mercoledì 30 maggio 2018

La data fissa

      Ci rincorre da 75 anni. E' l'unica data cui questo Paese presta ossequio a scadenze ricorrenti. E' l'8 settembre 1943, la data dello squagliamento di sistema, della "fuga all'inglese" (ma con la complicità dei tedeschi, tanto per tenere come sempre i piedi in due scarpe...) dei capi e di quella all'italiana dei sottoposti. Del sacrificio - per onore o per obbedienza agli ordini - di quelli che avevano un'etica (qualità non diffusissima qui da noi) e della tenuta di quei pochissimi che sapevano cosa fare, per senso del decoro e/o della dignità militare.
      Vedo che siamo sempre lì. Mi chiedo - ed è la domanda che mi diverte di più - quanti saranno quelli che faranno la scelta "repubblicana", che a questo punto, senza che alcuno si offenda, potrebbe pure essere definita "repubblichina", visto che ogni regime, alla fine, si squaglia...

                         Piero Visani



martedì 29 maggio 2018

Il "naufragio" del governo M5S-Lega

       Leggo su "autorevoli" quotidiani nazionali la frase: "dopo il naufragio del governo 5 Stelle-Lega". Valutazione invero singolare. Mai saputo che, se il capitano di una nave - per quanto si tratti di una carretta del mare ormai sfinita e asfittica - apre la stiva e fa entrare l'acqua, il suo gesto, per quanto di marineria io ne sappia poco,  possa essere definito un semplice naufragio e non un sabotaggio. E devo dire che, in un Paese che nella sua Marina ha annoverato ammiragli come Persano e Maugeri, e comandanti come Schettino, la cosa non mi parrebbe neppure così strana...

               Piero Visani



lunedì 28 maggio 2018

L'abiura

       "Professor Visani, allora è pronto a sottoscrivere l'abiura che le avevamo molto democraticamente richiesto?".
       "No, mi spiace, eccellentissimo signor Procuratore/Inquisitore. Il vostro sistema mi fa francamente orrore, per non dire schifo. La storia umana è stata piena di totalitarismi, ma praticamente tutti ammettevano di esserlo, per il bene del popolo, ovviamente. Solo uno continua a negare di esserlo e a farmi/farci la morale, ed è per quello che mi fa molto più ribrezzo degli altri".
       "Mi dispiace per questa sua insistenza a negare il fatto che il nostro è il migliore dei sistemi possibili. La condanno all'inesistenza. Dopo tutto, se riuscirà a sopravvivere, sarà più libero..."
          "Ha ragione: è per quello che molti nostri giovani, con qualifiche superiori a quelle di molti ministri del vostro regime, vanno a fare gli sguatteri all'estero. Almeno non si sentono presi per le terga da mane a sera. Non esistono, ergo hanno raggiunto la libertà assoluta..."

                             Piero Visani

                                  

I "grandi elettori"

       I "mercati" - questi esseri oscuri di cui nessuno sa nulla ma che in democrazia sono così importanti, per non dire fondamentali, per rovesciare gli orientamenti degli elettori e piegarli ai propri voleri - stanno "votando" in favore di Cottarelli. La patria è salva, la "democrazia" un po' meno, ma non si può avere tutto nella vita, specie se non si è infine disposti a riconoscere la fondamentale funzione degli oligarchi.
       Il liberalismo economicista mostra il suo vero volto: o fai quello che voglio io o taci. Puoi votare - è ovvio: siamo molto attenti alla forma, perché serve a prenderti meglio per le terga, ma la teoria dell'"un uomo, un voto" deve essere "ovviamente" compensata dal fatto che il "voto dei mercati" vale molto di più, tipo: "un mercato, dieci milioni di voti".
       E' il "migliore dei sistemi possibili", quello che assicura benessere e ricchezza. A noi, a te naturalmente niente, ma devi accettare le regole del gioco, altrimenti sei "sovranista, fascista, rossobruno, etc. etc. etc.".
       Come è umano, lei, mondo "democratico"...!

