Leggo sul "Corriere della Sera" di oggi della diffidenza del ministro dell'Interno Salvini nei riguardi delle "strutture", cioè degli apparati dello Stato. Vorrei apportare la mia piccola testimonianza al riguardo, dopo 19 anni come consulente degli apparati militari nazionali.
Non ho mai conosciuto ambiente più curiale di quello, a parte forse quello ecclesiastico, che non ho il piacere di conoscere perché non sono credente. Ma vorrei scrivere queste righe per smentire una credenza assai diffusa nella popolazione, forse a causa della visione di molti (troppi) film americani. E' raro trovare, specie se si procede verso i gradi più elevati, persone che nutrano una visione anche solo blandamente guerriera della funzione militare. I più sono solidi navigatori di corridoi, molto attenti a rimanere "allineati e coperti", onde evitare possibili rischi di "impallinamento".
Nel periodo in cui risale la mia esperienza al riguardo (1988-2006), notevolissima era l'incidenza in ambito militare della Comunità di Sant'Egidio e di tutti i suoi valori (che, sia detto per inciso, non è che siano propriamente "guerrieri") e non mancava neppure una solida presenza di estimatori delle Sinistre (con solide amicizie, anche politico-personali). Entrambe le cose non mi sorprendono: considerato il livello politico delle Destre e la loro totale inesistenza in ambito metapolitico, è naturale che un militare che avesse a cuore di non finire la carriera a livelli non eccelsi cercasse di tenere conto dello "spirito del tempo", della sua incidenza, dell'aria che respirava. Mai una parola di troppo, quindi, e - se proprio c'era da proferirne una - essa rientrava ovviamente nella vulgata pacifista tipica dell'Italia democristiana e comunista. E nulla cambiò dopo l'avvento del centrodestra, perché quella vulgata - stile "soldati di pace" - era condivisa anche dai "centrodestri", timorosi della loro ombra (che pure fa meno paura del loro aspetto...) e pronti a scattare solo se gli ordini arrivavano dagli USA e dalla NATO (nel qual caso anche i bombardamenti sulle popolazioni inermi diventavano legittimi, se solo si glissava elegantemente sui medesimi...).
Privi di metapolitiche "guerriere" (ricordo le mie lunghe conversazioni con il capo di Stato Maggiore dell'Esercito, generale Goffredo Canino, sulle modalità con cui cercare di iniziare a ri-crearle, salvo poi vederlo in breve "impallinato" e costretto alle dimissioni in seguito a una ben orchestrata manovretta a lui ostile), i militari italiani sono oggi - esattamente come allora - figli della cultura curiale che respirano e del fatto che, in definitiva, non hanno a tutt'oggi un'identità precisa, visto che uno dei pochi riferimenti culturali che gli vengono insegnati - quello dei "soldati di pace" - è un ossimoro che nulla dice e meno spiega, per non parlare del numero notevole di funzioni civili loro indebitamente riservate.
A mio giudizio, quindi, fa bene il ministro degli Interni Salvini a non fidarsi degli apparati. Quello che ho conosciuto io adorava la classica contaminazione italica tra funzione e finzione, e quasi se ne beava, salvo qualche tardiva resipiscenza al momento dell'andare in pensione, quando - ormai garantiti i diritti acquisiti - si poteva cercare di riprendere l'originaria identità perduta e trasformare i sempiterni belati in (moderati) ruggiti.
Piero Visani
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