Ogni anno - da tanti anni e con la puntualità di un treno delle Ferrovie Federali Elvetiche - a gennaio vengono aumentate le tariffe autostradali, in genere con la motivazione che occorre adeguare le medesime ai crescenti costi di manutenzione, etc. etc.. Così, anno dopo anno, nel bel mezzo del "silenzio dei colpevoli" (i sudditi/schiavi italici) e con la non disinteressata complicità della classe politica, le tariffe autostradali sono lievitate al punto che fare, ad esempio, una sola andata e ritorno tra Torino e Ventimiglia costa più di un abbonamento annuo alla percorrenza su tutte le autostrade svizzere.
Sono quei sacrifici "che dobbiamo fare, perché ce lo chiede l'Europa", quella mitica figura che si è sovrapposta alla classe politica nazionale nell'intento - perfettamente riuscito - di ripulirci in via definitiva le tasche.
In questi giorni, poi, sono emerse alcune altre piccole verità scomode, come ad esempio il fatto che le convenzioni tra lo Stato concedente e le società concessionarie sono state scritte in modo che tutti i vantaggi stiano dalla parte di queste ultime e che, nel caso in cui lo Stato volesse ritirarle, dovrebbe pagare fortissime penali (chissà quale eminente giurista ha scritto quelle convenzioni...).
Il numero dei ponti crollati negli ultimi anni sta aumentando, il livello delle tariffe pure e magari - a breve - salterà pure fuori un ulteriore incremento delle stesse come "fondo di solidarietà per le vittime del crollo del ponte Morandi di Genova". E tale aumento verrà pagato, con qualche mugugno, ma pagato.
Il problema, dunque, non è la privatizzazione o l'odierna richiesta di statalizzazione delle concessioni autostradali (quasi che con l'Anas fosse tutto rose e fiori...). Il problema è la persistente "coglionizzazione" di un popolo che paga sempre e comunque, pur sapendo bene di essere governato da soggetti non propriamente adamantini. Così come era accaduto per il canone Rai, surrettiziamente inserito a forza nella bolletta elettrica, senza che alcun giurista facesse sentire la propria voce per deplorare un "esproprio non proletario" come quello.
Per fortuna, a forza di pagare balzelli a organizzazioni più o meno criminali, il numero dei poveri totali - ora già salito a 5 milioni - salirà ulteriormente e il problema sarà risolto alla radice. Vivremo nel "migliore dei mondi possibile", cercando di coltivare la terrà (chi ne avrà) per concederci almeno un misero pasto al giorno.
Una "decrescita felice" divenuta totalmente infelice, per complice coglioneria di massa.
Piero Visani
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