                            Piero Visani



domenica 27 maggio 2018

I miei precedenti "à la" Savona

       E' del tutto evidente che io non sono nessuno rispetto al professor Paolo Savona, dunque non vorrei fare paragoni improponibili, tuttavia - si parva licet componere magnis - ho avuto qualche precedente in termini di "reati d'opinione" anch'io, nella pur democraticissima Repubblica italiana.
       Giovane assistente incaricato di esercitazioni presso la cattedra di Storia del Risorgimento della Facoltà di Lettere dell'Università di Torino, ebbi la "cattiva" idea di prendere parte al movimento della "Nuova Destra", nato in Italia sulla scia della "Nouvelle Droite" francese di Alain de Benoist, Guillaume Faye, Michel Marmin e molti altri. Non appena la cosa si venne a sapere in Facoltà (correva la fine degli anni Settanta) mi venne fatto serenamente comprendere che era meglio che "cambiassi aria". Nulla di personale, ovviamente, ma certe opinioni erano improponibili in un ambiente serio come quello accademico...
       Incaricato di dare consigli comunicativi per l'istituzione militare italiana presso il CEMISS (Centro Militare di Studi Strategici), mi venne fatto cordialmente comprendere che, se avessi continuato nella mia linea di ostilità alla tesi dei "soldati di pace" (per me ridicolo ossimoro) e del "pacifismo militare", ci sarebbero stati problemi a continuare la collaborazione con me. Con molta delicatezza, peraltro, mi venne tolto un contratto alla volta, così potei prendere le mie precauzioni per tempo. Nulla di personale anche qui, ma "reati d'opinione" molto gravi, nel senso che non ero in linea con l'ideologia dominante...
       Non avevo 82 anni, ma solo poco più di 50, ma non mi passò nemmeno lontanamente per la mente di barattare una o più consulenze per un ossequio all'ideologia dominante. E me ne andai per la mia strada. Sapevo già, perché lo avevo appreso a mia spese, quanto fosse tollerante la democrazia italiana, per cui non mi sono più sorpreso di niente e tanto meno me ne sorprendo oggi. E non credo neppure che, per quanto mi riguarda, ci siano state interferenze straniere. Ero un pesce troppo piccolo. Ma i "democrats" nazionali furono lieti di togliermi l'acqua... E' la loro idea  di pluralismo.

                             Piero Visani

sabato 26 maggio 2018

"Il migliore dei mondi possibile"

       Mentre i nostri figli, pur molto qualificati, lavorano per quattro euro l'ora (perché ci vuole flessibilità, se si desidera essere moderni...), la stampa quotidiana e quella periodica ci raccontano del cursus studiorum dei "figli di..." (completare i puntini a scelta...): università prestigiose in giro per il mondo, dove gli studi costano vagonate di soldi; corsi di specializzazione e master di avviamento al lavoro, non propriamente come fattorini o sguatteri; elogi della globalizzazione; viaggi fatti in business class su aerei di linea, non propriamente su tradotte da pendolari. E' l'eguaglianza, ragazzi!
       Sì, per loro è davvero il "migliore dei mondi possibile" ed è talmente "democratico" che non può neppure dire che a te fa schifo, perché sarebbe "invidia sociale". Sei tu che non sei riuscito a "riciclarti", forse perché non avevi "le conoscenze giuste", anzi "la rete relazionale adeguata" o perché - cretino e idealista come eri e sei - avevi scelto di fare "l'esule in patria" (non che ti ci avessero obbligato; no, non sia mai, l'avevi scelto tu...).
      Sono avanti con gli anni, per mia fortuna, ma essere in esilio in certe patrie e rispetto a certe classi dirigenti, è pura estetica esistenziale. Non etica - credetemi - estetica. E senso della Storia: perché dopo l'Ancien Régime, quale che esso possa essere, viene sempre la Rivoluzione e occorre preparare le persone, quale che sia la loro età, a ricordarsi che "non sarà un pranzo di gala". Hoc est in votis.

                    Piero Visani

Diktat

       Chissà cosa avranno pensato Angela e il noto etilista lussemburghese quando si sono sentiti dire, da un soggetto notoriamente malleabile, "non accetto diktat"...
       L'interesse nazionale è salvo.

