È possibile scrivere una storia della guerra dall’antichità a oggi che sia sintetica e al tempo stesso stimolante per il lettore, inducendolo ad approfondire il tema mediante il continuo riferimento a una vasta bibliografia, che però non interferisca in alcun modo con la scorrevolezza del testo? È quanto ha fatto Piero Visani, con il suo recente libro dedicato alla Storia della guerra dall’antichità al Novecento (Oaks Editrice, pagg. 195, euro 18).
Visani, storico e pubblicista, consulente del Ministero della Difesa dal 1988 al 2006 e del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica dal 1990 al 1992, conferma il suo anticonformismo, che gli viene anche dalla giovanile partecipazione alla “Nuova Destra”, nulla concedendo alla vulgata corrente sulla guerra, uno dei tabù contemporanei. Lo abbiamo intervistato per cogliere il senso della sua ricerca.
Perché un libro sulla guerra ?
“L’intento di fondo è quello di non imbarcarsi nell’ennesimo esercizio di demonizzazione del conflitto, ma di avviare sommessamente un tentativo di capire la natura del fenomeno bellico, le sue molteplici identità, le vie – più o meno misteriose – attraverso le quali il genere umano, pur conoscendone il costo e gli orrori, sia comunque riuscito a sviluppare – per dirla con James Hilman – ‘un terribile amore per la guerra’. Non c’è e non ci vuole essere compiacimento in tutto questo, ma soltanto una ricerca di verità”.
Il libro ha una “gestazione” tutta particolare …
“Avevo iniziato a scrivere una “Storia della guerra” per il quotidiano “Linea”. Non l’avevo potuta completare a seguito della cessazione delle pubblicazioni di quella testata, ma l’idea mi era piaciuta per cui, l’estate scorsa, ho proposto il progetto a Luca Gallesi, di Oaks Editrice, dopo aver completato un primo volume, che si concludeva per l’appunto subito prima dello scoppio del primo conflitto mondiale. L’idea è stata apprezzata, perché si tratta di un volume sintetico e di agevole lettura, ma pure corredato da un’ampia bibliografia, che non disturba la lettura e può consentire – a chi lo desideri – di approfondire”.
Quello che si nota è un chiaro taglio metapolitico dell’opera, incentrata sulla “cultura della guerra” e sul suo modificarsi nel corso dei secoli …
“Giusta osservazione: scopo del libro è mostrare che la guerra non è un fenomeno estraneo all’animo e alla cultura umani, ma qualcosa di assolutamente consustanziale ad essi, e che la cultura dominante, sforzandosi di negarne l’esistenza, non l’ha minimamente abolita, ma l’ha trasformata in una sorta di surrogato (ad esempio un’ “operazione di polizia internazionale”) che non solo esiste ma gode di ottima salute e viene utilizzato assai spesso”.
Esiste dunque una precisa evoluzione del fenomeno bellico?
A mio avviso sì e ne ho parlato a più riprese nel libro, seguendone non solo lo sviluppo tattico e strategico, ma una vera e propria dinamica culturale che ne ha fatto un fenomeno complessivamente olistico, che da realtà in fondo circoscritta lo ha portato ad invadere spazi sempre più ampi, coinvolgendo in misura costantemente maggiore la vita delle popolazioni civili. In questo senso, se una differenza si nota tra la guerra di tipo tradizionale e il conflitto moderno, essa risiede nel fatto che quest’ultimo pare costituire una concreta rappresentazione della classica immagine clausewitziana dell’”ascesa agli estremi”, difficilmente contenibile e ancor meno agevolmente controllabile.
Qua e là, nel libro, fanno capolino alcune personali preferenze …
“Ho sempre cercato di praticare una sorta di “turismo storico-militare”, che mi ha portato a visitare non pochi luoghi topici, da Waterloo ai campi di battaglia della Guerra Civile americana, da Marengo alle Ardenne. Questo mi ha lasciato numerosi ricordi, che ho cercato di trasporre in alcune parti del libro”.
In sintesi qual è il presente e il futuro della guerra ?
“Premesso che tale analisi dovrebbe essere oggetto del secondo volume di questa mia Storia della guerra, che si intitolerà Storia della guerra nel XX secolo, non mi sento per nulla affine a quanti ipotizzano la scomparsa della guerra e prevedo semmai una sua moltiplicazione, sia sotto forma di guerra mediatica (ormai in pieno sviluppo tramite, ad esempio, le fake news o l’uso deliberato dei social network) sia sotto forma di “guerra per bande”, da intendersi come fenomeno nuovo, del tutto estraneo alle “forme Stato” di tipo tradizionale e riguardante aggregazioni trasversali interne ed esterne agli Stati stessi, rette da regole proprie e aventi obiettivi molto più privatistici che pubblici. Tali aggregazioni avranno protagonisti che già da qualche tempo cominciano a delinearsi (potentati finanziari, criminalità organizzata, etc.) e che non ci consentono di nutrire alcuna illusione su quanto presente e diffusa sarà la guerra nel nostro futuro, anche se magari la chiameremo con un nome diverso…”.
A cura di Mario Bozzi Sentieri