martedì 31 luglio 2018

Un libro per l'estate: Piero Visani, "Storia della guerra dall'antichità al Novecento"

       Non è molto elegante, per un autore, promuovere le proprie opere. Tuttavia, non potendo contare che su poche recensioni di generosi amici e su qualche presentazione pubblica, per quanto molto qualificata, e senza avere alcuna speranza di un "passaggio" televisivo, mi prendo la libertà di segnalare il mio libro Storia della guerra dall'antichità al Novecento (Oaks Editrice, Milano 2018, 195 pagine, prezzo 18 euro) come una possibile lettura vacanziera, da rilassanti momenti di riposo.
       E' un saggio, non un romanzo, dunque sicuramente induce molti a pensare che si tratti di una lettura un po' noiosa, molto "ingessata", adatta solo a specialisti e/o ad appassionati. In realtà, ho cercato di scrivere l'esatto contrario di tutto questo, per realizzare un'opera leggera, facilmente fruibile, adatta anche e soprattutto a non specialisti, ma a lettori comuni, appassionati di storia, alla ricerca di una lettura semplice ma non superficiale; leggera ma stimolante; attenta a far riflettere, ma anche a non annoiare.
       Tutti i capitoli sono brevi, pur se scritti fittamente e ricchi di note bibliografiche, ma queste ultime non interferiscono in alcun modo sullo sviluppo della trattazione, per cui possono essere tranquillamente saltate, se non interessano il lettore, senza che la sua comprensione del testo ne risenta, mentre possono essere utilizzate da quei lettori che, incuriositi da un argomento, vogliano approfondirne la conoscenza mediante la lettura di altri libri.
       Pur rendendomi conto di risultare poco credibile, devo dire che, fino ad oggi, non sono stati pochi i lettori che hanno voluto testimoniarmi la loro soddisfazione per la lettura di un testo che li ha interessati e appassionati, risultando lieve e non specialistico, facendosi leggere quasi di un fiato, così come non sono stati pochi i docenti di scuola media superiore che l'hanno consigliato come lettura estiva ai loro studenti, sapendo che non avrebbe fatto loro odiare la storia, neppure quella militare.
       Ho scritto un post che è un "marchettone", ne sono consapevole. Come d'abitudine, combatto le mie battaglie con le poche armi di cui dispongo.

                        Piero Visani



Testimonianza da Moncalieri

       Abito da circa 14 anni in una frazione collinare del Comune di Moncalieri. L'esistenza di una banda di dementi specializzata nel lancio a sorpresa di uova era già nota alla popolazione e alle forze dell'ordine locali; lanci del genere si erano già verificati e il tutto, secondo la nota logica italica, si era concluso con il solito e totalmente assolutorio "sono ragazzi!".
       Quei "ragazzi" che avevano già colpito altra gente (poveri bianchi, figli di un dio minore...), hanno colpito più gravemente una giovane atleta italiana di colore, ed è scattata la canea. Il gesto abominevole compiuto da questi teppistelli si commenta da sé, ma si commentava anche prima, quando la loro vittima era un pensionato Fiat o  una vecchia signora resa ancora più pallida dall'impossibilità di permettersi una vacanza grazie alla forza dirompente dell'euro e al livello davvero confortante delle pensioni minime...
       C'è una guerra in corso - questo è fin troppo evidente - e da polemologo mi permetto di dire a tutti i contendenti: mai sbagliare i propri obiettivi...