                         Piero Visani



venerdì 25 maggio 2018

"Near-fascists" e "Near-democrats"

       Nel 1994, in occasione del primo governo Berlusconi, la stampa anglosassone coniò, per Alleanza Nazionale, la definizione di partito "near-fascist", cioè "quasi fascista, vicino al fascismo". Credo che oggi, per illustrare le politiche e i partiti che sostengono l'Eurolager, non sarebbe male coniare la definizione di "near-democrats", cioè di "quasi democratici", vicini alla democrazia (specialmente se fai tutto quello che vogliono loro, e ti adegui in fretta e bene) ma non propriamente democratici, perché - se non ti adegui - si abbatte su di te la mannaia del "sovranismo", "populismo" e - naturalmente - del "neofascismo", la salsa in cui una pseudodemocrazia totalmente fallimentare affonda tutte le sue nefandezze, di ieri, di oggi, di sempre.
       Mi sembra una bella definizione "near-democrats". Quella che costoro meriterebbero davvero è "totalitari tout court", ma vogliamo essere buoni, per ora.

                                 Piero Visani




giovedì 24 maggio 2018

Piero Visani, "Storia della guerra dall'Antichità al Novecento" - Recensione 3

       Non è facile trovare un libro che parli di un argomento all’apparenza ostico e sgradevole come la storia della guerra che si rivela invece piacevolissimo, simpatico, assai godibile nella lettura.
       Lo ha scritto un personaggio poliedrico, storico, scrittore, pubblicista, conferenziere, dotato di una profonda conoscenza militare, Piero Visani. L’autore, ghost writer fra l’altro degli interventi del Presidente Cossiga, ha insegnato al Centro Alti Studi della Difesa e ha pubblicato già altri libri di carattere militare. In questo, pubblicato recentemente da Oaks Editrice (Milano), prende in esame i conflitti e le maniere di combattere sviluppatesi nel corso dei secoli. Il titolo “Storia della Guerra dall’Antichità al Novecento” non tragga in inganno. L’articolazione si svolge in ventisette brevi capitoli, ognuno dei quali tratta un periodo storico diverso (il periodo greco, il mondo romano, l’impero bizantino …) o un argomento specifico (i condottieri, la rivoluzione francese, le guerre coloniali, la guerra navale …).
       E’ quindi una storia divulgativa, scritta in maniera piana ma precisa, con numerosissimi e dotti riferimenti bibliografici per coloro che hanno piacere di approfondire determinati settori.
       Come linea conduttrice viene evidenziata l’immanenza della guerra come fenomeno legato alla natura umana e la considerazione che né religione né filosofia né sistemi politici siano mai riusciti ad evitarla. E’ interessante prendere atto di come i progressi sociali, politici, industriali, etici abbiano variato strategie e modalità di condotta della guerra e delle operazioni.
       E’ quindi un libro agile, colto ma non pedante, istruttivo e pieno di stimoli interessanti. E’ una lettura piacevole per chi vuole mantenersi aggiornato sulla storia ed anche un regalo ideale per giovani universitari che vogliano approfondire la loro conoscenza storica ed avere alla mente il cammino che questa nostra povera umanità ha compiuto negli ultimi millenni.

                                      Giorgio Blais




La migliore della giornata (di oggi)

       Editoriale di Marcello Sorgi su "La Stampa" di oggi. Suggerimento al premier incaricato Giuseppe Conte: dare prova di "consapevolezza che il nuovo mestiere che si è scelto è fondato su una regola non scritta: governare è fare quel che si deve, e non ciò che si vuole".
       Commento mio: è per quello che votiamo liberamente in democrazia: per far quel che si deve, e non ciò che si vuole.
       Domanda ingenua: E chi stabilisce ciò che si deve? I "custodi", i mercati, l'Eurolager. Trasuda di immensa "libertà" questa simpatica visione. Genere, "siete arrivati al governo sulla base di un preciso programma e di maggioritario suffragio popolare al medesimo. Ora dovete fare 'ciò che si deve'".
       Domanda scema: ma se "ciò che si deve" si sapeva già prima, per quale ragione si è consentito che talune forze politiche presentassero un programma basato (solo in parte, non illudiamoci) sul "ciò che si vuole" e a noi poveri schiavi fosse permesso di votarlo nelle solite elezioni farsa? Per essere poi costretti a "fare ciò che si deve"?
      Domanda un po' più seria: in che cosa la democrazia "guidata", anticamera di quella totalitaria, differisce da una dittatura?

