martedì 11 settembre 2018

Flessibilità

       Un supermercato della cosiddetta cintura torinese.
      Atmosfera da smantellamento. La struttura chiude. I dipendenti non vengono licenziati, ma trasferiti molto lontano, ad oltre 100 chilometri, nel Novarese. Si prospetta per loro una vita da pendolari, ma non sui treni ad alta velocità bensì sulle simil-tradotte note come "treni regionali". 
       Cento chilometri ad andare, e cento a tornare: unica soluzione possibile per famiglie in cui ci sono due bambini ed entra un solo stipendio fisso, quello del capofamiglia, perché la moglie è ovviamente precaria, precarissima.
       Impensabile sognare di potersi prendere anche solo un alloggetto nel nuovo luogo di lavoro, dunque avanti e indietro, per "globalizzazione" (o "glebalizzazione") e flessibilità. Tuttavia, potranno avvicinarsi al Lago Maggiore, dove qualche furbetto con vocazioni moraleggianti e rigoriste si gode la sua "meritata" villa da (solo) 24 milioni di euro.
       Mia moglie è di antichissima famiglia aristocratica (1518) e ha un naturale ribrezzo non per il popolo, che apprezza da sempre, ma per le borghesie di rapina e le loro abitudini sempre molto disinvolte.
       Parla con questi soggetti, il cui morale è comprensibilmente sotto i tacchi, e cerca - come può - di rincuorarli. Fa notare loro come nei Comuni del circondario torinese le concessioni per aree commerciali si siano moltiplicate, anche perché potevano giovare - e non poco - se non proprio alle casse comunali, certo a quelle del potere locale. La scommessa era che, dopo qualche anno di difficoltà, il mercato interno sarebbe ripartito e invece, con stipendi da fame e tasse da rapina, non è ripartito proprio un bel niente. Sono ripartiti solo alcuni dipendenti - e nemmeno tutti - verso località molto lontane. 
       Serve a poco, o forse a nulla, fare un gesto di solidarietà, ma mia moglie lo fa, con grande classe, consapevole com'è del fatto che l'attuale capitalismo di rapina sa solo depredare la gente, di tutto, anche dell'ultimo residuo di sorriso. Ed è una sicura soddisfazione, per lei, veder fiorire uno stanco sorriso sulle labbra di questi "vinti dalla vita". Io non sono presente a questa scena, ma non posso che lodarne il comportamento. Dare un segno concreto, tangibile, di vicinanza è sempre utile. Poi verrà il momento di insegnare a costoro a riprendersi le loro vite: comunque, dovunque, in ogni modo.

                                      Piero Visani



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