                               Piero Visani





Guerra di movimento

       Con tutti i limiti propri di un Paese che ha perso per strada il concetto di interesse nazionale (ci hanno pensato democristiani e post-comunisti a farglielo perdere), il nuovo governo giallo-verde sta facendo qualche positivo sforzo per recuperare un minimo di politica estera degna di questo nome, che non consista esclusivamente nel fare gli zerbini alla Francia e soprattutto alla Germania.
       E' ovvio - si dirà - che si rischia di fare gli zerbini agli Stati Uniti, ma queste sono contestazioni che fanno astrazione da un principio fondamentale, che è quello, per l'appunto, dell'interesse nazionale. Inutile negare che, da almeno un decennio, l'interesse nazionale italiano coincide con il fare la cloaca maxima dei flussi migratori che gli altri Paesi dell'Unione Europea non vogliono e non riescono a gestire. Con abile mossa, sulla stucchevolissima cultura nazionale dell'accoglienza (di cui è nota la patetica origine cristiana) sono stati innestati turpi interessi economici, che hanno consentito a vari soggetti (criminali e apparentemente - ma solo apparentemente - meno tali...) di lucrare enormi guadagni, coprendo il tutto con le melensaggini dell'accoglienza.
       Per volontà popolare (visto che non risultano elezioni condotte con brogli...), questa linea politica è stata del tutto affossata, come è tipico di una democrazia in cui una politica non risulta più gradita all'elettorato. Ora è tempo di cambiare anche altre politiche, a cominciare da quella delle virtù economiche praticate da Germania e sodali dell'UE con i nostri soldi, le nostre tasse e le nostre vite. Quelle politiche che fanno bruciare la Grecia per mantenere elevato l'export germanico.
       Sappiamo bene che niente di tutto questo è privo di controindicazioni. Sappiamo bene che, in politica estera, tutti i Paesi sono molto egoisti, ma è compito di un governo non diretto da semplici lacchè di Berlino o Parigi passare da una strategia statica e totalmente servile ad una "guerra di movimento" che riassegni all'Italia un ruolo nell'area mediterranea e in Europa.
       Velleità? Può darsi. Costi inevitabili? Di certo, ma non è che fare il collettore di tutti i migranti dell'area mediterranea sia una cosa che può giovare a questo Paese, così come è chiaro - a meno che uno non sia proprio scemo o totalmente in malafede - che nessun migrante verrà in Italia per pagare le pensioni agli italiani in fase di invecchiamento demografico. Dovrebbe regolarizzarsi, prima, e sappiamo che in moltissimi casi non è così.
       Le politiche di servilismo statico nei riguardi del Quarto Reich e dei suoi accoliti ci sono servite a pochissimo, salvo ad andare progressivamente in malora. E' tempo di cambiare. Non ridiventeremo tanto facilmente padroni del nostro destino, ma, per riuscirvi, la prima acquisizione concettuale fondamentale è riprendere a fare una politica estera. Nella politica estera, come nella comunicazione, le rivoluzioni sono impossibili, ma si può iniziare a cambiare per gradi ed a mandare chiari segnali a chi ha sempre finto di non voler capire...

                                    Piero Visani





lunedì 30 luglio 2018

Piero Visani, "Storia della guerra nel XX secolo", cap. 2: "La Seconda Guerra Mondiale (1939-1945)"

       Prosegue la stesura del libro Storia della guerra nel XX secolo, secondo volume di Storia della guerra dall'antichità a oggi" e naturale prosecuzione di Storia della guerra dall'antichità al Novecento (Oaks Editrice, Milano 2018, 195 pagine, prezzo 18 euro). Ho appena completato il secondo capitolo, dedicato alla Seconda Guerra Mondiale.
       E' un capitolo lungo, perché un conflitto di tali dimensioni non ha potuto essere sintetizzato in poche pagine, ma l'impostazione dell'opera è rimasta la medesima, con grande spazio all'identificazione dei problemi essenziali e cospicuo riferimento a una bibliografia in varie lingue, utile per quanti fossero interessati ad approfondire specifiche tematiche.
       Il prossimo capitolo - il terzo - si intitola "La decolonizzazione e le guerre di liberazione nazionale: guerriglia, controguerriglia, guerra rivoluzionaria e guerra psicologica", che è uno dei temi che - da sempre - mi interessano di più.

                          Piero Visani




sabato 28 luglio 2018

Agiografie

1) Di santificazione:
"Una persona semplice, alla mano. Dialogava con tutti. Faceva la spesa proprio come la facciamo noi. Valutava la qualità delle verdure e ne sapeva perfino i prezzi. A spesa finita, portava addirittura i sacchetti da sé, senza darli a uno della scorta. Se gli si chiedeva una foto, la concedeva volentieri, sempre con il sorriso sulle labbra"...