                          Piero Visani



La migliore della giornata (di ieri)

       "Abbia a cuore i risparmi delle persone". Come nei casi MPS, Banca Etruria e Banche venete?
       Eccellente "sense of humour"...

                          Piero Visani




         

             

mercoledì 23 maggio 2018

La componente fiscale della "guerra ibrida"

       A pochi minuti dalla convocazione del professor Conte al Quirinale, si evidenzia con forza come la componente fiscale - in una dittatura fiscale come quella italica - possa costituire un fondamentale strumento di "guerra ibrida". Non solo si è costretti a pagare le cervellotiche imposizioni di un sistema che obnubila le pratiche liberticide della DDR ma, nel caso, si può sempre tirare fuori qualche scheletro dall'armadio (magari accuratamente preparato e coltivato da "chi di dovere"). Così, per ricordarvi che è "il migliore dei sistemi possibili"... Ed è vero, per chi lo gestisce è il più "dolce" dei totalitarismi. Per chi lo subisce è - per ora, perché poi peggiorerà parecchio - pura sodomia da espropriazione.

                                               Piero Visani




venerdì 18 maggio 2018

"Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini"...

       Sento parlare e scrivere, ad ogni piè sospinto, di "nuovi barbari" in rapporto all'alleanza giallo-verde, sulla quale ovviamente ogni riserva è possibile, a condizione che sia accompagnata da un'attenta analisi delle gigantesche nefandezze prodotte dai "vecchi barbari" del regime attuale, in relazione alle quali rilevo solo silenzio ed elencazione di virtù e meriti che il sottoscritto, forse perché "non vedente", MAI è riuscito a riscontrare. Così mi è venuta in mente una celebre frase del passato, che bene illustra gli strabismi e le alquanto sospette miopie dei leccaterga di tutti i tempi.

                       Piero Visani


giovedì 17 maggio 2018

I "soloni" della "responsabilità"

       In questo Paese, esiste una categoria di soggetti, insediati in tutti gli strati sociali, che devono avere passato gli ultimi decenni all'estero, ma che fingono invece di essere stati in Italia e, nel guardarsi intorno con estrema degnazione, partono nell'elogio della "responsabilità". Non so dove l'abbiano vista, questa benedetta "responsabilità", ma devono essere soggetti o molto ricchi o molto stupidi (o entrambe le cose).
       Personalmente, tale degnazione mi urta e - siccome fin da bambino sono stato arruolato nella categoria degli "irresponsabili", semplicemente perché facevo tutto di testa mia - vorrei portare un piccolo ma sommesso esempio di tale fantastica "responsabilità" che viene esibita in questo posto chiamato, non si sa perché, Paese: è l'esempio odierno di un piccolo imprenditore monzese, una trentina di dipendenti, operante nel settore della raccolta rifiuti e costretto a fallire perchè né lo Stato né gli enti locali si sono mai "ricordati" di pagarlo e pagarlo per tempo. Questo signore ha cumulato quattro milioni di debiti e ha dovuto fallire, mandando sul lastrico una trentina di famiglie, oltre alla sua, e oggi lo Stato intende pignorargli pure la casa. Assolutamente permissivo con se stesso ("pago quando mi pare, e non mi tediare con le tue richieste..."), lo Stato italiano diventa inflessibile quando occorre applicare la legge (legge...?) a chi è momentaneamente in condizioni di insolvibilità, ma vanterebbe milioni di euro di crediti nei confronti dello Stato stesso.
       Mi pare un fantastico esempio di comportamento "responsabile" e a queste cose penso ogni volta che qualche teschio di cazzo (è una volgarità, mi scuso, ma è necessaria per chiarire bene il concetto) mi parla di "responsabilità". Qui c'è solo la responsabilità dei sudditi in procinto di diventare servi. Per i padroni, nulla di tutto questo: per loro, scatta solo il determinismo leguleio a carico di quelli che non possono difendersi.
       Avendo compreso che cosa sia la "responsabilità", in questa infelice espressione geografica, sono lieto di essere definito, fin da bambino, un "irresponsabile". Per me, confrontandomi ogni giorno con i "responsabili", i loro apologeti e i loro leccaterga, questo è il più splendido dei titoli d'onore.

