In questi pomeriggi di pieno agosto - che per me sono votati al lavoro, ma per molti altri no - è bello approfittare del rallentamento dei ritmi per fare bilanci e per farli crudi, severi, per nulla autoassolutori.
Il silenzio diventa così un formidabile viatico di verità e, tanto più le analisi sono severe, quanto più si trova conforto nell'uscirne positivamente, senza farsi sconti, senza indulgere a personali piaggerie, senza trattarsi troppo bene.
Per un egosintonico come me, i bilanci sono in genere un esercizio relativamente agevole, imputabile naturalmente al fatto che tutte le decisioni che prendo mi vedono immune da contraddizioni e sempre perfettamente in sintonia con me medesimo. Tuttavia, anche quando vengo assalito da qualche dubbio, faccio relativamente in fretta a farmelo passare. Questo accade perché, riflettendo molto su tutto, non prendo mai decisioni affrettate, ma solo molto ponderate, anche se la mia personale forma di ponderazione può apparire tutto meno che ponderata - e anzi arrischiatissima - ad eventuali osservatori esterni, specie ai più superficiali.
Mi piace vivere, non avere rimpianti, non avere mezze misure, non dipendere da concessioni di residualità altrui. Mi piace fare di testa mia, affermare il mio Io, ricercare ciò che mi è più gradito.
Man mano che la società in cui viviamo vira in direzione totalitaria e plebiscitaria, il mio desiderio di individualità si afferma ed ora è già ben oltre l'anarchismo, è pura ribellione, non timorosa neppure di diventare mero ribellismo. Non voglio più costruire niente, voglio distruggere tutto ciò che ho conosciuto come noto. Sono felicemente proiettato verso l'iconoclastia. Magari mi dannerò, ma l'avrò fatto per rispetto, anzi direi per amore, di me stesso. Così volevo vivere, così ho vissuto.
Piero Visani
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