2) Di demonizzazione:
"Un tipo riservato, silenzioso, sempre abbastanza sulle sue. Gentile ma freddo. Non andava mai oltre il 'buongiorno/buonasera'. Sembrava sempre un po' distaccato e distante, ma l'aspetto e i comportamenti erano quelli di una brava persona. Se con noi c'era il nostro figlioletto, in genere gli riservava un sorriso e un buffetto. Non avremmo mai detto che potesse essere un terrorista/assassino".

Conclusioni:
Le persone semplici e "alla mano" diventano "santi laici". Quelle riservate e silenziose, dei potenziali terroristi/criminali. Occhio, gente, che la classificazione è "facile"...

                              Piero Visani



giovedì 26 luglio 2018

La santificazione laica

       Ieri, nel giorno del mio compleanno, mi è toccato di assistere a una grottesca santificazione laica che è risultata tale non solo perché si è trattato dell'ennesima "santificazione", ma perché è tipica di tutti gli "in mortem". Non discuto chi ne è stato - suo malgrado - protagonista, ma trovo terribili questi "coccodrilli" che vengono predisposti ogni volta che hanno luogo dipartite del genere. Se davvero questi personaggi godessero della stima di cui si dice, forse non sarebbero sottoposti a un trattamento così terribile, che certo non giova loro, comunque li si voglia giudicare.

                     Piero Visani

Il fuoco greco

       La teoria maggiormente diffusa da una visione ispirata alla "demonìa dell'economia" è che le merci, tutte le merci, siano deteriorabili. In Grecia - com'è dimostrato dai roghi di questi giorni - non c'era più molto per difendere la "merce uomo" dalle offese che possono essere portate contro di essa.
       I roghi - si sa - fanno parte di abominevoli speculazioni e ogni anno fioriscono, in varie aree, perché le pene a carico di piromani prezzolati e speculatori sono minime, come ovunque in certi sistemi giuridici, dove il "diritto a delinquere" non è frutto - come ci viene raccontato ad arte - di mero garantismo, ma della volontà di distruggere determinati assetti in favore di una società mercificata e criminale che è non l'altra faccia, ma l'unica faccia oggi nota della liberaldemocrazia.
     Ciò premesso, in Grecia si è tagliato su tutto, dopo anni di "spese pazze" (quanto meno a detta dei "moralisti" con ville da 24 milioni di euro...), e questa scelta "virtuosa" ha reso deperibile la "merce uomo" e la "merce bambino", fino al punto di esporla al rischio di roghi. Capita, alle merci ormai inutili. Come scelta, peraltro, è più virtuosa che lasciare bambini e vecchi in preda a malattie e morte per denutrizione o mancanza di cure.
       "Fecero un deserto e lo chiamarono pace": le parole di Tacito ben illustrano una modalità con cui, ormai da tempo, i suoi fautori "esportano la democrazia". I fattori economici, in tal modo, sono salvi. Quanto alle merci deperibili, quelle si buttano o si bruciano, perché - come ebbe a dire "Rigor Mo(n)tis" - "la Grecia è il più grande successo dell'euro" e, vista da certe ville patrizie, brucia appena appena un po'...

                        Piero Visani



lunedì 23 luglio 2018

Il vero problema

       Nel profluvio di scritti sulla gravissima malattia che ha colto Sergio Marchionne, la testimonianza che mi ha colpito di più è stata quella di Massimo Gramellini, a pagina 5 del "Corriere della Sera" di ieri. Il noto giornalista scrive di essere stato oggetto, da parte del grande manager, di una riflessione di questo tenore: "Qualche emiro che compra una Ferrari lo troverò sempre. Ma se il ceto medio finisce in miseria, chi mi comprerà le Panda?".
       A parte il livello della conversazione, che è un po' come soffermarsi su "Risiko" per trattare di strategia, e a parte anche il fatto che un tempo la Panda era forse più un'auto da classe operaia che da ceto medio, mi ha fatto piacere scoprire che alla mente geniale del grande manager il problema della deliberata distruzione del ceto medio da parte dei grandi potentati finanziari in qualche modo si era posto. E lui aveva risposto da par suo, puntando su Ferrari, Maserati e Alfa Romeo in versione lusso...
       La (molto presunta) "bellezza" del "non possiamo non dirci cristiani" è che, in articulo mortis, tutti hanno diritto al Paradiso, meno il ceto medio, ovviamente, per gran parte del quale anche la Panda oggi è un sostanziale miraggio. Non resta dunque, al grande capitale, che venderci le fake news mascherate da apologhi menenioagrippiani, nell'ambito dei quali - in base a una solida e sempre (ovviamente) respinta concezione organicistica molto vecchio stile - a noi poveri proletari e poveri borghesi proletarizzati resterà la "fantastica soddisfazione" di fare, nelle nuove articolazioni sociali prodotte dal capitalismo finanziario, le "dita dei piedi", una condizione molto scomoda, alla quale saremo - guccinianamente - "costretti".
       Quant'è bello e quanto è umano, "il migliore dei mondi possibile"...!

