sabato 27 maggio 2017

Lo stile è l'uomo

       In questi giorni, sto leggendo "L'Italia di Salò 1943-1945", di Mario Avagliano e Marco Palmieri (il Mulino, Bologna 2017) e, a p. 179, là dove si parla del campo di concentramento per prigionieri italiani "non cooperatori" di Hereford (Texas), leggo la testimonianza di Mario Tavella, piemontese, catturato dagli americani sul fronte di Anzio, mentre combatteva contro di loro nelle file di un reparto della Rsi. Questo il suo racconto del suo arrivo al campo, tra i primissimi combattenti della Repubblica Sociale ad essere inviati ad unirsi ai loro compatrioti già prigionieri di guerra magari da parecchi anni, quando ancora esisteva solo il Regno d'Italia:

"All'ingresso, in fila per cinque, c'è la conta. Segue il 'rompete le righe'. Nessuno si muove. Il sergente Anselmi prende il comando del reparto. Si marcia verso il reticolato del campo degli ufficiali. Il passo è cadenzato. Anselmi urla: 'Una canzone'. Tutti rispondono con un urlo: 'Una canzone'. Si intona l'inno della X Mas

             Navi d'Italia che ci foste tolte non in battaglia ma col tradimento
             Nostri fratelli prigionieri o morti noi vi facciamo questo giuramento [...]
             Noi vi giuriamo che combatteremo fin quando avremo pace con onore.

Al di là del reticolato una siepe umana di ufficiali. La canzone è nuova, post 8 settembre, sconosciuta ai vecchi prigionieri. E' un trionfo: applausi, grida di gioia, commozione. Le parole "nostri fratelli prigionieri..." hanno colto nel segno. Non essere stati dimenticati. Padri e figli si sono ritrovati, si sono riconosciuti. I ragazzi di Anzio, della difesa di Roma, sono idealmente fra le braccia di padri e fratelli maggiori, i mitici soldati di Giarabub e Bir el Gobi, di Tobruk ed El Alamein. Una comunanza di spiriti e di ideali".

       Lo so che molti penseranno che emozionarmi e commuovermi di fronte a questi racconti è frutto del mio rimbambimento senile. Non è così. Fin da giovane, ogni volta che mi chiedevano di tradire i miei ideali, fosse anche per denaro, io ho sempre pensato al valore dell'onore, ai racconti di mio zio, paracadutista della "Folgore" ad El Alamein, e mi sono sempre chiesto come potessi essere a mia volta all'altezza di certi uomini, per non tradirli e per non tradire me stesso. Così ho seguito una mia personale via dell'onore, schernito da molti, tradito dai più, beffato da molti altri ancora. Eppure non penso di avere sbagliato, nemmeno un po'. Ho cercato di essere all'altezza, e forse non tutti coloro che ho conosciuto lo sono stati, ma alcuni certamente sì.
       Oggi sono qui, più isolato che mai, più disprezzato che mai, più tradito che mai, ma senza particolari problemi. Non pretendo di essere capito. Mi basta insegnare e far capire a mio figlio. E lui - e non c'è soddisfazione maggiore di questa, per un padre - ha capito, ha capito benissimo: "Se anche tutti, noi no!".

                              Piero Visani



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