/2013
  16. Louis-Antoine de Saint-Just, 64 (+1) - 29/04/2014
       Nel complesso, siamo di fronte a un mese dinamico, anche se più stabile del precedente, con letture salite ormai in totale a oltre 41.500, a fronte di circa 1.400 post, con una media di circa 30 letture per post. E non sono ancora due anni che questo blog esiste ed è gestito in assoluta autonomia.

                                        Piero Visani





domenica 19 ottobre 2014

Corrispondenza pubblica e privata di un generale della Rivoluzione e dell'Impero - 4

Parigi, 29 Brumaio, Anno IV


Mia cara Amica,
                           permettetemi di chiamarVi così, ma, dopo ieri notte, ogni altra definizione suonerebbe falsa e ipocrita.
                                     Il nostro incontro a quattr'occhi è stato superiore a qualsiasi mia aspettativa. Vi sapevo donna libera e di grande carattere, ma non pensavo (permettetemi di dire: non speravo) che la nostra serata si sarebbe trasformata in nottata e che solo a mattina inoltrata, con i nostri sensi ormai placati, ci saremmo infine salutati.
                                      Come è potuto avvenire, tutto questo? Se fossimo delle persone che ancora misurano se stesse sui valori e le ipocrisie dell'Ancien Régime, dovremmo condannarci per avere violato ogni principio morale. Ma che ce ne facciamo della morale, noi? La morale è per i deboli, per coloro che sono usi a vivere secondo le regole, mentre io fin da quando Vi ho conosciuta ho capito che, per Voi, non esistono regole che non siano dettate dalla Vostra capacità di amare, di nutrire passioni, di soddisfare i Vostri più intimi desideri.
                                  La nostra serata - è vero - era iniziata in conformità alle più comuni norme sociali, ma ben presto ci siamo accordi che non riuscivamo a starne all'interno e che il fuoco della passione muoveva me verso di Voi non meno di quanto muovesse Voi verso di me.
                                         A quel punto, avremmo potuto reprimere i nostri sentimenti e le nostre pulsioni. Tuttavia, perché farlo? Per quale ragione negarci o differire piaceri che potevamo concederci subito?
                                         E' quanto abbiamo scelto spontaneamente di fare, con assoluta naturalezza, scegliendo di unire - oltre che le nostre anime, già potentemente unite - anche i nostri corpi.
                                         La mia natura di gentiluomo mi impedisce di fare, per iscritto, commenti che risultino poco adatti agli occhi di una Signora, ma permettetemi di dirVi che non ho mai conosciuto una dispensatrice di amore che possa starVi lontanamente alla pari e che la notte che abbiamo appena trascorso insieme lascerà nel mio animo un segno indelebile.
                                       Scrivo così, a caldo, meno di un'ora dopo che ve ne siete andata per fare ritorno alla Vostra dimora, ma il mio animo è in subbuglio, travolto da un coacervo di sentimenti e da lucide percezioni anche di carattere fisico, sulle quali - se me lo permetterete - sarò lieto di ritornare quanto il nostro livello di confidenza sarà ulteriormente aumentato.
                                       Per ora, permettetemi di dirVi che sono estasiato da Voi e dalla Vostra avvolgente femminilità, e che non vedo l'ora di poterVi rivedere ancora.
                                        Non ho ricevuto, per il momento, convocazioni dal Ministero della Guerra e dunque spero di poter rimanere ancora a Parigi, nelle prossime settimane, ma Vi prometto che Vi terrò adeguatamente informata al riguardo.
                                       Ora Vi lascio alla cure dei Vostri figli, non prima di avervi nuovamente esternato i sensi del mio amore per Voi.
                                                A presto rivederVi, mia cara Béatrice.





Corrispondenza pubblica e privata di un generale della Repubblica e dell'Impero è un racconto in forma epistolare scritto da Piero Visani
                                                    
                               