                      Piero Visani




       

mercoledì 16 maggio 2018

I dati certi

       Nel mentre continuano le trattative per la formazione di un nuovo governo, che potrebbe avere come interpreti delle forze politiche che il sistema mediatico dipinge come "irresponsabili", mese dopo mese si accumulano i dati relativi ai "magnifici" risultati colti dalle forze politiche "responsabili" nei loro decenni di permanenza al potere, e il debito pubblico continua inesorabilmente a lievitare.
       In un Paese normale, qualche coraggioso farebbe notare che, mentre gli "irresponsabili" si danno da fare per andare al governo, i "responsabili" che lo hanno gestito tanto a lungo hanno prodotto un disastro che continua mese dopo mese ad ampliarsi e qualcuno, ancora un po' più coraggioso, si interrogherebbe sull'opportunità di continuare in un accanimento terapeutico a carico di un paziente che, in realtà, è già morto. Tuttavia, la verità è sempre rivoluzionaria, ergo meglio astenersi dal proferirla, anche se è tanto semplice e chiara, e ci dice che si può benissimo morire anche di "virtù", specie se è applicata a vantaggio di una ristretta casta di oligarchi e cleptocrati, e scaricata allegramente sulle spalle di un intero Paese. E' la democrazia, bellezza: vivono (grassamente) e ti lasciano morire! Quanto ai debiti, quelli li hanno fatti i Cinque Stelle, quegli "irresponsabili"...

                                               Piero Visani




sabato 12 maggio 2018

Le "grandi democrazie"

       Come capita in tutte le "grandi democrazie", dopo che il "ludo cartaceo" ha assolto le sue valenze di finzione, si passa all'esercizio della funzione, che consiste nel fare sì che l'opinione degli elettori venga progressivamente allineata su quella dei suoi "autorevoli tutori", i quali faranno in modo che il risultato finale sia esattamente contrario a quella che era l'orientamento iniziale dell'elettorato.
      Come dire: come ottenere una maggioranza di tipo bulgaro negando in tutti i modi di essere in Bulgaria. Domanda: come essere in Corea del Nord potrebbe andare? Sarebbe sufficientemente democratico...?

                           Piero Visani



      

giovedì 10 maggio 2018

Il (vero) valore della solidarietà

       Lo ha spiegato stamane il capo dello Stato a Fiesole, in un intervento contro il sovranismo e in favore della riscoperta del "valore della solidarietà" che è da sottolineare per il profondo spirito di neutralità e super partes che lo ha animato...
       In effetti, ad un certo punto della mia vita - come milioni di cittadini (sudditi) europei - mi sono ritrovato arruolato nell'"esercito della solidarietà". Arruolato con coscrizione obbligatoria - si badi bene - non come volontario. Così ho dovuto cominciare a contribuire con i miei soldi, il mio patrimonio e il mio lavoro alla costruzione del grande feticcio della solidarietà: lo Stato oppure l'Eurolager oppure i rappresentanti di entrambi avevano bisogno di denaro per giochetti sporchissimi mascherati dietro a "nobili" dichiarazioni di elevato contenuto etico? Ecco che venivo reclutato per finanziarle. A me non rimaneva niente, altri si facevano ville da 24 milioni di euro sul Lago Maggiore, altri ancora inalberavano borse Louis Vuitton da 5.000 euro l'una, altri ancora percepivano vitalizi faraonici, spesso e volentieri esentasse.
        E' esattamente così che - insieme a milioni di europei - sono diventato sovranista. Perché i vecchi Stati sovrani, pur onusti di nefandezze, evitavano di prendermi per le terga con le "nobili" tirate sulla bontà della solidarietà. Non ho nulla contro tali "tirate", se qualcuno le ama. Chiedo solo che gentilmente costui precisi: "dovete essere solidali con noi perché abbiamo bisogno di voi, in quanto senza i vostri soldi, le vostre case, i vostri lavori, le vostre vite e quelle dei vostri figli, le vostre speranze e il vostro futuro, noi non avremmo un PRESENTE lussuoso e un FUTURO gradevolissimo.
        Quando la si racconta agli stolti, la favola della "solidarietà" andrebbe raccontata per intero. Di tutti costoro che ne straparlano, io non ne ho mai incontrato alcuno, TANTO MENO NELLE NON RARE VOLTE IN CUI ANCH'IO DI SOLIDARIETA' AVREI AVUTO BISOGNO. A ME, E A MILIONI DI ALTRI COME ME, SOLO CONTINUE RICHIESTE DI SOLDI. CHIAMIAMOLA INFINE PER NOME, QUESTA FALSISSIMA "SOLIDARIETA'": E' UNA SEMPLICE RICERCA DI FARSI MANTENERE A SPESE NOSTRE. BELLO, NO?