                                    Piero Visani





giovedì 19 luglio 2018

Le nuove schiavitù

       Stando ai giornali di ieri, la "giornata di liberazione fiscale" - vale a dire il giorno in cui il suddito (dire cittadino mi pare altamente risibile) cessa di lavorare per pagare il fisco - quest'anno avrà luogo tra il 10 e il 20 agosto, a seconda delle fonti. Ricordo che un tempo tale giornata aveva luogo in giugno, il che lasciava (tipico vocabolo da democrazia evoluta, equiparabile al celeberrimo "octroyer" del costituzionalismo monarchico francese...) ancora poco più della metà dell'anno per provvedere alla propria famiglia e a se stessi.
       Ora tale giornata da giugno si è spostata in agosto e dire che io - nella mia colossale ingenuità - restavo convinto che il giorno della Liberazione totale fosse il 25 aprile...
       Non c'è dubbio che "il migliore dei sistemi possibili" ci ha regalato una società assolutamente fantastica: si vive e si lavora per pagare un "gelido mostro" di cui nulla sappiamo, se non che vuole solo e sempre più soldi da noi; soldi che servono a lui, perché per noi c'è solo la schiavitù. Ormai siamo solo "servi della gleba" e neppure alla riscossa..., ma apprendiamo con gioia che ci sono soggetti di potere cui viene la sciatica per eccesso di etilismo. A noi invece vengono gli accessi di bile, ma questo è normale, quando si tollera che un'intera generazione di politici e burocrati ci prenda in giro affermando che quello in cui si lavora otto mesi su dodici per soddisfare la natura famelica dello Stato è un sistema di libertà. Io alle favole ho smesso di credere da bambino e contavo molto sul fatto che si dice che questo Paese sia in fase di costante invecchiamento. Evidentemente circolano soggetti molto più creduloni di me.
       Mi è però venuta un'idea: fare come Harriet Beecher Stowe e scrivere un libro che - come "La capanna dello zio Tom" - desti le coscienze delle persone contro i nuovi schiavisti. A differenza dei vecchi, che avevano una loro coerenza politica, i nuovi invece amano presentarsi come "sinceri democratici", perché la presa per le terga è uno sport nel quale eccellono. Perché non c'è sistema politico più libero e meno schiavista di quello in cui si lavora fino al 20 agosto (se basta...) per il fisco. Se non è libertà questa...!

