giovedì 27 settembre 2018

Democrazia con laurea

       Leggendo gli articoli del giornalismo mainstream, lo scrivente ha la vaga sensazione di essere sprofondato - per di più quasi di colpo - in un mondo di barbari e pazzi, dove si stanno diffondendo idee "radicali" che paiono essere condivise da oltre il 60 per cento degli italiani, ma che - suprema sfortuna! - non sono invece condivise dai giornalisti della maggior parte dei quotidiani d'opinione.
       A un osservatore assolutamente neutrale, privo di pregiudizi qualsivoglia, la cosa parrebbe addirittura disastrosa, in quanto controllare oltre l'80 per cento delle testate giornalistiche nazionali e avere prodotto una politica assolutamente contraria ai valori metapolitici dominanti (fino a ieri...) è qualcosa di veramente incredibile, tipico della totale incapacità di una banda di mentecatti. Tuttavia, siccome gli ultimi risvolti del "pensiero unico" vogliono che, per poter esprimere il proprio pensiero, un suddito debba essere almeno laureato ad Harvard ed essere ovviamente "de sinistra", perché altre forme di pensiero non sono ammesse (è la liberaldemocrazia, ragazzo!!), non resta che togliere il voto ai mediamente e bassamente scolarizzati, in nome di un principio nuovo: "un uomo (laureato), un voto"!
       E gli altri, direte voi? Gli altri sono pronti per tutte le forme di precariato e per l'invidia sociale, perché quei bastardi invidiano i titoli, le prebende, il posizionamento sociale e il prestigio dei "giornalisti laureati". Nonché ovviamente le loro prestigiosissime lauree.
       Conseguenza di tutto ciò: i giornali vendono sempre meno, anche perché, per farmi dare del cretino, del barbaro, etc. etc., perché dovrei comprarli?
       Ah, sia detto en passant: io ho due lauree e un master, ma non sono "de sinistra" (e neppure "de destra", per la verità, sono categorie stradefunte). Mi limito a pensare con la mia testa. E questo, nell'Italia dei "democrats" plurilaureati e tanto "perbene", è il crimine peggiore, il meno tollerabile.

                         Piero Visani




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