                              Piero Visani



mercoledì 9 maggio 2018

Sul nucleare iraniano - Una riflessione

       La decisione del presidente statunitense Donald Trump di ritirare il suo Paese dall'accordo internazionale sul nucleare iraniano, oltre che voluta e per così dire anticipata da Israele, ha alcune motivazioni di carattere militare che sarebbe opportuno non trascurare, la prima e più importante delle quali è che lo Stato ebraico è ben consapevole che, dopo il conflitto con gli Hezbollah dell'estate 2006 nel Libano meridionale, conclusosi in un notevole scacco per lo Tsahal, l'esercito di Gerusalemme, è necessario aumentare e non abbassare i livelli di conflittualità, rendendo più facilmente valicabile la soglia nucleare, magari con il ricorso a ordigni miniaturizzati di provenienza USA.
       Dopo il recentissimo successo degli Hezbollah nelle elezioni politiche libanesi, il confine settentrionale di Israele è diventato più vulnerabile e la dirigenza politica dello Stato ebraico sa bene che, nell'ambito di un semplice scontro di carattere convenzionale, i combattenti sciiti sono un osso molto duro, durissimo. Il confine meridionale del Libano è infatti un dedalo di fortificazioni, di cunicoli e gallerie sotterranee, di direttrici d'avanzata canalizzate e potentemente difese, dove lo Tsahal attuale ha già trovato pane per i suoi denti nell'estate di dodici anni fa e ancora di più ne troverebbe oggi, non potendosi permettere - per di più - un tradizionale scontro di fanteria all'ultimo sangue, che gli imporrebbe un tasso di perdite umane che lo Stato ebraico, in perenne crisi demografica quanto meno rispetto ai suoi vicini, davvero non potrebbe sopportare.
      Da ciò l'evidente necessità di modificare il livello di un potenziale scontro, di scongiurare l'eventualità di un confronto meramente convenzionale e di spostare tutto a un livello superiore, dove la tecnologia e tutte le varie soluzioni operative offerte dagli ordigni militari più moderni possano consentire di spostare la lotta in ambiti diversi, lontani dal feroce scontro di fanteria di tipo classico, dove gli unici fattori certi di successo sono la motivazione dei combattenti, la loro esperienza di combattimento e la feroce determinazione di conseguire la vittoria.
       La scelta compiuta da Trump su ispirazione di Netanyahu è dunque altamente polemogena ed è palesemente intesa a non escludere uno scontro nucleare che - nelle circostanze attuali - non avrebbe ovviamente storia. Ne avrebbe invece - e molta - uno scontro militare di tipo convenzionale ed è proprio quanto Israele intende a tutti i costi evitare. Nel caso qualcuno lo avesse dimenticato, mi permetto sommessamente di ricordare che stiamo vivendo una chiara fase di anteguerra.

                            Piero Visani




martedì 8 maggio 2018

Neutralità

       Da Il Dizionario del perfetto democratico, Edizioni Fatelafame, Bruxelles-Berlino 2018, 200 pp. (prezzo ancora da stabilire, ma state tranquilli, lo pagherete tutto voi, e solo voi...).
      "Neutrale", ad vocem: "Dicesi neutrale il governo - non eletto e non nominato dal popolo - che fa ciò che dicono l'Unione Europea, la Germania e i mercati. Perché la libertà di scegliere ciò che vogliono i vostri padroni, cari 'elettori', è l'essenza della democrazia guidata, quella teorizzata in passato da un noto libertario come il dittatore indonesiano Sukarno".
       Chiaro, no?

