lunedì 13 marzo 2017

Legittima...demenza


       Ho passato una vita di lavoro a prendermi lo scherno, se solo le discussioni si facevano un po' pesanti, di coloro che mi dicevano: "ma Lei, che discetta di storia militare e strategia, è mai stato in guerra?". Ed io, che non vi sono stato (del che mi dolgo, perché sarei sicuramente morto e mi sarei risparmiato di soffrire per niente in questa vita di purissimo guano, grazie al contributo di una ricca congrega di bastardi), dovevo ammettere che no, non vi ero stato. Lo sguardo di compatimento del mio contestatore mi dimostrava quello che valevo per lui (e forse anche per me...).
       Ecco, quando sento politici e giuristi discettare di queste problematiche, specialmente in forma assolutoria nei confronti dei delinquenti (ma quella è solidarietà di categoria, ritengo...), mi verrebbe voglia di avanzare le medesime contestazioni e di immaginare una scena in cui un illustre giurista, sorpreso in casa di notte da una banda di ladri o rapinatori, si sveglia e, non potendo afferrare altro, li mette in fuga a colpi ben mirati di codici e pandette, riuscendo per di più ad evitare accuse per eccesso di legittima difesa.
       Questo è notoriamente un Paese di supercialtroni, però parlare di ciò che si ignora è sempre un po' grave. Se solo si leggessero opere magistrali come "On Combat" e "On Killing" di Dave Grossman, tradotte in italiano per i tipi delle Edizioni Libreria Militare di Milano, si resterebbe sempre nel teorico, ma si capirebbe che i fattori nervosi, psicologici ed emotivi coinvolti in uno scontro a fuoco sono tantissimi e stanno dovunque meno che negli atti e nei cervelli (se sussistono) di politici e giuristi. Solo chi è o è stato in situazioni analoghe ha esperienze reali da trasmettere.

                       Piero Visani