martedì 31 luglio 2018

Guerra di movimento

       Con tutti i limiti propri di un Paese che ha perso per strada il concetto di interesse nazionale (ci hanno pensato democristiani e post-comunisti a farglielo perdere), il nuovo governo giallo-verde sta facendo qualche positivo sforzo per recuperare un minimo di politica estera degna di questo nome, che non consista esclusivamente nel fare gli zerbini alla Francia e soprattutto alla Germania.
       E' ovvio - si dirà - che si rischia di fare gli zerbini agli Stati Uniti, ma queste sono contestazioni che fanno astrazione da un principio fondamentale, che è quello, per l'appunto, dell'interesse nazionale. Inutile negare che, da almeno un decennio, l'interesse nazionale italiano coincide con il fare la cloaca maxima dei flussi migratori che gli altri Paesi dell'Unione Europea non vogliono e non riescono a gestire. Con abile mossa, sulla stucchevolissima cultura nazionale dell'accoglienza (di cui è nota la patetica origine cristiana) sono stati innestati turpi interessi economici, che hanno consentito a vari soggetti (criminali e apparentemente - ma solo apparentemente - meno tali...) di lucrare enormi guadagni, coprendo il tutto con le melensaggini dell'accoglienza.
       Per volontà popolare (visto che non risultano elezioni condotte con brogli...), questa linea politica è stata del tutto affossata, come è tipico di una democrazia in cui una politica non risulta più gradita all'elettorato. Ora è tempo di cambiare anche altre politiche, a cominciare da quella delle virtù economiche praticate da Germania e sodali dell'UE con i nostri soldi, le nostre tasse e le nostre vite. Quelle politiche che fanno bruciare la Grecia per mantenere elevato l'export germanico.
       Sappiamo bene che niente di tutto questo è privo di controindicazioni. Sappiamo bene che, in politica estera, tutti i Paesi sono molto egoisti, ma è compito di un governo non diretto da semplici lacchè di Berlino o Parigi passare da una strategia statica e totalmente servile ad una "guerra di movimento" che riassegni all'Italia un ruolo nell'area mediterranea e in Europa.
       Velleità? Può darsi. Costi inevitabili? Di certo, ma non è che fare il collettore di tutti i migranti dell'area mediterranea sia una cosa che può giovare a questo Paese, così come è chiaro - a meno che uno non sia proprio scemo o totalmente in malafede - che nessun migrante verrà in Italia per pagare le pensioni agli italiani in fase di invecchiamento demografico. Dovrebbe regolarizzarsi, prima, e sappiamo che in moltissimi casi non è così.
       Le politiche di servilismo statico nei riguardi del Quarto Reich e dei suoi accoliti ci sono servite a pochissimo, salvo ad andare progressivamente in malora. E' tempo di cambiare. Non ridiventeremo tanto facilmente padroni del nostro destino, ma, per riuscirvi, la prima acquisizione concettuale fondamentale è riprendere a fare una politica estera. Nella politica estera, come nella comunicazione, le rivoluzioni sono impossibili, ma si può iniziare a cambiare per gradi ed a mandare chiari segnali a chi ha sempre finto di non voler capire...

                                    Piero Visani





Nessun commento:

Posta un commento