                    Piero Visani




venerdì 4 maggio 2018

Intervista a Piero Visani, autore di "Storia della guerra dall'Antichità al Novecento", Oaks Editrice, Milano 2018

È possibile scrivere una storia della guerra dall’antichità a oggi che sia sintetica e al tempo stesso stimolante per il lettore, inducendolo ad approfondire il tema  mediante il continuo riferimento a una vasta bibliografia, che però non interferisca in alcun modo con la scorrevolezza del testo?  È quanto ha fatto Piero Visani,  con il suo recente libro dedicato alla Storia della guerra dall’antichità al Novecento  (Oaks Editrice,  pagg. 195, euro 18).

Visani, storico e pubblicista, consulente del Ministero della Difesa dal 1988 al 2006 e del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica dal 1990 al 1992,  conferma il suo anticonformismo, che gli viene anche  dalla giovanile partecipazione alla “Nuova Destra”,  nulla concedendo alla vulgata corrente sulla guerra, uno dei tabù contemporanei. Lo abbiamo intervistato per cogliere il senso della sua ricerca.

Perché un libro sulla guerra ?

“L’intento di fondo è quello di non imbarcarsi nell’ennesimo esercizio di demonizzazione del conflitto, ma di avviare sommessamente un tentativo di capire la natura del fenomeno bellico, le sue molteplici identità, le vie – più o meno misteriose – attraverso le quali il genere umano, pur conoscendone il costo e gli orrori, sia comunque riuscito a sviluppare – per dirla con James Hilman – ‘un terribile amore per la guerra’. Non c’è e non ci vuole essere compiacimento in tutto questo, ma soltanto una ricerca di verità”.

Il libro ha una “gestazione” tutta particolare …

“Avevo iniziato a scrivere una “Storia della guerra” per il quotidiano “Linea”. Non l’avevo potuta completare a seguito della cessazione delle pubblicazioni di quella testata, ma l’idea mi era piaciuta per cui, l’estate scorsa, ho proposto il progetto a Luca Gallesi, di Oaks Editrice, dopo aver completato un primo volume, che si concludeva per l’appunto subito prima dello scoppio del primo conflitto mondiale. L’idea è stata apprezzata,  perché si tratta di un volume sintetico e di agevole lettura, ma pure corredato da un’ampia bibliografia, che non disturba la lettura e può consentire – a chi lo desideri – di approfondire”.

Quello che si nota  è un chiaro taglio metapolitico dell’opera, incentrata sulla “cultura della guerra” e sul suo modificarsi nel corso dei secoli …

“Giusta osservazione: scopo del libro è mostrare che la guerra non   è un fenomeno estraneo all’animo e alla cultura umani, ma qualcosa di assolutamente consustanziale ad essi, e che la cultura dominante, sforzandosi di negarne l’esistenza, non l’ha minimamente abolita, ma l’ha trasformata in una sorta di surrogato (ad esempio un’ “operazione di polizia internazionale”) che non solo esiste ma gode di ottima salute e viene utilizzato assai spesso”.

Esiste dunque una precisa evoluzione del fenomeno bellico?

A mio avviso sì e ne ho parlato a più riprese nel libro, seguendone non solo lo sviluppo tattico e strategico, ma una vera e propria dinamica culturale che ne ha fatto un fenomeno complessivamente olistico, che da realtà in fondo circoscritta lo ha portato ad invadere spazi sempre più ampi, coinvolgendo in misura costantemente maggiore la vita delle popolazioni civili. In questo senso, se una differenza si nota tra la guerra di tipo tradizionale e il conflitto moderno, essa risiede nel fatto che quest’ultimo pare costituire una concreta rappresentazione della classica immagine clausewitziana dell’”ascesa agli estremi”, difficilmente contenibile e ancor meno agevolmente controllabile.

