giovedì 22 febbraio 2018

Da "Platti"

     Si affollavano nella mente di Fabrizio i commenti sul lungo viaggio di cui lui sarebbe stato protagonista. Li ascoltava con amara rassegnazione, ma sapeva che non c'era alcunché di vero. Se viaggio c'era stato, si era svolto esclusivamente nella sua mente, non certo lungo chissà quali itinerari esterni.
       Stava percorrendo Corso Vittorio Emanuele II, a Torino, in una parte dove lo squallore di una città decaduta e impoverita prendeva alla gola, dove si potevano immaginare solo fasti divenuti con il tempo altamente nefasti. 
       All'angolo con corso Re Umberto, le luccicanti e volutamente datate vetrine del "Caffè Platti" gli diedero come una boccata d'ossigeno, la visione di un locale storico che aveva accompagnato la sua vita fin dai tempi del liceo "d'Azeglio".
       Decise di entrare e di sedersi nella saletta riservata ai tavolini. Come sempre, si mise in una posizione di controllo tattico, dunque tale da poter verificare gli ingressi e le uscite degli avventori. Fu in quel momento che si accorse di non aver visto una persona, seduta proprio nel tavolino a fianco al suo. Una donna avvenente, sulla cinquantina, con pettinatura stile anni Venti e una giacca bordeaux di stile severo, probabilmente una Brooks Brothers. Molto magra e curata, come tipico di un soggetto upper class.
       Si conoscevano da una vita, si frequentavano da una vita, avevano vissuto una vita insieme, ma alcuni assidui frequentatori di portinerie sostenevano che si fossero persi di vista, immersi com'erano nel loro "sottoscala di realtà" (la denominazione che assume il termine psicologico "piano di realtà" quando riferito ai frequentatori di portinerie esistenziali).
       Lei gli sorrise, altera come sempre ma in fondo pure complice. Forse si attendeva quell'incontro, forse lo attendeva da tempo, forse in qualche modo lo aveva pure favorito, ma ora giocava le sue carte con la classe innata che le era propria, con la nobiltà d'animo che era propria (e non sempre accade...) del suo reale status nobiliare.
       Fabrizio sospirò di sollievo: il "piano di realtà" è sempre mille miglia lontano dal "sottoscala di realtà"... Non furono necessarie parole. Bastò uno sguardo d'intesa. Se ne erano dati tanti, in privato, che uno in più, questa volta in pubblico, poteva aggiungere un piccolo tocco di malizia a una situazione già di per sé molto gradevole.
       Fabrizio si sporse verso il tavolo di lei, come per salutarla. Lei non parlò, limitandosi a un cenno del capo, ma sporse verso di lui la pagina aperta di una rivista che teneva a fianco alla sua tazzina da the. Fabrizio guardò e in un attimo comprese il favoloso messaggio sub-liminale che gli veniva lanciato. Come aveva potuto dimenticarsene, o forse si era fatto travolgere dalla forza dell'abitudine? Ma da quella pagina, così maliziosamente eloquente, promanava il senso di una vita insieme. Sorrise vagamente complice, e si sedette al tavolo di lei. Lo conosceva bene, vi aveva giocato la partita di una vita insieme.

                        Piero Visani





       

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