Sono curioso di vedere come sarà festeggiato, quest'anno, il 25 aprile. Non che la festa in sé mi interessi, ma il suo progressivo esaurirsi è frutto della crescente consapevolezza - da parte degli italiani - che ci sono regimi che affondano nel sangue; altri che riescono a tramandarsi più o meno felicemente, puntando sulla continuità delle loro tradizioni; altri che sono vittime di profondi mutamenti politici e altri ancora - come il nostro - che sprofondano nel guano.
Dire che l'Italia esista ancora, come forma politica e coscienza nazionale, non è oggi nemmeno il "sogno di una notte di mezza estate". E' mera invenzione. E' un vuoto totale dove una spallata leggera, nemmeno particolarmente convinta, farebbe crollare tutto. Il deficit di legittimità dello Stato è totale, quello della Repubblica è anche superiore, se c'è qualcosa di superiore alla totalità. Per parafrasare una famosa frase di Alain de Benoist e Giorgio Locchi riferita agli Stati Uniti, oggi l'Italia è "un cadavere in cattiva salute". Esiste non in quanto abbia una residua funzione, ma perché è una finzione in cui tutti fingono per l'appunto di credere, in quanto fa ancora comodo. Dovesse non farlo più...
E, proprio perché non esiste più, qualsiasi celebrazione di uno Stato e di una Repubblica che sono morti e sepolti nella coscienza collettiva, sotto un carico di ruberie, privilegi, inefficienze, insipienze che ha devastato e UCCISO una Nazione e uno Stato in tempo di pace, anno dopo anno le ricorrenze che dovrebbero ricordarne i momenti "topici" diventano null'altro che stracca liturgia, celebrata da pessimi officianti. L'Italia è morta da tempo, qualcuno farebbe bene a ricordaglielo.
Piero Visani
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