Qua e là, nel libro, fanno capolino alcune  personali preferenze …

“Ho sempre cercato di praticare una sorta di “turismo storico-militare”, che mi ha portato a visitare non pochi luoghi topici, da Waterloo ai campi di battaglia della Guerra Civile americana, da Marengo alle Ardenne. Questo mi ha lasciato numerosi ricordi, che ho cercato di trasporre in alcune parti del libro”.

In sintesi qual è  il presente e il futuro della guerra ?

“Premesso che tale analisi dovrebbe essere oggetto del secondo volume di questa mia Storia della guerra, che si intitolerà Storia della guerra nel XX secolo, non mi sento per nulla affine a quanti ipotizzano la scomparsa della guerra e prevedo semmai una sua moltiplicazione, sia sotto forma di guerra mediatica (ormai in pieno sviluppo tramite, ad esempio, le fake news o l’uso deliberato dei social network) sia sotto forma di “guerra per bande”, da intendersi come fenomeno nuovo, del tutto estraneo alle “forme Stato” di tipo tradizionale e riguardante aggregazioni trasversali interne ed esterne agli Stati stessi, rette da regole proprie e aventi obiettivi molto più privatistici che pubblici. Tali aggregazioni avranno protagonisti che già da qualche tempo cominciano a delinearsi (potentati finanziari, criminalità organizzata, etc.) e che non ci consentono di nutrire alcuna illusione su quanto presente e diffusa sarà la guerra nel nostro futuro, anche se magari la chiameremo con un nome diverso…”.

A cura di Mario Bozzi Sentieri

giovedì 3 maggio 2018

Recensione 2 di Piero Visani, "Storia della guerra dall'antichità al Novecento", Oaks Editrice, Milano 2018

Se il titolo dell’ultimo libro di Piero Visani “Storia della Guerra dall’Antichità al Novecento” vi spaventa un po’, non abbiate timore. L’ultima fatica del polemista torinese vi sorprenderà per la sua sintesi e per la sua scorrevolezza e leggibilità.
Il testo è uscito poco più di un mese fa per i tipi della OAKS Editrice al costo di 18,00 Euro, e non ha mancato di suscitare già alcune polemiche.

Visani, e non lo scopriamo oggi, è un profondo conoscitore della materia. Basti ricordare la sua esperienza maturata come consulente del Ministero della Difesa dal 1988 al 2006, e del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica dal 1990 al 1992.

In questo volume, e in meno di duecento pagine, l’autore ci fornisce una veduta “a volo d’uccello” di quello che la guerra ha rappresentato nel corso del tempo fino alle soglie del XX secolo. E come ci si potrebbe aspettare egli sta già lavorando a un secondo volume che si occuperà dello stesso argomento a partire dal primo conflitto mondiale fino ai giorni nostri.

Le tesi di fondo che l’autore vuole dimostrare sono sostanzialmente due. La prima è che la guerra fa parte della natura umana, e per quanto si tenda a bandirla e a demonizzarla, è da sempre, un tempo e ancora oggi, una componente fondamentale dei rapporti tra uomini e Stati.

“Occorre – dice l’autore – sottrarsi alla tentazione di considerare la guerra come un fenomeno puramente tecnico-militare. [Perché] se la guerra non esiste più (e sappiamo fin troppo bene che non è vero) il conflitto gode di ottima salute”.

In secondo luogo Visani vuole ricordarci che, per quanto si tentino di mascherare gli scontri bellici con definizioni nuove e, a volte fantasiose, come “peace keeping” oppure “operazioni di polizia internazionale”, la guerra, pur nell’evolversi degli strumenti tecnologici, nonché delle modalità di intervento, resta sostanzialmente sempre la stessa, pur nel mutamento della sua percezione da parte della gente comune, grazie al massiccio tentativo di edulcorarla dovuto ai governi e ai media.

In conclusione il libro rappresenta un efficace strumento per affrontare questo tema evitando i soliti luoghi comuni.

Per chi poi volesse approfondire l’argomento, potrà trovare in appendice un vasto assortimento di testi. Gli stessi che – è lo stesso Visani che lo afferma – egli ha non solo consultato ma anche “amato”.

Bartolo Collo
(in "Elec TO Mag", 29 aprile 2018, www.electoradio.com)