                                               Piero Visani



venerdì 13 luglio 2018

Riferimenti individuali

       Nella vita di ciascuno di noi vi sono figure di riferimento individuali alle quali, in un modo o nell'altro, ci si attacca. A me capitò così, da adolescente, per Nathan Bedford Forrest, di cui ricorre oggi l'anniversario della nascita (13 luglio 1821, in Tennessee).
      Di umili origini, allo scoppio della Guerra Civile americana (aprile 1861) era uno degli uomini più ricchi degli Stati Uniti, grazie al grande successo che aveva avuto negli affari. Del tutto sprovvisto di un'istruzione militare, si arruolò nell'esercito della Confederazione come semplice soldato e ascese fino al grado di tenente generale, anche se poco dopo l'arruolamento venne nominato colonnello comandante di un reggimento di cavalleria che aveva provveduto a reclutare ed a equipaggiare (cavalcature comprese) a proprie spese.
       Quello che ho sempre amato di Forrest è la feroce determinazione che lo animò in ogni momento della sua vita avventurosa. All'inizio del conflitto, in occasione della battaglia di Fort Donelson (febbraio 1862), respinse la decisione del comando confederato di arrendersi e persuase circa 4.000 soldati sudisti a sottrarsi all'assedio unionista traversando il fiume Cumberland, parzialmente ghiacciato e nel bel mezzo di una tempesta di neve. Ritenuta impossibile dai suoi superiori, che le preferirono la resa, l'impresa riuscì perfettamente.
       La mia fantasia di adolescente venne molto colpita da quella decisione, frutto di feroce determinazione e di volontà di non piegarsi in alcun modo al nemico, così come venne colpita dalla sua perdurante inclinazione a contestare gli ordini superiori, specie quando - e accadeva spesso - erano contrari ad ogni logica e ispirati ad una concezione della guerra che non poteva che portare il Sud alla sconfitta, come effettivamente accadde.
        Grande fautore della guerra di movimento, solo nel dopoguerra il generale Lee riconobbe che Forrest era stato il migliore dei generali che aveva comandato, superiore persino al celebre "Stonewall" Jackson
       Mi è gradito ricordarlo oggi, e ricordare a me stesso che, in definitiva, la mia vita è stata una semplice rincorsa all'imitazione di modelli che, in gioventù, avevano colpito la mia fantasia. Anche se sono finito malamente più o meno come Forrest (senza peraltro avere fatto un millesimo di quello che ha fatto lui), non ne sono minimamente pentito. La vita è sogno.

                                Piero Visani

P.S.: l'illustrazione si riferisce alla fuga della colonna Forrest da Fort Donelson, 16 febbraio 1862)



giovedì 12 luglio 2018

Le "strutture"

       Leggo sul "Corriere della Sera" di oggi della diffidenza del ministro dell'Interno Salvini nei riguardi delle "strutture", cioè degli apparati dello Stato. Vorrei apportare la mia piccola testimonianza al riguardo, dopo 19 anni come consulente degli apparati militari nazionali.
       Non ho mai conosciuto ambiente più curiale di quello, a parte forse quello ecclesiastico, che non ho il piacere di conoscere perché non sono credente. Ma vorrei scrivere queste righe per smentire una credenza assai diffusa nella popolazione, forse a causa della visione di molti (troppi) film americani. E' raro trovare, specie se si procede verso i gradi più elevati, persone che nutrano una visione anche solo blandamente guerriera della funzione militare. I più sono solidi navigatori di corridoi, molto attenti a rimanere "allineati e coperti", onde evitare possibili rischi di "impallinamento".
       Nel periodo in cui risale la mia esperienza al riguardo (1988-2006), notevolissima era l'incidenza in ambito militare della Comunità di Sant'Egidio e di tutti i suoi valori (che, sia detto per inciso, non è che siano propriamente "guerrieri") e non mancava neppure una solida presenza di estimatori delle Sinistre (con solide amicizie, anche politico-personali). Entrambe le cose non mi sorprendono: considerato il livello politico delle Destre e la loro totale inesistenza in ambito metapolitico, è naturale che un militare che avesse a cuore di non finire la carriera a livelli non eccelsi cercasse di tenere conto dello "spirito del tempo", della sua incidenza, dell'aria che respirava. Mai una parola di troppo, quindi, e - se proprio c'era da proferirne una - essa rientrava ovviamente nella vulgata pacifista tipica dell'Italia democristiana e comunista. E nulla cambiò dopo l'avvento del centrodestra, perché quella vulgata - stile "soldati di pace" - era condivisa anche dai "centrodestri", timorosi della loro ombra (che pure fa meno paura del loro aspetto...) e pronti a scattare solo se gli ordini arrivavano dagli USA e dalla NATO (nel qual caso anche i bombardamenti sulle popolazioni inermi diventavano legittimi, se solo si glissava elegantemente sui medesimi...).
       Privi di metapolitiche "guerriere" (ricordo le mie lunghe conversazioni con il capo di Stato Maggiore dell'Esercito, generale Goffredo Canino, sulle modalità con cui cercare di iniziare a ri-crearle, salvo poi vederlo in breve "impallinato" e costretto alle dimissioni in seguito a una ben orchestrata manovretta a lui ostile), i militari italiani sono oggi - esattamente come allora - figli della cultura curiale che respirano e del fatto che, in definitiva, non hanno a tutt'oggi un'identità precisa, visto che uno dei pochi riferimenti culturali che gli vengono insegnati - quello dei "soldati di pace" - è un ossimoro che nulla dice e meno spiega, per non parlare del numero notevole di funzioni civili loro indebitamente riservate.
       A mio giudizio, quindi, fa bene il ministro degli Interni Salvini a non fidarsi degli apparati. Quello che ho conosciuto io adorava la classica contaminazione italica tra funzione e finzione, e quasi se ne beava, salvo qualche tardiva resipiscenza al momento dell'andare in pensione, quando - ormai garantiti i diritti acquisiti - si poteva cercare di riprendere l'originaria identità perduta e trasformare i sempiterni belati in (moderati) ruggiti.

