giovedì 21 agosto 2014

Guerra urbana, periferie, underdog


       Non possiamo sapere se il concetto di "Garrison State", elaborato da Harold D. Lasswell nel lontano 1941, fosse un'intuizione profetica, ma certo il mondo, nelle sue aree più avanzate, sta diventando una gigantesca metropoli e tale si avvia a diventare ulteriormente in futuro: una élite politico-economica ristretta e ricchissima; un solido nucleo di forze di sicurezza (militari, paramilitari e poliziesche) dedito al "nobile" compito di proteggerla, e una massa sempre più enorme di underdog, non più solo lumpenproletari e proletari, ma anche borghesi, chiamati ad obbedire, a tacere o semplicemente a cantare le lodi del nuovo Grande Fratello plebiscitar-totalitario. "Il migliore dei mondi possibili", per (auto)definizione...
       Su questo sfondo per nulla incoraggiante, una speranza per gli underdog - tra i quali mi annovero appieno - c'è ed è quella di poter sfruttare le infinite sfaccettature del conflitto urbano, di modo da spingere le periferie impoverite, esasperate e senza futuro se non la schiavitù più totale, verso le varie "downtown" del mondo dell'élite economico-politica. Non credo che sia un conflitto che abbia grandi speranze, per gli underdog, ma è una questione di principio e al tempo stesso un imperativo categorico. Come si fa a sottrarsi ad entrambi? E così studio, studio. La parte teorica non è meno importante di quella pratica. Alla mia età, la parte pratica non è più richiesta. Per quella teorica, credo di poter dare ancora un discreto contributo.
       Mi avevano offerto un posto in cinquantesima fila per fare il "cane da guardia", e pure a bassa remunerazione. Trovo più divertente un posto da outsider, ma qualche fila più avanti e in totale autonomia, senza dover obbedire ad alcuno.
       E' quasi sempre quando le offerte sono insoddisfacenti che si cambia condizione di lavoro. Nel mondo del mercato, occorre autovalorizzarsi come merce...

                               Piero Visani

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