E' la stagione dell'anno che amo di più: è iniziato lo scivolamento verso l'inverno, ma tutto può ancora accadere. Forse non si può sperare di rovesciare l'ineluttabile, ma di prolungare l'agonia, questo sì.
Mi piacciono i colori, i sapori, le luci, quel sottile senso di decadimento, persino il sole delle giornate da "estate indiana", che non possiedono il tripudio cromatico della primavera o le luci abbaglianti dell'estate, ma invitano alla riflessione, al raccoglimento, all'introspezione, al dialogo con un dimidium animae meae, con un animo che ti faccia dimenticare le tristezze e lo squallore del mondo, magari di fronte a un camino appena accesso oppure a una buona bottiglia di vino, in qualche ristorante di charme o in una casa di campagna, possibilmente isolata.
L'autunno è la stagione dove tutto si sfuma, dove i colori sono meno forti, dove la pioggia comincia a rovesciarmisi addosso, battente, assillante, facendosi forte dell'interrogativo che da sempre la sostiene quando si presenta davanti a me: "perché mi ami così?".
Già, perché ti amo così, pioggerella autunnale? Perché sei un sintomo di cambiamento, dunque di crisi, e io adoro tutto ciò che è in movimento, mai statico, perennemente transeunte.
L'autunno mi ha sempre fatto molta compagnia, fin da bambino. Non preannunciava nulla di stabile, che non fosse un inverno probabilmente gelido, ma mi trasmetteva il segno e il senso di inversioni ancora possibili, di sussulti di orgoglio, di volontà di ritrovare "strade perdute", di mutare - con un atto di "virile eroismo" - il corso ineluttabile delle cose.
Nel tripudio cromatico delle Langhe, non troppo distante da casa mia, l'autunno vive uno dei suoi momenti più alti e a me piace essere lì con lui, a farci compagnia, nel bel mezzo di una gioia di vivere che nasce da una serena accettazione della natura e dei suoi cicli.
Non capisco l'umana esasperazione emotiva in favore dell'estate. A me piacciono tutte le stagioni, con le loro peculiarità. Dell'autunno credo di amare - come ho detto - soprattutto un certo decadentismo, che io mi pongo come sfida, nella speranza di invertire la tendenza, nello sforzo - certamente vano - di impedirgli di raggiungere l'inverno.
L'autunno, nella mia mente, è come certe donne "impossibili", che nelle sfumare progressivo delle luci di ottobre e novembre appaiono meno tali, diventano più "possibili", non perché lo siano realmente, ma perché quello è l'effetto che la loro rigidità mentale, sentimentale ed emotiva riceve quando si proietta non sulle luci nette dell'estate, ma su quelle più attenuate e soffuse dell'autunno.
In autunno, tutto è possibile, molto più che in estate, dove la trasgressione (assai più presunta che reale) è uno stanco "gioco di ruolo" per sessuofobe in pausa stagionale. In autunno, le scelte - sentimentali, sessuali, o quali che possano essere - sono più nette, in quanto più responsabili. Non ci sono licenze o attenuanti o conformismi. C'è un piacere netto, consapevole e condiviso che attende chi abbia voglia e anche coraggio di coglierlo.
L'autunno è una stagione di libertà consapevole, da decisori veri, dopo le "libertà" compartimentate e conformistiche dell'estate per piccole (o grandi) borghesi con licenza di "trasgredire". In autunno ci si può annoiare, ovviamente, ma non capita quasi mai di incontrare chi lo fa per noia, pratica riservata in genere all'estate, la stagione in cui quelli che le perbeniste intendono come "peccati" (ah, i disastri del cristianesimo e della sua sessuofobia...!) si "consumano" in un guazzabuglio di bugie e di strategie di piccolissimo cabotaggio, tutte solidamente rette da varie forme di interesse.
L'autunno è la stagione delle donne libere e delle multiformi gioie che esse portano (o possono portare...) con sé.
Piero Visani
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