                     Piero Visani



mercoledì 11 luglio 2018

Duecentomila visualizzazioni!

       Dopo cinque anni e mezzo di vita, il mio blog "Sympathy for the Devil" ha tagliato il traguardo delle duecentomila visualizzazioni. Lo ritengo un bel risultato, trattandosi di un blog privatissimo e artigianale. Al suo interno è presente materiale utile a fare almeno due libri, di cui uno di attualità politica e l'altro di storia militare. Alla seconda ipotesi sto già pensando e classificando i post che potrebbero essere utili allo scopo.
       "Sympathy for the Devil" è rimasto un blog di varia umanità così com'era stato concepito in origine, anche se ha conosciuto fasi diverse. Tuttavia, resterà fedele alla sua impostazione iniziale, che è quella che mi è sempre piaciuta di più.
       Ringrazio i lettori che l'hanno seguito e continuano a seguirlo, con una media di oltre ottomila visualizzazioni al mese. E' proprio l'attenzione e la fedeltà dei lettori che mi ha consentito di superare questo traguardo e di puntare verso nuovi obiettivi.

                      Piero Visani



martedì 10 luglio 2018

Due piccioni con una fava

       Il passaggio di Cristiano Ronaldo alla Juventus è ufficiale. Da juventino non cieco ne sono lieto: considerata la grande personalità del portoghese e il fatto che sia abituale per lui comportarsi da allenatore in campo, potrà dare alla squadra un duplice e preziosissimo contributo: il suo, come miglior giocatore del mondo; il suo come neutralizzatore del "non gioco" in cui è più che specializzato l'allenatore che si ritroverà tra i piedi, mister "1-0" (se e quando riesce...) Massimiliano Allegri.
       Costantemente critico nei confronti di una dirigenza amante - secondo le migliori tradizioni di famiglia - delle "nozze con i fichi secchi", questa volta devo riconoscere che è stata acquistata una perla, magari un petit peu agé, ma ancora in grado di dare moltissimo. Del resto, se si vogliono vincere i grandi trofei e non gli scudettini e le coppettine nazionali, occorrono potenza imperiale e relativa capacità di fuoco. Il resto sono discorsi da ragionieri con spiccata propensione al risparmio. Che per una volta la dirigenza juventina li abbia messi da parte è - a mio giudizio - un fatto estremamente positivo, considerata anche la loro ascendenza piemontese. Se vuoi vincere le guerre vere, devi dotarti delle armi migliori e in non pochi casi può addirittura non bastare. Non faccio l'uccello di malaugurio, ma il "polemologo calcistico"...

                     Piero Visani





Recensione di Carlo Gambescia a Piero Visani, "Storia della guerra dall'Antichità al Novecento"

       Un' eccellente recensione di Carlo Gambescia, illustre sociologo, al mio libro "Storia della guerra dall'Antichità al Novecento" (Oaks Editrice, Milano 2018, 195 pp., prezzo 18 euro). Può essere vista all'indirizzo:

https://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2018/07/guerra-una-storia-ricordavo-piero.html?spref=fb

che è il blog dello stesso professor Gambescia, al quale va il mio personale ringraziamento.

