lunedì 18 febbraio 2019

L'"odio assoluto"

       Vittima di un deplorevole tentativo di aggressione nel corso di una recentissima manifestazione dei gilet gialli, l'intellettuale francese Alain Finkelkraut ha dichiarato di essersi sentito oggetto di un "odio assoluto". Premesso che un atto del genere è del tutto privo di giustificazione, sono rimasto sorpreso dal riferimento all'"odio assoluto", perché è evidente che - pur se Finkelkraut ha sottolineato che non è la prima volta che gli accade - sorge spontaneo l'interrogativo di che cosa si aspettino le classi dirigenti europee dopo le politiche che hanno svolto in questi anni.
       E' possibile che, nel caso di Finkelkraut, la componente antisemita possa avere svolto un ruolo, anche di rilievo, ma - detto questo - rimane l'interrogativo di che cosa si possa ottenere diffondendo a piene mani disoccupazione, povertà, tasse, lavori remunerati in maniera sempre più insufficiente, e così via. Certamente, per una politica del genere, continuerà a non mancare il consenso di quanti ne sono in vario modo beneficati, ma costoro sono pochi e in continua diminuzione. Per gli altri, fin quando possibile funzioneranno gli spauracchi dell'antisemitismo e della violenza fine a se stessa,  sempre utili con la classe borghese, ma poi - e questo è l'interrogativo di fondo - quando borghesi non ce ne saranno più a seguito del completamento del deliberato processo della loro proletarizzazione e il proletariato non sarà neppure più lumpenproletariato, come già è oggi, ma una massa di disperati non in grado di unire il pranzo con la cena, e magari di doverle saltare entrambe? Ovvio che non siamo ancora a questo, ma si vedono segnali significativi di inversioni di tendenza?
       Il riferimento alla grande bontà delle brioches, tipico dei beati possidentes attuali (che continuano a cibarsene con gusto...), è destinato a funzionare sempre meno con chi non riesce neppure più a procurarsi il pane, o al massimo solo quello. Un tempo si diceva che "chi semina vento raccoglie tempesta". Il detto non vale più, oggi, o forse è più attuale che mai?

                                 Piero Visani



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