sabato 18 ottobre 2014

Un'utile esperienza

       Sebbene conoscere una "profumiera" non sia propriamente un'esperienza divertente, in quanto uno si deve sottoporre a un lungo iter fatto di irretimento, pseudo-seduzione, attesa di un'intercourse che ovviamente non verrà mai e di non poche spese per cercare di riuscire comunque a provocarlo; e sebbene se ne esca in genere male, prendendosi un calcione e risultando vittima di una forma mentis atque corporis che il più delle volte è anche fortemente intrisa di "lellismo", a gioco lungo - sfumata l'irritazione - ci si accorge che non tutto ciò che si è sperimentato è risultato vano, in quanto si tratta di un'esperienza che è comunque utilissima.
       In primo luogo, chi ha conosciuto una "profumiera" professionista non si farà mai più ingannare da altre colleghe della medesima. Ne riconoscerà l'odore (per lui ormai diventato afrore...) anche se la "profumiera" di turno farà uso di un'altra essenza rispetto a quella che ha annusato lui.
       Me ne sono reso conto alcuni mesi fa, raccogliendo le confidenze di un amico, alquanto intristito per ciò che stava sperimentando e che - guarda caso! - era identico quasi alla lettera a quello che avevo sperimentato io: stessi comportamenti, stessi discorsi, stessi virginali differimenti di qualsiasi approccio men che vagamente sessuale, stesso scaltro sfruttamento di qualsiasi possibile vantaggio, almeno fino a quando ciò non si è rivelato manifestamente impossibile...
       Sono stato lieto di poter giovare a questo caro amico, mettendolo in guardia nei confronti del tipo di soggetto che aveva incontrato e lui mi è stato immensamente grato per questo.
       E anch'io, pur non avendo più avuto esperienze analoghe, riesco ormai a sentire l'afrore delle "profumiere" anche a grande distanza. Il che è normale, "avendo già dato"... (e la citazione non è casuale...).
        Ma tutto questo è nulla rispetto ai vantaggi sul piano positivo, vale a dire quelli relativi al rapporto con le donne vere. Un tempo forse le sottovalutavo, o forse non mi erano chiari il loro ruolo e la loro importanza. Ora che li ho compresi grazie a una valutazione e contrario, mi godo la mia nuova vita fatta non di piaceri differiti che non si concretizzeranno mai, ma di piaceri e gioie a tutto tondo, condivisi con soggetti che non hanno per nulla in uggia la loro identità di genere, anzi sanno benissimo quale sia...

                             Piero Visani



Un eroe polacco


      Il 19 ottobre 1813, al termine della battaglia di Lipsia, la defezione degli alleati sassoni e wurttemburghesi rende ancora più difficile la posizione della Grande Armata napoleonica, fiaccata da tre giorni di durissimi combattimenti contro un formidabile concentramento di eserciti alleati.
       Costretto alla ritirata, Napoleone affida al principe Josef Anton Poniatowski, imparentato con la famiglia reale polacca e fedele alleato della Francia, il compito di coprire la ritirata della Grande Armée con il corpo d'armata polacco, posto al suo comando. 
       Nominato maresciallo di Francia solo tre giorni prima, Poniatoski si accinge all'arduo compito coprendo il deflusso francese. Quando ormai non resta che un unico ponte disponibile per la ritirata, quello sul fiume Elster, la mancanza di sangue freddo dei genieri incaricati di farlo saltare, ormai pressati da vicino dagli alleati avanzanti e timorosi per la loro stessa sorte, li induce a distruggerlo prima che gran parte del corpo d'armata polacco possa sottrarsi al nemico.
      Di conseguenza, il principe Poniatoski non ha altra possibilità - scortato da un solo ufficiale - di gettarsi nell'Elster, cosa che fa a cavallo, nella concitazione del momento e nella speranza che l'animale possa avere più vigore di lui, già ferito, nell'affrontare la traversata.
       La soluzione scelta si dimostra felice al fine di raggiungere l'altra riva, ma ne fa un bersaglio ideale per le truppe nemiche avanzanti, in quanto un uomo a cavallo, per di più nella elegante divisa di un principe polacco, è un bersaglio ideale in mezzo a tanti soldati che cercano scampo semplicemente nuotando.
       Raggiunto da altri due proiettili durante la traversata del fiume, Poniatoski viene trapassato da un colpo fatale al polmone mentre, sempre a cavallo, sta risalendo faticosamente la riva. Sprofondato nel fiume, il suo cadavere sarà recuperato solo dopo qualche giorno e portato in Polonia, per essere sepolto con tutti gli onori.

       Può essere interessante notare che Poniatoski aveva accolto la sua nomina a maresciallo di Francia, il 16 ottobre, con scarso entusiasmo, oppresso com'era da foschi presagi di morte.

       Su di lui, infine, esiste una leggenda alquanto interessante: nel luglio 1784, quando era ancora un ufficiale dell'esercito austriaco, per scommessa aveva traversato a cavallo il fiume Elba, gonfiato da piogge torrenziali. Una persona che aveva assistito a questo exploit, compiuto in divisa e con equipaggiamento da campagna, gli aveva detto: "Altezza, voi avete vinto l'Elba, ma una gazza Vi ucciderà!".
       Per quanto non particolarmente superstizioso, Poniatowski si era sempre mostrato, a partire da quel giorno, decisamente a disagio alla sola vista di quel tipo di uccello.
       Può essere interessante notare che in tedesco "gazza" si dice "Elster", cioè il nome del fiume in cui egli trovò la morte...
       Se la storia è apocrifa, è costruita bene...

                                          Piero Visani