martedì 9 gennaio 2018

La tavolozza

       C'era furore, autentico furore nello sguardo di quella giovane donna, studentessa universitaria dall'aria ancora da giovanissima liceale. Furore per un torto che le era stato fatto in famiglia e che lei reputava intollerabile. Senza particolare talento, ma con grande passione, ella si dedicava alla pittura, pittura ad olio, e usava una tavolozza sempre piena di colori, perché la tecnica che le era cara prevedeva un impiego quasi smodato del colore.
       Un giorno, tornata a casa dalle lezioni universitarie, cercò invano la sua amata tavolozza e scoprì - con assoluta costernazione - che la stessa, insieme alla valigetta dei colori, aveva fatto una bruttissima fine. I genitori, irritati per quell'hobby che a loro dire la distraeva dagli studi, le avevano buttato via tutto, con un gesto decisamente inaudito, nonché carico di un'ostilità che a lei era ben nota, ma della quale non amava parlare con alcuno, probabilmente per pudore.
       Mi parlò della cosa nei primissimi tempi della nostra relazione e ciò che mi colpì nel profondo fu il susseguirsi e al tempo stesso l'alternarsi di sensazioni nel suo animo: dalla collera allo scoramento, dall'ira funesta a una sensazione di sgomento per essere immersa in una realtà che a lei (e non solo a lei, invero...) a volte appariva del tutto priva di connotazioni innegabilmente ascrivibili ad un universo familiare.
       Rimasi stupito e al tempo stesso rattristato da tali sensazioni. Il mio ambiente familiare era profondamente diverso, ma non intendevo fare comparazioni. Quello che mi colpì, semmai, fu come alla collera facesse seguito una tristezza profonda, una sorta di distacco dal mondo. Non una vera e propria richiesta di aiuto, ma un autentico interrogarsi sulle proprie radici e sulle norme che regolavano la vita di quell'albero chiamato famiglia.
       Fui invaso da un sentimento di trasporto, per lei. Sapevo di poterla aiutare, volevo farlo, e lo feci. Nel centro di Torino esisteva all'epoca - primi anni Settanta - un negozio specializzato in tutto ciò che poteva servire ai pittori ed aspiranti tali. Mi ci recai, fermamente deciso a comprarle una tavolozza e una valigetta di colori nuova. La mia scarsissima dimestichezza con le arti figurative non mi fece presupporre che quegli strumenti potessero costare cari, anche molto cari, ma all'epoca la società italiana era abbastanza diversa dall'attuale e il costo economico della classe politica, dello Stato e della burocrazia era infinitamente inferiore a quello attuale, tant'è vero che la mia vita - tutt'altro che priva di problematiche politiche - era invece del tutto priva di problematiche economiche, soprattutto grazie alla straordinaria generosità di mio padre nei miei riguardi.
       Così comprai a quella dolce e atipica studentessa una valigetta ricca di tantissimi colori e una tavolozza forse ancora più lussuosa, e gliene feci dono, la prima volta che uscimmo insieme. Ricordo ancora il suo sorriso e i baci che mi diede. Capii che non ci vuole davvero molto per fare felici le persone, se solo le si asseconda e si è loro vicini, e capii che tutte le forme di repressione, di autoritarismo e di disciplina ex cathedra Petri sono solo generatrici di profonda infelicità. Ero già un animo profondamente ribelle, ma la gioia che produssi nell'animo di quella giovane studentessa fu per me un grande ammaestramento di vita. Da allora - benché considerato anaffettivo, algido, distante, distaccato e altezzoso - mi sono sempre e solo ispirato a quel principio: difendere le persone a me care dai "gelidi mostri" che le circondano, che ci circondano con la loro abominevole brama di decidere delle e sulle "vite degli altri" in base a principi e morali costruiti solo a loro uso e consumo; o, per rimanere nella nota metafora nietzscheana, difenderle dal "gelido Mostro", dal mostro che odio più di tutti... Ne sono uscito perdente, ma almeno posso dire che ho combattuto, che ci ho provato a contrastarlo. Lo farò anche nella mia prossima vita, se mai dovessi averne una.

                       Piero Visani






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