                    Piero Visani

lunedì 9 luglio 2018

Nantes

       Quello che è accaduto a Nantes ci ricorda quale società è stata creata in molti Paesi europei in questi anni, e quale futuro essa avrà. Non avendo nulla da perdere, a parte le personali catene in cui mi ha avvinto la democrazia totalitaria, osservo con sguardo da entomologo questi piccoli laboratori "culturali" in fieri, da cui molto difficilmente usciremo appellandoci alla solidarietà o all'amore per il prossimo. Ci attende un futuro di violenza e di guerra. Manca ancora l'innesco, è ovvio, ma davvero qualcuno pensa (spera) che non arriverà?
       La strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni (e poco importa se queste ultime siano vere o - come nel caso europeo - pateticamente fasulle). Oggi le buone intenzioni sono in forte calo, anche per costante diminuzione di quanti se ne fanno interpreti, il che vuol dire che siamo quasi arrivati alla meta: nudi (visto che i governi ci hanno sapientemente spogliati di tutto) e pronti alla mattanza. Urgono ideologie e strategie di sopravvivenza. Nessuno ci accoglierà - scortati dai "cani da guardia" di regime - nei "paradisi fiscali" dove gli attuali governanti hanno depositato tutti i loro averi, compresi quelli che hanno scientificamente sottratto a noi con la loro fiscalità di rapina e i loro falsi moralismi anti-elusione o evasione. Dovremo vivere (e magari morire) qui, in mezzo a quei non pochi "che ci osserva[no] e già vorrebbe[ro] la nostra gola".
       Sì, davvero "il migliore dei mondi possibile", quello dove oggi stanno covando i "fascismi". Come sempre, "Quos perdere vult, Deus dementat", e questa volta - più che mai - ci è riuscito appieno: l'obiettivo era farci tutti "liberi, ricchi e felici". E in effetti ci sono riusciti, ma non ci hanno detto che si trattava di una frase riferita ai soli membri di una ristretta consorteria oligarchica... E ora di quanto sia mostruosa questa fola si stanno accorgendo ogni giorno in di più, anche perché - per convincersi - gli basta guardare alla propria personale qualità della vita, che scivola all'indietro giorno dopo giorno, facendoci rimpiangere perfino l'Italia dei Vanzina...

                             Piero Visani



domenica 8 luglio 2018

L'universo dei diritti

       Cresciuto nel mondo dei diritti, nato nel 1950, ho potuto godere, a partire dal 1964, dei seguenti diritti:

- diritto ad essere discriminato, al liceo, in quanto aderente ad organizzazioni giovanili missine;
- diritto a NON fare carriera all'università in quanto non di sinistra;
- diritto a vedermi rifiutato un libro da una importante casa editrice italiana in quanto membro della "Nuova Destra";
- diritto a vedermi censurati alcuni articoli scritti per riviste di cui era promotore un noto personaggio torinese, medaglia d'oro della Resistenza;
- diritto a sentirmi dire, da un altro noto personaggio torinese, che gli dovevo riconoscere il grande merito di "avermi riconvertito alla democrazia" (e fu subito rottura con lui, detesto le affermazioni false e infondate).
- diritto ad essere messo in guardia, ogni volta che ero chiamato a scrivere cose in ambito istituzionale, a "non commettere errori" e a praticare la nobile virtù dell'autocensura, onde evitare rischi (mi immagino per me, più che per la democrazia...):
- diritto ad essere sottoposto a censura ogni volta che uscissi (e non mi capitava pressoché mai) dai binari "fissati per la mia libertà" dagli "ottimati".

