sabato 22 aprile 2017

Finis Europae

       Non penso che Madame Le Pen possa vincere le elezioni francesi. Nel caso le capitasse, avrà di fronte a sé due fondamentali problemi.
       Il primo è che, nel mondo attuale, la politica conta sempre meno e occorre fare i conti con fattori molto specifici, come gli orientamenti dei grandi potentati finanziari, che alla Signora Le Pen non sono certo favorevoli.
       Il secondo è che, per rifare la Francia e l'Europa, occorrerebbe avere una metapolitica e nessuna delle forze cosiddette sovraniste ne ha una, per il fatto che non dispone delle risorse finanziarie per darsene veramente una e raramente pensa a crearsela (anche se il Front National è decisamente più avanti di altre formazioni, al riguardo). Trasformare la Francia in una fortezza assediata sarebbe una politica credibile se ci fosse una metapolitica di resistenza, prima, e di controffensiva poi, alle peggiori dinamiche del periodo attuale. La prima, per quanto faticosamente, comincia a delinearsi, ma chi la interpreterà, chi la farà propria? I figli di un Paese in invecchiamento rapido, che vorrebbe avere i migranti fuori dai confini, le Forze Armate operative in Nordafrica e in Medio Oriente, e lo Stato sociale, possibilmente potenziato, a casa propria? Con un ordine di priorità, per queste acquisizioni, o tutto insieme?
       In realtà, la Francia - come tutta l'Europa - è morta da tempo. E' morta quando le teorie demosocialiste hanno convinto la sua popolazione, a qualunque livello sociale essa si collocasse, del fatto che nella vita ci si possa sempre appoggiare a qualcuno: lo "Stato-mamma", le forme di assistenza che privilegiano un po' i beneficiari e INFINITAMENTE DI PIU' coloro che le erogano, nella totale indifferenza dei destinatari, contenti di mettere sotto i denti qualcosa di concreto.
       Ma soprattutto l'Europa ha smarrito il senso della vita perché ha smarrito il senso della morte. Tutto ciò che un tempo era conquista, da sopportare virilmente anche con gravi perdite, ora è solo affannosa preoccupazione di non cambiare il nostro stile di vita, quasi che ne avessimo uno. La declinazione vera di questa frase orribile sarebbe in realtà: non vogliamo cambiare il nostro stile di morte, la nostra lentissima agonia, il nostro pensare/sperare che tutto si possa risolvere senza sangue (ero stato tentato di scrivere "senza sangue e merda", ma di merda siamo coperti fin oltre la cima dei capelli, per cui non mi è parso il caso).
       Non accadrà niente di tutto questo, l'atterraggio sarà durissimo e il Vecchio Continente, imbelle e contento di esserlo, sparirà dalla Storia senza lasciare alcun rimpianto, come capita alle pecore divorate dai lupi. Aveva avuto tutto il tempo per comprendere che cosa gli stava succedendo, ma ha preferito fare finta di niente, perché era più comodo, perché non comportava rinunce, perché consentiva di vivere alle spalle degli altri, SENZA AFFRONTARE LA NATURA CRUDELISSIMA E SELVAGGIA DELLA VITA, di qualsiasi forma di vita. Ha preferito mettere la testa sotto la sabbia, per fingere di non vedere. E, a partire da un certo punto, davvero non ha più visto, tanto la testa gli era scivolata in profondità. Ma il corpo (e le terga) sono rimaste fuori e ora, dopo gli abbondanti pasti che si sono fatti i politici autoctoni, in tanti, anche e soprattutto non autoctoni, si apprestano a farne strame, quasi certamente non limitandosi a pasteggiare. Come dicevano i padri Latini: "Quos perdere vult, deus dementat". E, in effetti, di dementi ne vedo in giro parecchi. Per mia fortuna, sono favorevolissimo alla "dolce morte", e anche a quella non dolce. Le vite inutili e senza scopo se non quello di ingrassare qualche potentato, come le nostre, più presto finiscono più presto cessano di ingrassarlo. E non è depressione, è la gioia fantastica e irrefrenabile del "cupio dissolvi". Finis Europae.

                                        Piero Visani



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