       Passato a vita privata, alle mie società, susseguitesi nel corso del tempo, è stato riconosciuto soprattutto il diritto di pagare tributi e gabelle di ogni genere, in modo che - se possibile - potessi morire di fame. Quanto alle commesse, quelle mi venivano tolte non appena qualcuno si premuniva di far sapere chi fossi. Fermo restando che, in caso di abiura, qualche lavoretto si sarebbe sempre potuto trovarmelo...
       Non sono stato ucciso o incarcerato, questo no: sono stato solo condannato alla morte civile perché avevo comunque a che fare con dei "buoni", anzi degli "infinitamente buoni". Siccome sono molto resiliente, sono sopravvissuto, inventandomi spesso e volentieri nuove attività. Abiure non ne ho fatte né ne farò.
       Sono vissuto nel "migliore dei mondi possibile" e - distratto come ero e sono - francamente non me ne sono accorto. Ho commesso il peggiore dei reati, in democrazia, il reato d'opinione...
       Sono un homo ludens e quindi - ogni volta che sento cantare gli elogi della democrazia - mi guardo allo specchio e rido, rido fino allo sfinimento. Mi viene in mente "Un giudice", di Fabrizio De André. Magari, chissà, anche se sono molto vecchio un giorno potrebbe toccarmi di cambiare di posto...

                 Piero Visani



mercoledì 4 luglio 2018

Tipi di pacchia

      L'occupazione di tutti i gangli vitali di una società nella logica della costruzione di un'egemonia metapolitica è quanto qualsiasi forza politica degna di questa nome si preoccupa di fare, non appena le è consentito di esercitare una forma di potere, grande o piccola che sia. Se ciò non avviene, per ignoranza, carenza di visione strategica, insufficiente cultura politica e metapolitica, etc. etc., ci si deve accontentare di frasi reboanti relative alle "pacchie" che sarebbero finite. Poi una sentenza ti dimostra che, se qualche "pacchia" può essere finita, molte altre continueranno, e ancora molto a lungo, e potranno farti molto, molto male. Ci fu chi rubava e sapeva sviluppare un disegno egemonico molto preciso. Altri sono ancora molto indietro, su quella strada "lunga e tortuosa". Al limite, la prima capacità l'hanno sviluppata pure loro, la seconda sicuramente molto meno...

P.s.: sfortunatamente i concorsi in magistratura non risultano ancora aperti alle "trote", ma ora che - secondo la teoria "grillina" - uno vale uno e tutti sono intercambiabili, chissà mai che...

                         Piero Visani









                              

martedì 3 luglio 2018

Anticipazione presentazione "Storia della guerra dall'antichità al Novecento", di Piero Visani


       Giovedì 6 settembre, alle ore 18, presso la Sala Gioco del "Circolo dei Lettori" di Torino (via Bogino 9, 10123 Torino), presenterò il mio libro "Storia della guerra dall'Antichità al Novecento" (Oaks Editrice, Milano 2018).
       Sono consapevole di essere in largo anticipo, ma il programma settembrino del Circolo, in versione cartacea, va in stampa venerdì, per cui è necessario definire le date per tempo.
       Tutti gli amici di area torinese che vorranno gentilmente presenziare saranno i benvenuti.
       Nell'imminenza dell'evento, ovviamente ne darò notizia in forma più organica.

                        Piero Visani




domenica 1 luglio 2018

L'assalto alla diligenza, anzi al "Carroccio"...

       Leggo da varie parti che sarebbe in corso un nuovo episodio di questo "nobilissimo" sport italico. Ne ho già visti tanti, di questi assalti alla diligenza. In Piemonte, ad esempio, il centrodestra - qui al governo complessivamente per un quindicennio - si specializzò nel riciclaggio di "cercatori di posti e strapuntini" per ragioni di lavoro e/o mera sopravvivenza. Li vide non combinare alcunché di buono, non se ne preoccupò minimamente (altre erano le sue priorità...) e si ritrovò con il didietro per terra quando si tratto di ottenere solidarietà vere.
       Non conoscendo il concetto gramsciano di egemonia - sarebbe stato chiedere troppo a un noto esponente forzitaliota torinese, appassionato soprattutto di ciclismo e calciobalilla - il passaggio dei centrodestristi al potere nella Regione Piemonte può essere commentato con le sapide parole manzoniane a commento della dipartita di Donna Prassede: "quando si dice che era morta, è detto tutto". Ora magari la nobildonna rivivrà per consenso popolare, salvo morire dopo un quinquennio allo stesso identico modo. E davvero non mi pare che la Lega vorrà comportarsi altrimenti. Certe "buone" abitudini non si perdono mai.

                         Piero Visani